La ricerca sulle cellule staminali embrionali promette vaste applicazioni terapeutiche. Contro Alzheimer, ictus ma anche cecità o sordità. Eppure è vietata nel nostro Paese. Uno stallo scientifico che potrebbe essere superato con gli studi del giapponese vincitore del premio svedese per la Medicina. Capace di trasformare le cellule normali nella loro più versatile versione senza incappare in difficoltà legate al campo della bioetica
Staminali, le promesse del Nobel Yamanaka Curare senza problemi etici e legali
Il premio Nobel per la medicina è stato assegnato quest’anno al giapponese Shinya Yamanaka – insieme all’americano John Gurdon – per i suoi studi sulle cellule staminali. La notizia non arriva inaspettata, visto che a Yamanaka si deve la rivoluzionaria scoperta che potrebbe cambiare il nostro modo di concepire la medicina. Ma per capire l’importanza delle ricerche che hanno portato lo scienziato a vincere il premio Nobel, è necessario innanzitutto capire cosa sono le cellule staminali.
La maggior parte delle cellule che compongono un essere umano è specializzata. Ogni cellula ha un suo compito da svolgere, fondamentale nel suo piccolo per il funzionamento dell’organismo: le cellule del sistema immunitario hanno compiti di sorveglianza, quelle del cervello (i neuroni) si occupano di pensare, quelle del fegato devono bonificare tutta la robaccia che mangiamo (e beviamo) ogni giorno. Ogni cellula fa il proprio lavoro con più o meno entusiasmo, ma sempre con la rassegnazione di chi sa che è stato incastrato per la vita: per una cellula cambiare lavoro è più difficile che nella più rigida delle dittature. Ci sono però delle eccezioni.
Alcune cellule del nostro corpo riescono a restare giovani o, con un termine un po’ equivoco, immature. Queste sono le cosiddette staminali, cellule non ancora specializzate, in attesa di uno stimolo che le spinga ad intraprendere una carriera specifica. Lo stimolo di solito viene fornito da incidenti che danneggiano un qualche tessuto e le cellule che lo compongono: allora le cellule staminali si attivano, si moltiplicano e rimpiazzano le cellule morte o non funzionanti, rinunciando alla loro libertà per specializzarsi in un determinato compito.
Di staminali però ce ne sono di vari tipi. Quelle presenti negli adulti – chiamate cellule staminali adulte – hanno potenzialità limitate, in quanto possono sostituire solo alcuni tipi di cellule – come quelle del fegato o del sangue – ma non possono far nulla in caso di danni a cuore, muscoli, cervello e altri organi. Ciononostante, le cellule staminali adulte vengono impiegate con successo nella terapia dei tumori del sangue, le leucemie, e sono state anche utilizzate per la creazione del primo organo artificiale, una trachea.
Tutt’altra cosa sono le cellule staminali derivate dagli embrioni: le cellule staminali embrionali. Queste hanno la capacità di trasformarsi in qualsiasi tipo di cellula e possono dar vita, in condizioni opportune, a un intero organismo. Grazie alla loro versatilità, potrebbero essere utilizzate per una gamma di applicazioni terapeutiche molto più vasta, ma il loro prelievo dagli embrioni e il loro utilizzo pone seri problemi etici, in particolare a coloro che vedono nell’embrione un essere umano potenziale, dotato di anima. Per questa ragione la ricerca sugli embrioni – e dunque sulle cellule staminali embrionali – è proibita in Italia e in molti altri Stati.
Questa situazione di impasse viene superata grazie alle ricerche di Yamanaka. Nel 2006 lo scienziato giapponese pubblica un articolo di eccezionale importanza, nel quale dimostra che l’attivazione di soli quattro geni è sufficiente a trasformare qualsiasi cellula in una cellula staminale. Negli anni seguenti viene dimostrato che le staminali ottenute con questo metodo – dette cellule staminali indotte – hanno la capacità di ricreare qualsiasi tessuto umano e sono dunque equivalenti alle cellule staminali embrionali.
Due sono le conseguenze principali della scoperta di Yamanaka. La prima è che la produzione e l’utilizzo di cellule staminali non presenterà più alcuna difficoltà etica o legale, considerato che non sarà più necessario prelevarle dagli embrioni. La seconda è che sarà possibile trattare ogni paziente con staminali derivate dalle sue stesse cellule. In questo modo si eviteranno reazioni di rigetto da parte del sistema immunitario, che avvengono quando si utilizza un donatore esterno, come nei trapianti di organi.
Nel gruppo di Yamanaka all‘università di Kyoto e in molti altri laboratori in tutto il mondo si continuano a studiare le cellule staminali indotte e i loro possibili usi terapeutici. La ricerca procede con cautela, per escludere possibili danni derivanti dalle nuove terapie, come l’insorgere di tumori dovuti alla elevata capacità riproduttiva delle cellule staminali.
Le prospettive sono tuttavia straordinariamente promettenti. Patologie che oggi hanno poca o nessuna possibilità di essere curate – come Alzheimer, infarto, ictus, cecità, sordità, malattie neurodegenerative – potrebbero essere trattate con successo grazie alle cellule staminali indotte. Nei prossimi anni si vedrà quali di queste promesse sono destinate a realizzarsi. E con quali ricadute sulla nostra salute.
*Lautore dellarticolo è uno scienziato, curatore del blog di divulgazione scientifica www.biocomiche.it
[Foto di Jun Seita]