L’arte del soprannome mafioso che crea confusione nel clan: «Tu la sai la storia del Suggi?»

Ci sono il Gatto e la Volpe, ma anche il Topo, Prezzemolo, Fester, Star Trek e perfino Celentano. La necessaria passione dei nomignoli all’interno delle organizzazioni criminali non è una novità. Il re indiscusso del naming mafioso è stato Matteo Messina Denaro (che aveva trovato un soprannome non solo per le persone ma anche per le cose e i luoghi). Tra i 19 arrestati nell’operazione Mercurio – che ha portato in carcere anche il deputato regionale Giuseppe Castiglione – arranca nell’arte di dare un nome Rosario Bucolo. Il reggente pro tempore del gruppo del Castello Ursino, che fa riferimento al clan Santapaola-Ercolano di Catania, nel periodo in cui il capo Ernesto Marletta è detenuto in carcere. Un talento ancora da affinare quello di Bucolo nel ribattezzare gli affiliati del gruppo. Nato per la necessità di confondere gli investigatori, spesso, finisce per creare confusione innanzitutto negli interlocutori che fanno difficoltà a individuare il soggetto della conversazione.

E succede che, mentre si discute di questioni importanti (equilibri di potere all’interno del gruppo, destinazione dei soldi delle estorsioni, rivalità con altri clan), il fulcro del discorso diventa capire di chi si sta parlando. «Il signorino. Come cazzo si chiama quel merda là?», chiede Bucolo che il vero nome dell’uomo in questione nemmeno lo ricorda. «U munnizzaru stai parlando?», chiede l’interlocutore disorientato. Anche perché alcuni sodali cambiano soprannome quasi a caso, altri ne hanno più di uno da utilizzare in base alle circostanze, qualcuno viene perfino inventato sul momento da Bucolo che, forse per questo, si guadagna l’appellativo di ‘Mpazzutu. L’impegno a fare chiarezza, però, a un certo punto, gli va riconosciuto. Almeno per quanto riguarda l’origine di uno dei nomignoli fondamentali per seguire il discorso.

«Tu non la sai quella del Suggi (il Topo, ndr)? Ah, non te l’ho raccontata mai?». Il soprannome che arriva dal mondo animale Bucolo lo ha coniato per Salvatore Mirabella il giorno del primo incontro dopo la scarcerazione dell’ex reggente del gruppo del Castello Ursino. «”Io sono a casa, ora mi debbono portare il formaggio (ovvero lo stipendio, ndr)”». Una frase con cui lo stesso Mirabella si sarebbe praticamente chiamato da solo il nomignolo che immediatamente Bucolo gli attribuisce: «Allora, sei diventato il Topo!». Un collegamento fin troppo banale che, non viene apprezzato dal diretto interessato. «Ma te la posso chiedere una cosa? – domanda Mirabella scontento di essere apostrofato come un roditore – Perché mi hai cambiato il nome?».

E di nomi, Bucolo ne ha cambiati tanti. Il cognato di Mirabella, Santo Missale diventa – con buona pace delle campagne di sensibilizzazione sul body shamingU ponchio (il grosso). A ispirare la fantasia di Bucolo è soprattutto il regno animale. C’è la Volpe, Antonino Della Vita che, però, qualche volta, diventa pure Il formaggiaro; e c’è anche il Gatto Emanuele Bonaccorso, talvolta appellato U mammurianu. Pierpaolo Di Gaetano è Prezzemolo. Rosario Marletta è semplicemente Roberto. Un nome proprio per un altro, giusto per confondersi ancora un po’. Tra gli altri indagati del gruppo del Castello Ursino ci sono uomini con appellativi di personaggi famosi o di fantasia: da Fester a Star Trek fino a Celentano. E chissà quali ispirazioni sarebbero arrivate a Bucolo se avesse deciso davvero, come aveva pensato a un certo punto, di ritirarsi a vita privata nella sua casa di campagna di Lentini (nel Siracusano).


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