Solunto, patrimonio fantasma

di Giulio Messina

“Un popolo che ignora il proprio passato non saprà mai nulla del proprio presente”. Indro Montanelli la pensava così. Viviamo in un Paese dove ognuno la pensa come vuole (forse), eppure dovremmo pensarla tutti come Montanelli quando si tratta di preservare il nostro passato.

Non saremo mai niente se non impareremo a proteggere e a sfruttare ciò che il passato ci ha lasciato in eredità. Stiamo vivendo un periodo di forti e accese discussioni circa la prevenzione di misure dannose per la nostra terra. Il riferimento va chiaramente alle vicende del Muos. Siamo tutti d’accordo, almeno su qusto. Il futuro va coltivato e fatto crescere sano e forte. Ma siamo sicuri che si tratti solo del futuro? Il nostro passato sta forse morendo?

La risposta non è semplice e, probabilmente, neppure immediata. La lista delle perle antiche delle quali gode la nostra Sicilia è lunghissima. La nostra attenzione cade tuttavia sul sito archeologico di Solunto. Un’antica città ellenistica alla quale l’attenzione regionale, e perché no?, anche quella nazionale, è quasi nulla. Di omaggi ne meriterebbe eccome, invece. (a sinistra, un’immagine di Solunto:foto tratta da fenici.unibo.i)

Situata su una collina che sovrasta Capo Zafferano e Porticello, in provincia di Palermo, è uno dei siti archeologici più antichi e uno dei panorami più mozzafiato della nostra Isola. Il sito è una scoperta meravigliosa, facilmente visitabile lungo il decumano principale che conduce all’agorà.

Sono visibili i resti delle antiche case e dei negozi; alcune pareti sono affrescate; i pavimenti sono ricchi di bei mosaici. Dell’anfiteatro è rimasto poco: si scorgono i gradoni poggiati su una conca naturale: se però vi fermate e vi sedete sui gradoni rimasti, potrete ammirate il panorama verso est… rimarrete stupefatti.

Tuttavia, sembra di essere avvolti da uno stato surreale. L’abbandono di questo luogo è totale. La sicurezza è assente e così anche le giuste guide e le avvertenze. Un luogo dimenticato e perduto, poco promosso dalla pubblica amministrazione, nonostante la sua incredibile bellezza.

Leggendo i libri guida del turismo regionale, o navigando per il web, la sostanza non muta; abbandono è la parola giusta. I turisti capitano qui per caso, quasi fossero dei nuovi esploratori, la “machu picchu” del palermitano, eppure di proibito non dovrebbe aver proprio nulla. (a destra, foto tratta da siciliainmoto.it)

Leggendo i confronti tra i turisti, sempre nel web, ci è capitato di leggere un positivo commento di una turista londinese; il titolo del commento è però indicativo e sintomatico: “Overlooked in guide books- why?”. Trascurato, si chiede la turista, perché?

Già, ce lo chiediamo anche noi: perché? Tralasciando l’incanto che simili luoghi possono ancora regalare, con il loro fascino antico e perduto, ci chiediamo, piuttosto, perché non rendere queste ricchezze una risorsa, perché non promuovere più che mai il turismo e rendere visibili questi esuli del nostro passato a tutti, perché non sfoggiare, invece che nascondere, la nostra bellezza?

In campo culturale ci aspettiamo tutti qualcosa di più. Nonostante il turismo sia indubbiamente una delle più importanti leve per l’economia siciliana, le carenze circa l’informazione dei molteplici aspetti del patrimonio culturale della Sicilia sono ancora tante. Queste sono causate sia dall’offerta che dalla domanda. Il successo delle politiche di sviluppo turistico dipenderà dunque dalla capacità di competere con le altre destinazioni e, soprattutto, di rispondere in maniera soddisfacente alla domanda con le meravigliose e molteplici attrazioni che il territorio siciliano è in grado di offrire; la nostra Solunto ne è una prova.


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