Situazione casa a Catania, numeri dell’emergenza Sunia: «Investire e stop a svendita del patrimonio»

Lo sgombero del fatiscente palazzone in via Furnari è soltanto l’ultimo capitolo dell’emergenza casa a Catania. Il capoluogo etneo vive un contesto di fragilità generale con l’offerta di alloggi popolari adagiata su una fase di stallo. Un’impasse al quale si aggiungono un numero importante di abitazioni, tra pubbliche e in particolare private, che non vengono utilizzate. Ad avere il dito puntato contro sono le politiche pubbliche, che dovrebbero contrastare il disagio abitativo, ma che troppe volte sono parziali o insufficienti. «Nella nuova finanziaria regionale non ci sono aiuti importanti, lo stesso per il piano casa a livello nazionale», spiega Dario Gulisano, componente della segreteria provinciale di Sunia Catania (Sindacato nazionale unitario inquilini e assegnatari, ndr). «L’indirizzo politico per il futuro è uno solo, ossia quello di continuare a vendere gli immobili pubblici ai privati». Quello che rimane è poi in condizioni di assoluta precarietà, con palazzoni vecchi che non beneficiano da decenni di interventi di recupero mirati.

Un quadro generale sulla città etnea viene fornito dai numeri. Nelle graduatorie 2015 per l’assegnazione di una casa popolare in lista trovano spazio circa seimila persone con attese che possono durare anni, nella migliore delle ipotesi. C’è poi il nodo degli sfratti: nel 2014 ne sono stati eseguiti dagli ufficiali giudiziari 664, circa il sette per cento in più rispetto all’anno precedente. I motivi conduttori sono sempre gli stessi: su tutti la cosiddetta morosità incolpevole, dovuta cioè alla perdita del reddito da parte delle famiglie a causa della crisi e del lavoro che non c’è. «Si tratta di una bolla che sta per scoppiare – afferma Gulisano – Gli alloggi per l’emergenza a Catania, cioè quelli destinati alle persone sfrattate e all’emergenza socio-economica, sono in tutto 16 a fronte di una graduatoria che conta 900 persone».

Per quanto riguarda l’offerta, il patrimonio delle case pubbliche a Catania e provincia conta novemila appartamenti di proprietà dell’Istituto autonomo case popolare, quasi tremila del Comune. I canoni variano dai 50 ai 200 euro. Una cifra calcolata in base al reddito. «Anche con i bonus affitto ci sono delle difficoltà, perché i proprietari degli immobili hanno paura ad affidare i loro appartamenti, sono scoraggiati dal fatto che a effettuare i pagamenti sono gli enti pubblici», continua Dario Gulisano. Circa il trenta per cento del patrimonio dello Iacp, secondo i dati elaborati da Sunia, è occupato abusivamente, in parte per stato di necessità. La percentuale sale per quanto riguarda gli alloggi del Comune. Tra gli occupanti, però, non c’è solo chi ha bisogno: «Non sono sempre persone in condizioni di reale emergenza economica, alcuni inquilini ad esempio già dispongono di una o più case e nonostante questo vivono da abusivi». 

L’ente comunale dovrebbe disporre alcune assegnazioni entro l’anno: nello specifico si tratta di 16 appartamenti d’emergenza. In prospettiva futura ci sono anche i 96 alloggi del palazzo di cemento a Librino e i 144 che dovrebbero essere riqualificati grazie ai fondi comunitari del Pon-Metro. «I numeri per il 2016 sono irrisori se paragonati alle persone inserite nelle graduatorie, in prospettiva ci potrebbe essere una boccata d’ossigeno grazie alla mediazione che il Sunia ha avuto con lo Iacp e l’assessore ai Servizi sociali Angelo Villari». Tra le proposte che vengono avanzate dal sindacato c’è anche quella che riguarda i beni confiscati alla mafia. «L’idea è quella di utilizzare in maniera prioritaria gli appartamenti dei boss per l’emergenza abitativa», conclude Gulisano. 

Dario De Luca

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