Stando ai dati della Regione, nel complesso gli incassi sono saliti, ma diminuiscono i biglietti staccati. Calo anche a Taormina. Per il presidente del comitato tecnico-scientifico per l’archeologia del ministero Daniele Malfitana «bisogna migliorare la comunicazione»
Siti culturali siciliani, nell’ultimo anno calo dei visitatori Giù la Villa del Casale. Esperto: «Incidono i tour operator»
Cala il numero dei visitatori nei siti culturali gestiti dalla Regione Siciliana. I dati, suscettibili di qualche correzione, sono stati pubblicati dal dipartimento regionale Beni culturali e fotografano la situazione nel 2019. Nell’anno appena trascorso sono stati poco più di cinque milioni gli accessi nella settantina di luoghi della cultura. Una cifra che, se raffrontata con quella del 2018, segna una riduzione di più di 121mila biglietti staccati. Ma se in termini percentuali l’affluenza è scesa del 2,7, l’incasso complessivo è stato comunque superiore di 268mila euro, grazie al fatto che la flessione si è registrata soprattutto alla voce biglietti gratuiti (- 8,91 per cento), mentre ci sono stati circa 30mila paganti in più.
A colpire in maniera più evidente è il calo di visitatori alla Villa romana del casale a Piazza Armerina. Ad ammirarne i resti, nel 2019, sono state oltre 47mila persone in meno rispetto all’anno precedente. Rimanendo in provincia di Enna, sono scesi anche gli accessi ad Aidone, tanto al museo archeologico che nell’area di Morgantina. Segno meno pure per una delle attrazioni più famose, il teatro greco di Taormina che ha registrato 878mila accessi, un numero ragguardevole ma comunque più basso di quasi 16mila unità rispetto al 2018. Calo di quasi 30mila visitatori anche per Segesta e Selinunte che l’anno scorso hanno accolto poco più di 524mila persone. Discorso simile se ci si sposta a Palermo, dove la galleria regionale di Palazzo Abatellis è passata da 53mila a 38mila biglietti.
Non mancano però le note positive. A partire dalla Valle dei Templi che segna più di 937mila ingressi, novemila in più rispetto al 2018, già un anno record. Aumento di 25mila turisti anche al Duomo di Monreale, mentre il museo d’arte moderna e contemporanea di Palazzo Riso, a Palermo, è passato da circa 30mila accessi a quasi 57mila. Balzo in avanti pure del castello Maniace a Siracusa: ad ammirarlo sono stati in oltre 117mila, mentre l’anno precedente ci si era fermati sotto gli 82mila biglietti.
«I numeri sono indicativi di come si evolve una realtà culturale, ma per riuscire a ricavarne suggerimenti per migliorare bisogna porsi le giuste domande», commenta Daniele Malfitana, presidente del comitato tecnico-scientifico per l’archeologia del ministero dei Beni culturali. Secondo l’esperto, i dati relativi agli accessi sono influenzati dalla pianificazione dell’offerta turistica. «Pensare che dimostrino soltanto cosa è più apprezzato dalle persone sarebbe ingenuo – continua – La maggior parte dei turisti, specialmente tra coloro che arrivano da fuori la Sicilia, segue i percorsi proposti dai tour operator e ciò fa sì che le bellezze che non rientrano nei pacchetti venduti dalle agenzie rischiano di cadere nel dimenticatoio».
Un esempio, in tal senso, arriverebbe da Catania dove il Teatro romano e l’Odeon non riescono a toccare quota centomila biglietti. «Eppure se si guarda ai dati sui flussi turistici, scopriamo che in città arrivano circa due milioni di turisti ogni anno», sottolinea Malfitana. Secondo il quale la sproporzione è spiegabile con la scelta di molti, specialmente chi arriva con le crociere, di dedicare alla città una breve visita per poi fare rotta magari su Taormina. «Oltre al prestigio di poter vantare un numero importante di accessi, sarebbe necessario chiedersi cosa resta nei territori anche a livello economico – va avanti l’esperto -. E fatta questa considerazione, trovare le strategie per convogliare i flussi anche sui siti apparentemente minori».
E se sul tema è inevitabile l’incidenza in negativo delle infrastrutture, in particolar modo per quei siti dell’entroterra che sono raggiungibili soltanto tramite strade mal ridotte, un ruolo positivo potrebbe svolgerlo l’autonomia di cui godono i parchi archeologici istituiti l’anno passato dal governo Musumeci. «Avere reso autonome le gestioni anche da un punto di vista finanziario non può che essere uno stimolo a fare meglio – commenta Malfitana -. Investire su una comunicazione dell’offerta culturale che sia al passo con i tempi, oggi, è fondamentale per fare scoprire realtà che altrimenti rischiano di restare di nicchia pur avendo – conclude – i requisiti per essere apprezzati da tanti».