Molte mete non apriranno per le feste. Un disagio per guide e tour operator. Ma chi lavora nel settore ammette che «verrà inficiato solo il turismo di nicchia». «Dovremmo chiederci a che servono nove musei regionali, quando strategicamente se ne potrebbero avere due», analizza Salvo Cascino
Siti culturali minori chiusi a Natale e Capodanno Operatori: «Turisti confusi, ma serve accorpare»
«Ci hanno scritto sbalorditi e confusi, meno male che ci aiuta il clima e riusciamo a offrire come alternativa tour all’aperto». Carmelo Indelicato è il titolare del tour operator catanese Sicilying e in questi giorni è costretto a rispondere alle email dei turisti a cui è arrivata la notizia della chiusura di alcuni siti culturali siciliani a Natale e Capodanno. Colpa dei soldi che non ci sono, per pagare il personale nei giorni di festa.
«Gruppi o individuali, poco cambia – spiega Giusy Belfiore, presidente dell’associazione guide turistiche di Catania -. La delusione di chi viene a scoprici è un pessimo biglietto da visita, nella maggior parte dei casi l’informazione viene veicolata poco e male». Tuttavia, secondo alcuni operatori del settore, quello su cui si discute in questi giorni è un falso problema. «Credo che in questo caso specifico – sottolinea Salvo Cascino, manager di Gran Circle Travel, importante tour operator statunitense -, chiudendo i siti a bassa frequentazione non si danneggiano molti visitatori. Il problema è in realtà avere tanti siti cosi poco frequentati e doverli mantenere con i soldi dei siti funzionanti o dei contribuenti siciliani».
Tra i siti culturali gestiti dalla Regione, il 25 dicembre e l’1 gennaio saranno aperti solo il Teatro antico di Taormina con il museo archeologico di Naxos, i parchi archeologici della Valle dei Templi di Agrigento, di Segesta, di Selinunte e la Villa del Casale di Piazza Armerina. Solo a Natale sarà possibile visitare il Museo d’arte contemporanea di Palermo e quello del Satiro a Mazara del Vallo. Ma in alcuni casi non va meglio neanche a Santo Stefano. «La chiusura di buona parte dei siti regionali – continua Belfiore – soprattutto il 26 dicembre, è antieconomica per i siti stessi. Le grandi città come Catania o Palermo riescono ancora a compensare, perché si cerca qualcosa altro di aperto. Ben diverso è il caso dei cosiddetti monositi, come Camarina ad esempio, chiusa il 25 e il 26 dicembre, o Morgantina». Carmelo Indelicato ha quindi consigliato ai suoi clienti soluzioni alternative. «Una coppia tedesca e una famiglia italiana che verranno in Sicilia nei prossimi giorni ci hanno scritto perché avevano letto qualche informazione frammentaria e ci hanno chiesto se potevano esserci disagi. Gli abbiamo spiegato la situazione e suggerito dei tour in auto nel Sud est dell’Isola, tra Siracusa e Ragusa, ma non si può sempre fare affidamento sul sole».
Allargando lo sguardo alla programmazione turistica della Sicilia, anche la presidente delle guide turistiche, al pari di Cascino, riduce la portata delle conseguenze della chiusura: «L’assessorato, tenendo aperti i siti principali, non inficia il turismo che viene da fuori, ma soprattutto quello di nicchia. È vero che in Europa il giorno di Natale e Capodanno molte strutture minori rimangono non accessibili, ma noi non abbiamo ancora raggiunto quella maturità turistica che ci permette di tenere chiuso quando il turismo si muove, intendo che siamo ben lontani dai flussi turistici delle destinazioni che adottano questa scelta. Al contrario, avrebbe potuto essere una sfida per incentivare le presenze su alcuni territori sui quali insistono i siti minori. Il casus belli è Siracusa, dove i biglietti cumulativi rimarranno non utilizzati, ma anche Catania e Palermo rimangono solo parzialmente visitabili».
Cascino va oltre: «Ogni sito – spiega – dovrebbe avere un senso per poter esistere, creare interesse e quindi sostenersi con i propri biglietti. In realtà abbiamo troppi siti e mal gestiti. La Regione dovrebbe ripensare a come va gestito il bene culturale per non gravare su una situazione economica già drammatica e diventare attrattivo e non accessorio per i visitatori. Qui non parliamo del Teatro di Taormina o la Valle dei Templi, ma di siti sconosciuti anche agli stessi siciliani». La soluzione, secondo il manager, potrebbe quindi essere accorpare: «A che servono nove musei regionali, quando strategicamente se ne potrebbero avere due, uno a Occidente e uno a Oriente, dove far convergere gli highlights di tutta la regione e dove sviluppare nuovi percorsi multimediali, centri studi, aule didattiche dove il visitatore può entrare a contatto con tutto ciò che un reperto archeologico muove e non solo una visione passiva».
Creare valore attorno ai singoli pezzi esposti è quanto è stato fatto recentemente per alcuni siti, seppure in maniera temporanea. «Ricordo – continua Cascino – che sebbene non valorizzati, quando i Bronzi erano in restauro, risultavano anche più interessanti perché era possibile parlare con il professor Schepis che illustrava le fasi del restauro, cosi come il Satiro di Mazara è bello come pezzo unico, ma la visita cambia quando è supportata dalla visione del filmato che ripercorre la scoperta e il restauro e come quel reperto impatti sulla cultura di Mazara». Aspetti positivi che sembrano, però, più figli delle contingenze: «In quanto a pianificazione – conclude il manager di Gran Circle Travel – parlerei di dilettanti allo sbaraglio, una Regione che alza i prezzi d’ingresso quando gli operatori hanno già venduto o stanno vendendo la destinazione, invece di comunicare con 24 mesi d’anticipo le tariffe agli operatori, ci dà la misura di come si operi in emergenza e non in programmazione».