Non sanno ancora se sono rimasti con un piede o, direttamente, fuori dal governo regionale. E questo già è un bel problema, visto che, pur avendo perso un sacco di voti, pensavano, se non di aver vinto, magari di far parte dello schieramento dei vincitori. Quello che preoccupa non tutto il pd siciliano, ma la parte post comunista di questo partito è la svolta politica che si è determinata.
Sicilia: se mezzo Pd lavora per la nuova Dc
Non sanno ancora se sono rimasti con un piede o, direttamente, fuori dal Governo regionale. E questo già è un bel problema, visto che, pur avendo perso un sacco di voti, pensavano, se non di aver vinto, magari di far parte dello schieramento dei vincitori. Quello che preoccupa non tutto il Pd siciliano, ma la parte post comunista di questo Partito è la svolta politica che si è determinata.
Già, la svolta politica. Da un lato cè il presidente della Regione, Rosario Crocetta, che procede come un rullo compressore. Dice le cose e, a differenza di tanti suoi predecessori – e di altri politici – le mette in atto. Dallaltra parte ci sono gli ex democristiani che, complice la crisi della cosiddetta Seconda Repubblica, sembra abbiano deciso di riprendersi lItalia. Magari, come avvenne subito dopo la seconda guerra mondiale – quando la Dc vide la luce, proprio nella nostra Isola, nella casa dellavvocato Giuseppe Alessi – ripartendo dalla Sicilia. Possibile?
I segnali ci sono tutti. In fondo, la stessa parola Rivoluzione, utilizzata dal presidente Crocetta in campagna elettorale – parola carica di ricordi e di suggestioni, soprattutto a sinistra – potrebbe diventare anche uno slogan per un rilancio in grande stile una carta idea di cattolici impegnati in politica. Possibile?
Fatto sta che gli ex comunisti siciliani sono preoccupati. Ne vorrebbero parlare con Bersani in persona: quel Bersani che, quando ci sono di mezzo le beghe siciliane, chissà perché, minimizza sempre. Lo ha fatto il 4 marzo corso, quando minimizzava il fatto che il suo Partito, alle elezioni primarie di Palermo, lavorava per fare perdere quella che, in fondo, era la sua candidata: Rita Borsellino. E continua a minimizzare anche ora che il presidente Crocetta ha voluto una giunta di tecnici. (a destra, Giampiero D’Alia, foto tratta da blogtaormina.it)
Ma cosa temono gli ex comunisti siciliani del Pd? Temono che loperazione politica condotta dal coordinatore regionale dellUdc siciliana, Giampiero DAlia, sia ben più profonda di quanto sembri.
DAlia, per mettere in sicurezza lelezione del suo fedele Giovanni Ardizzone alla presidenza dellArs – quello della cravatta e del Regionalismo senza Autonomia, per intendersi – ha chiuso un accordo politico con quella parte del Pdl che si riconosce nel Senatore del Pdl, Giuseppe Firrarello, e con il Cantiere Popolare-Pid di Saverio Romano.
Solo che, a molti osservatori, quello siglato tra tutti questi ex democristiani – perché Firrarello, Romano e lo stesso DAlia sono tutte tre ex Dc – sembra qualcosa di più di un accordo per eleggere il presidente dellArs. Anzi, la stessa elezione di Ardizzone – cravatte e scarsa conoscenza delle vicende dellAlta Corte per la Sicilia a parte – sembra parte di un disegno politico che, se non è neo-Guelfo, è, comunque, un po democristiano. Possibile?
Quello che preoccupa gli ex comunisti del Pd siciliano non è soltanto lasse DAlia-Firrarello-Romano: ma è il fatto che questo dialogo tra ex democristiani per riprendersi lItalia – versione Sicilia – possa coinvolgere anche gli ex Dc del Pd. Possibile?
Certo, Ardizzone è stato votato dagli ex democristiani del Pd. Con in testa il segretario regionale del Partito, Giuseppe Lupo. Ma Lupo, si sa, non fa nulla senza consultare Sergio DAntoni. E accanto a DAntoni ci sono altri ex democristiani. E cè anche la Cisl, altro covo di democristiani travestiti da sindacalisti.
Che fare?, si chiedono gli ex comunisti del Pd siciliano (Lenin non centra, ovviamente). Bersani, a Roma, si tiene largo. Ha siglato laccordo con Sel di Vendola. Ma se il Pd e Vendola non avranno la maggioranza, beh, Bersani butterà a mare il il presidente della Regione Puglia e chiuderà laccordo con lUdc di Casini. Facile come bere un bicchiere dacqua.
Domanda: e se Casini – del quale DAlia è fiduciario in Sicilia – avesse deciso di non essere la seconda scelta di Bersani e di giocarsi, invece, una partita a tutto campo, provando, per lappunto, a mettere insieme tutte le monadi di quella che fu la grande Dc?
Insomma, con la crisi del centrodestra – che la ricandatura di Berlusconi rilancerà solo in minima parte, se è vero che il tempo passa per tutti – lopzione neo-Guelfa-democristiana potrebbe essere quella vincente: e se così sarà, sarà Bersani a diventare la seconda scelta di Casini (in fondo anche la Chiesa cattolica si è un po stufata di Berlusconi ).
Morale: gli ex comunisti del Pd avrebbero scoperto che la linea politica di Lupo (e di DAntoni e chissà di quanti altri ancora) non sarebbe in linea con la linea politica di Bersani. Insomma: più che una linea politica bersanocentrica, Lupo, DAntoni e compagni lavorerebbero per una linea democristianocentrica. Possibile?
Chissà.