Sanità, ministero chiude quattro punti nascita «Necessario per sicurezza di mamme e bambini»

Mentre gli ispettori del ministero della Salute si recano al Nord per capire se i recenti decessi nei reparti di neonatologia siano soltanto un caso, in Sicilia i punti nascita chiudono. Come già annunciato da tempo, ieri hanno chiuso i battenti i reparti di Petralia Sottana, Santo Stefano di Quisquina, Lipari e Mussomeli. Mentre, almeno per il momento, sono stati salvati quelli di Licata e Bronte. Secondo la ministra Beatrice Lorenzin, la decisione va nella direzione della tutela della salute: partorire in centri dove nascono meno di 500 bambini all’anno non è sicuro.

La valutazione di carattere sanitario, tuttavia, non pare aver tenuto conto delle altre difficoltà da affrontare per chi deve mettere a mondo un figlio. A partire dalle strade da percorrere che, come il 2015 ha ampiamente dimostrato, in Sicilia non sono un argomento secondario. «Sono stati chiusi definitivamente – dichiara il deputato regionale del Pd Giovanni Panepinto – due punti nascita collocati nelle zone più difficili dal punto di vista viario come quello di Petralia e Santo Stefano di Quisquina. Punti nascita situati in zone prive di collegamento viario efficiente, al centro di una rete di strade franate o che, a partire dai prossimi giorni e per mesi, saranno soggette a neve e ghiaccio». Per il capogruppo all’Ars del Partito democratico, l’argomento sicurezza va affrontato da tutte le prospettive: «Fermo restando la necessità di garantire la sicurezza di puerpere e neonati dando ai reparti personale e attrezzature mediche – continua – non possiamo dimenticare quanto sia essenziale creare condizioni di sicurezza anche per raggiungere un ospedale».

A commentare gli episodi degli ultimi giorni, ieri, è stato anche il presidente della Società italitana di ginecologia e ostetricia (Sigo), Paolo Scollo, secondo il quale la direzione intrapresa dal ministero è quella giusta: «In Italia si partorisce bene, abbiamo alta qualità e uno dei più bassi indici di mortalità materna. Siamo in linea con gli standard Ue – dichiara -. Non bisogna avere paura a partorire in Italia, ma ora bisogna forzare la mano sulla chiusura dei punti nascita con meno di 500 parti l’anno a garanzia di mamma e nascituro». 


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