Un problema risolto. È la percezione dell’Hiv nell’opinione pubblica: una virus consegnato al passato grazie ai progressi della medicina. Purtroppo, però, la realtà racconta un’altra storia. Il virus è ancora tra noi, con numeri che parlano chiaro. Gli ultimi dati raccolti dimostrano che la Sicilia è tra le regioni con un’incidenza di contagio maggiore, superando […]
antonio cascio
In Sicilia cresce il contagio da Hiv tra eterosessuali. Tra diagnosi tardive e rischi, UniPa studia come bloccare il virus
Un problema risolto. È la percezione dell’Hiv nell’opinione pubblica: una virus consegnato al passato grazie ai progressi della medicina. Purtroppo, però, la realtà racconta un’altra storia. Il virus è ancora tra noi, con numeri che parlano chiaro. Gli ultimi dati raccolti dimostrano che la Sicilia è tra le regioni con un’incidenza di contagio maggiore, superando anche la Lombardia che pure ha più del doppio degli abitanti dell’Isola. Il lavoro dei ricercatori non si ferma e proprio dall’Università di Palermo arriva una nuova speranza. Secondo un recente studio, infatti, una nuova classe di retrovirali potrebbe silenziare il virus ed evitarne la replicazione.
Lo studio di UniPa
Gli inibitori del capside – questa nuova classe di farmaci antivirali – potrebbero essere dotati di effetti terapeutici particolarmente interessanti e innovativi sull’infezione da Hiv. È quanto sostengono in un lavoro dal titolo The complex interactions between HIV-1 and human host cell genome: from molecular mechanisms to clinical practice, pubblicato sulla rivista International journal of Molecular Science, il dottore Manlio Tolomeo, il professore Antonio Cascio dell’Unità operativa di Malattie infettive del policlinico di Palermo e il dottore Francesco Tolomeo del dipartimento di Scienze e tecnologie biologiche, chimiche e farmaceutiche dell’università di Palermo.
Secondo i ricercatori, gli inibitori del capside potrebbero silenziare il virus definitivamente favorendo la sua integrazione in regioni del genoma umano che lo intrappolerebbero impedendone la sua replicazione, anche alla sospensione della terapia. Un’ipotesi che apre a nuove prospettive nella cura dell’Hiv in cui l’attuale terapia antiretrovirale, che ha migliorato la prognosi dell’infezione, non può eradicare il Dna del virus integrato nel genoma della cellula ospite. «Il prossimo step – precisa Cascio a MeridioNews – sarà quello di riuscire a dimostrare che quanto abbiamo postulato si possa realmente verificare nelle cellule infettate, con le relative prove in laboratorio».
Cresce la diffusione dell’Hiv tra eterosessuali
A cambiare nel tempo, sono quindi terapie e percezione collettiva del rischio, spesso distorta da false certezze, ma non la diffusione del virus. Ed è così che l’incidenza del contagio è salita tra i millennials eterosessuali, per lo più nella fascia d’età compresa tra i 30 e i 39 anni. Nel 2023, la maggioranza delle nuove diagnosi di infezione da Hiv è attribuibile a rapporti sessuali, che costituiscono l’86,3 per cento di tutte le segnalazioni (38,6 per cento di uomini che hanno rapporti con altri uomini; 26,6 per cento eterosessuali maschi; 21,1 per cento eterosessuali femmine).
A lanciare l’allarme su questa nuova tendenza è stata la Lega italiana per la lotta contro l’Aids (Lila): «La causa principale sta nel rafforzarsi di errate percezioni del rischio, ancora basate sulla convinzione che l’Hiv sia un problema di categorie altre: gli uomini eterosessuali che hanno rapporti a pagamento, i maschi che fanno sesso con altri uomini, i/le sex workers o le persone transgender. Convinzioni sbagliate – sottolineano – che, peraltro, non tengono conto della fluidità che caratterizza le scelte sessuali delle persone. Dopo più di quarant’anni, il concetto di categoria a rischio continua a causare danni enormi alla prevenzione e all’adozione di comportamenti sessuali più sicuri, in particolare tra le donne. Tra quante nel 2024 si sono rivolte ai servizi di testing di Lila – fanno sapere dalla Lega italiana per la lotta contro l’Aids – il 58,3 per cento non aveva usato il profilattico nell’ultimo rapporto sessuale e il 52 per cento non aveva mai fatto un test per l’Hiv in precedenza».
Bloccare l’Hiv prima che diventi Aids
L’Hiv è il virus che nel tempo provoca l’Aids ma, grazie ai progressi scientifici, è possibile evitare che la malattia si palesi, determinando una qualità e un’aspettativa di vita impensabile fino a qualche anno fa. «Purtroppo circa il 60 per cento delle nuove infezioni che andiamo a documentare – sottolinea Cascio al nostro giornale – sono diagnosi tardive. Nel senso che noi facciamo la diagnosi in pazienti che hanno il virus già da tanto tempo. Un virus che, quindi, è già andato avanti. Ed è un peccato perché, se fosse stato diagnosticato prima, la prognosi di questi pazienti sarebbe stata migliore e non avrebbero contagiato altre persone». Dall’1 dicembre del 2022 è attivo tutti i mercoledì dalle 16 alle 18 il checkpoint di Palermo Fastrack City nella Casa dei diritti (in via Libertà, 45). Al checkpoint vengono eseguiti gratuitamente test per Hiv, epatite C, epatite B e sifilide, grazie all’attività di medici volontari e attivisti di Nps Sicilia.