Sicilia, biglietti aerei: la benzina incide fino al 60% «Petrolio da 100 a 35 euro, ma si fa finta di niente»

biglietti aerei da e per la Sicilia costano il doppio di quanto dovrebbero. Parola di Mario Bevacqua, presidente emerito di Uftaa, la federazione mondiale degli agenti di viaggio, secondo il quale all’origine del fenomeno ci sarebbe la decisione da parte delle compagnie aeree di non considerare la diminuzione del prezzo della benzina: «Nella casella di addebito del carburante, hanno mantenuto invariata l’incidenza che c’era nel 2013, nonostante il costo del petrolio da allora sia sceso del 60 per cento», commenta Bevacqua. E annuncia una class action nei confronti dei vettori internazionali.

«Il 1 gennaio del 2013 il barile di petrolio costava 110 dollari – spiega Bevacqua – mentre al 30 dicembre 2015 il prezzo è sceso a 35 dollari. Le compagnie aeree oggi hanno enormi profitti non dovuti perché non hanno applicato al costo del biglietto il prezzo attuale del petrolio – continua -. Se nel 2013 hanno avuto circa due miliardi di dollari di profitto, nel 2014 hanno ottenuto ben sei miliardi e 500 milioni di dollari, e la proiezione al 31 dicembre di quest’anno parla addirittura di 40 miliardi di dollari. Questi sono dati ufficiali». Da qui la decisione di adire le vie legali: «Abbiamo deciso di intervenire perché riteniamo vergognoso questo atteggiamento verso gli utenti – sottolinea Bevacqua -. Non siamo un’associazione di consumatori, ma abbiamo ritenuto opportuno muoverci, poiché si tratta di difendere i diritti della gente».

L’accusa è non aver rispettato le regole di mercato. Per esempio, al momento, un biglietto da Catania per Roma costa fino a 145 euro, mentre verso Milano la cifra sale a 180 euro, per impennarsi a 238 scegliendo come destinazione Torino. Con la residua speranza di sconti legata a qualche last minute che consentirebbe di viaggiare nella capitale a 104 euro, e a non meno di 150 su Milano e Torino. La federazione degli agenti precisa di «non voler entrare nel merito dell’offerta dei vettori aerei che possono liberamente decidere di vendere il loro prodotto al prezzo che ritengono opportuno», ma  si scaglia contro: «l‘uso non corretto della casella che nei biglietti aerei riguarda l’aggiornamento, non avvenuto, del costo del petrolio».

In tal senso, l’ufficio studi di Uftaa ha fatto un’analisi per accertare l’incidenza sul costo del biglietto aereo della parte relativa al carburante. Per la Sicilia sono emerse cifre definite «incredibili». «Il carburante incide nei vari Stati tra il 35 e il 55 per cento del costo del biglietto a seconda delle tratte – fa sapere la federazione degli agenti di viaggio – ma per quelle riguardanti la Sicilia oscilla tra il 40 e 60 per cento. Un biglietto che viene venduto sul mercato a 100 euro dovrebbe costare invece circa 50 euro. Si pubblicizzano biglietti a 9 euro, ma a quella tariffa si aggiungono poi 60 euro di aumento carburante e 20 di tasse aeroportuali». L’indice è puntato anche contro la politica, accusata di non monitorare come dovrebbe la situazione: «La Regione – attacca Bevacqua – dovrebbe fare chiarezza e dire se ha ricevuto delle comunicazioni dalle compagnie sulle tariffe, delle proposte che dovrebbero prima essere avallate per poter essere applicate. In passato era così. Adesso – continua – le compagnie comunicano e attendono lo scadere dei trenta giorni per il silenzio assenso».

Pronta arriva la replica dell’assessore alle Infrastrutture Giovanni Pistorio, che smentisce la ricostruzione di Uftaa: «Per quanto ci riguarda non abbiamo mai avuto nessuna proposta ed è evidente che non rientra nelle nostre competenze legiferare sulle tariffe aeree – dichiara -. Collaboriamo, invece, con le società aeroportuali. La nostra competenza – aggiunge – riguarda gli investimenti a supporto delle infrastrutture aeroportuali». Nessuna possibilità di trattare sui prezzi dei biglietti: «Per le tariffe non c’è nessuna interlocuzione con le compagnie né tantomeno alcuna nostra forma di silenzio-assenso, perché non abbiamo questa competenza».

Pistorio, tuttavia, intende affrontare comunque la questione: «Siamo consapevoli della problematica. Su Palermo e Catania – conclude l’assessore – stiamo collaborando con le società di gestione degli aeroporti e in questa logica vogliamo provare a fare un ragionamento più ampio, nell’intento di capire quali margini di manovra possiamo avere in relazione alla normativa sulla continuità territoriale con Lampedusa e Pantelleria».


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