Il direttore del Pais, Javier Moreno, sale sul palco del Festival del giornalismo di Perugia e "consegna ai giovani" il futuro dellinformazione e la salvezza della democrazia. Lasciando capire che non è per niente detto che il giornalismo d'inchiesta non abbia un futuro
«Siate diffidenti, liberi e sinceri»
«Non è vero che il periodo d’oro del giornalismo è finito e la vostra presenza lo dimostra». È ottimista Javier Moreno, il direttore del quotidiano spagnolo El Pais, che comincia la sua lectio magistralis, in occasione della penultima giornata del Festival internazionale del giornalismo, rivolgendosi ai giovani presenti nella sala del Teatro Morlacchi di Perugia.
Dopo l’introduzione di Vittorio Zucconi di Repubblica, Moreno prende la parola per parlare di “Giornalismo e corruzione politica” attraverso la sua esperienza a capo della direzione di El Pais, giornale che conta due milioni e mezzo di lettori e un sito web con più di un milione di contatti.
Secondo il direttore spagnolo nel tempo il giornalismo e i suoi mezzi sono migliorati, ma per quanto riguarda la politica le cose sono peggiorate. «La situazione attuale – dice – è estremamente negativa: si sta andando verso la deriva antidemocratica». Ma Moreno crede che «l’informazione abbia ancora il potere per combattere la battaglia contro il populismo che vuole zittire l’opinione pubblica».
Con onestà ammette che fare informazione libera è difficile, a causa della difficoltà di provare ciò che si scrive e per il peso economico che il giornalismo investigativo ha per le redazioni: «Noi giornalisti – precisa – non abbiamo la facoltà di pretendere le carte e i documenti come fanno le procure. Facciamo il nostro mestiere attraverso le fonti che mettono a rischio il loro lavoro e la loro vita. Inoltre, fare inchieste è costoso per i giornali, ma è importante lottare per trovare finanziatori e supporto e continuare a fare questo tipo di informazione».
Il giornalista del maggior quotidiano spagnolo passa alle dimostrazioni pratiche raccontando il modo in cui El Pais ha lavorato sul caso Gurtel, l’inchiesta sulla rete di corruzione all’interno del Partito popolare (Pp) e di come il giornale abbia ricostruito la vicenda che ancora oggi continua a causare le dimissioni di importanti politici spagnoli.
Quattordici mesi di lavoro minuzioso con ventiquattro cronisti che hanno lavorato sul caso. Sulle pagine del Pais sono state pubblicate moltissime intercettazioni in cui venivano fuori dettagli su gioielli, beni di lusso, denaro con i quali si nutriva la rete di corrotti.
«Quando i giornalisti del Pais – racconta Moreno – hanno chiesto spiegazioni dello scandalo al presidente della regione di Madrid, Esperanza Aguirre del Pp, questa ha risposto domandando “Perché state facendo questo al paese?”. È una domanda non casuale: rientra nella precisa strategia di creare dei fori nel tessuto della democrazia per fare in modo che i giornali perdano del tutto il ruolo di mezzo che forma l’opinione pubblica».
«Attraverso essa – continua – è stata volutamente ignorata la stampa, ma più di ogni cosa, quando non si risponde ai giornali o si risponde in quel modo, si stanno ignorando e disprezzando soprattutto i cittadini. I politici, invece, hanno l’obbligo di rispondere alla gente e quindi ai giornali». Quello che colpisce il direttore spagnolo non è tanto la corruzione che può appartenere al genere umano, ma la reazione degli esponenti del Partito popolare, che non negano soltanto di essere corrotti, cosa che potrebbe essere normale e comprensibile, ma accusano i magistrati di essere settari, i ministri di essere delle spie, i poliziotti di falsificare le prove, i giornalisti di fare del male al paese. E li minacciano con le denuncie, mettendo così a rischio il sistema democratico.
Moreno dichiara, senza peli sulla lingua, di non avere dubbi sul fatto che il giudice Baltasar Garzòn, al quale è affidato il caso Gurtel, stia subendo intimidazioni e sia ostacolato nello svolgimento della sua professione. Secondo il direttore ci sono degli strumenti per difendersi da questa deriva, come il voto. Soprattutto, però, non si deve cadere nella trappola di pensare con rassegnazione che tutti i politici siano uguali e che la politica sia nella sua totalità un mondo corrotto: «È questo che ci vogliono far credere spingendoci verso l’antipolitica, proprio per poter rimanere al potere senza essere messi in discussione».
Per Moreno, la corruzione di massa suscita la rassegnazione dei cittadini e questo è pericoloso, come lo è il senso di stanchezza che colpisce il lettore di fronte alla pubblicazione dell’ennesima intercettazione. «Bisogna fargli capire – dice – che ogni notizia aggiunta vale la pena di essere letta». E così quando i giudici hanno tolto il segreto istruttorio su 50 mila pagine alle quali non avevano potuto accedere, i giornalisti del Pais si sono divisi le carte, le hanno studiate e individuato cosa pubblicare sul loro sito web, dove la vicenda è presentata passo passo.
È a questo punto che Vittorio Zucconi sottolinea come la situazione spagnola, pur con tutte le difficoltà, appaia rosea agli occhi dei giornalisti italiani, visto che i colleghi iberici possono pubblicare le intercettazioni mentre in Italia si sta lavorando per impedirlo. Il filo conduttore dell’intervento di Moreno sono però i giovani, ai quali attribuisce un ruolo centrale nella rivoluzione che attraverso il digitale e il web sta investendo i mezzi di comunicazione e il modo di fare giornalismo. È a loro che si rivolge: «Difendete un giornalismo che verifica i fatti. Verificate sempre che tutto corrisponda alla realtà, perfino se è vostra madre che ve lo dice – consiglia Moreno, battendo sul proverbiale attaccamento che gli italiani provano per la mamma. E va avanti: «Non praticate un giornalismo che manipola dati per adeguarli ai vostri pregiudizi. Mantenete sempre l’indipendenza da partiti, aziende e governo. Non cedete mai alla tentazione di mettere davanti al compito del giornalista altri interessi. La nostra missione è servire i lettori seguendo il principio della trasparenza. Soprattutto, non credete mai ai governi e osservate tutto con scetticismo. Il giornale dei prossimi decenni è nelle vostre mani».
Servire al lettore però, per il direttore del Pais, non vuol dire fare quello che vuole: «Se il lettore mi chiedesse di difendere Berlusconi, per esempio, io direi di no con il rischio di perderlo. È un rischio che un buon giornale deve correre. I conflitti sono normali». Infatti precisa: «Questo incontro è sul giornalismo e la corruzione e quindi ho parlato dei mali della destra, ma se fosse stato sul giornalismo e l’economia le cose sarebbero state molto diverse. El Pais ha scritto chiaramente sulle colpe del governo di sinistra riguardo all’affrontare la crisi e per questo alcuni lettori ci hanno accusati di favorire la destra. Però, una cosa è ricevere critiche dal lettore, con il rischio che magari non compri il giornale, un’altra è riceverle dal Governo che vuole limitare la tua libertà».
Coglie l’occasione Vittorio Zucconi per chiarire l’equivoco di fondo per cui molti pensano che i giornali facciano politica. «I giornali – dice il redattore di Repubblica – non fanno politica, ma informazione». E diretto aggiunge: «Inoltre, il giornale che non rompe i coglioni e non dà fastidio al potere non è un giornale per definizione».
Arriva, come prevedibile, la domanda dal pubblico riguardo a cosa debba fare, in questo scenario, chi vuole diventare giornalista. I giovani del festival di ogni platea e sala non hanno perso occasione di farla a quasi tutti i grandi nomi del giornalismo presenti agli incontri, come un rito che conferma l’ansia e la voglia di non arrendersi.
«Questo – risponde Moreno – è un periodo difficile per i giovani sui quali grava una grande pressione data dalla disoccupazione crescente e dalla precarietà. Non conosco i dettagli della situazione italiana, ma noi del Pais crediamo molto in loro e per questo, da venticinque anni, abbiamo aperto una scuola che dura un anno e forma nuovi giornalisti. Per entrare nella scuola non ci vuole per forza una formazione in comunicazione, io per esempio sono laureato in chimica. Anche se da giornalista, in fondo, continuo a fare quello che facevo prima come chimico: analisi e sintesi».
«Dalla scuola – continua il direttore – noi del Pais dobbiamo attingere per obbligo: i giovani giornalisti cominciano a lavorare nella nostra redazione e molti restano al giornale. Il primo esempio sono io: sono passato dalla scuola direttamente alla redazione del quotidiano, mi ci sono fermato e ora ne sono il direttore». E conclude: «Nel Pais siamo riusciti a creare un sistema di integrazione dei giovani e questo è fondamentale. D’altronde un giornale è uno sguardo condiviso tra una redazione e la società. Se in questa redazione non ci sono giovani è impossibile avere uno sguardo completo e vero sulla società».