Sgombero Experia: denuncia nel cestino?

Le violenze di alcuni agenti durante lo sgombero dell’Experia? Le testimonianze, le foto, i video che le documentano? L’esposto presentato alla magistratura, tra l’altro, da un avvocato che racconta di essersi preso in faccia un colpo di sfollagente, oltre a vari calci e pugni? Sciocchezze che non meritano un’indagine giudiziaria. Sembrerebbe questa la valutazione della Procura della Repubblica di Catania, che ha iscritto la denuncia sui fatti dell’Experia a “modello 45”, ossia tra i fatti che non costituiscono reato. La notizia di questa iscrizione risale già a fine novembre; ma l’avvocato dei denuncianti, Goffredo D’Antona, l’ha resa pubblica solo in questi giorni.
 
Oggetto della denuncia sono i fatti avvenuti lo scorso 30 ottobre davanti al Cpo. I denuncianti riferiscono che alcuni agenti di polizia hanno colpito alla fronte con uno sfollagente l’avvocato Marco Rapisarda, che si era avvicinato a braccia alzate allo schieramento “a testuggine” delle forze dell’ordine chiedendo di dialogare e presenziare alle operazioni di sgombero. I denuncianti hanno anche riferito di calci e pugni ai danni dello stesso avvocato, nonché di altri colpi di sfollagente sulla testa di alcuni manifestanti, tutti a mani nude e a braccia alzate. Nella denuncia si precisa che non si chiede un processo alla polizia, ma solo l’identificazione dei singoli autori delle violenze. A sostegno delle accuse, vengono tra l’altro citate le riprese video relative allo sgombero (Step1 ne ha già pubblicate alcune, tra le quali il video di Sonia Giardina che trovate in fondo a questa pagina).
 
Ma adesso, con l’iscrizione a modello 45, c’è il rischio che su questi fatti non si faccia la necessaria chiarezza. Per i non addetti ai lavori, il senso di questa iscrizione può spiegarsi così: il pubblico ministero, quando riceve una denuncia, decide in genere fra due possibilità: chiedere l’archiviazione del caso o far proseguire le indagini, se ci sono dei fatti rilevanti da approfondire. L’iscrizione a modello 45 costituisce una soluzione intermedia: il caso non è propriamente archiviato, ma al tempo stesso le indagini non sono obbligatorie, proprio perché si ritiene che non ci siano estremi di reato. La Procura, nel caso Experia, ha adottato appunto questa via di mezzo, paragonabile a quella che una volta era l’iscrizione negli “atti relativi”: una sorta di limbo dove finivano le pratiche con il rischio di restarci chissà quanto.
 
La scelta della Procura non convince l’avvocato D’Antona. «La Procura ha letto e ha deciso così, ma i reati commessi appaiono chiari. Altra cosa sarebbe sostenere che alcuni agenti siano stati costretti ad agire come hanno agito: ma è proprio ciò che dovrebbe essere accertato dalle indagini». L’iscrizione a modello 45 appare dunque sorprendente per un caso sul quale, tra l’altro, le testimonianze sono tantissime.
 
Secondo D’Antona, la scelta della procura è criticabile per più motivi: «Il primo è evidente: non è logico pensare che si tratti di “fatti non costituenti reato” quando ci sono persone picchiate con testimonianze anche video, come è detto chiaramente nella denuncia. Se il caso fosse finito tra le “notizie contro ignoti” sarebbe stato un altro discorso. Ma di fatto non costituente reato non si può proprio parlare».
 
Il secondo punto sottolineato dall’avvocato è che il pubblico ministero sta comunque eseguendo indagini e alcuni dei denuncianti sono stati sentiti. «Ma se quei fatti non costituiscono reato – si chiede l’avvocato – perché interrogare queste persone?». Infine, c’è il timore che il caso si fermi a questo stadio e non arrivi mai davanti a un giudice. «La Cassazione – spiega il legale – chiama l’iscrizione nel modello 45 “diritto di cestinazione”. Si tratta di una specie di “registro delle fesserie scritte”, dove vanno a finire le denunce senza senso e quelle dei mitomani».
 
Un’ultima notazione di cronaca: il sostituto incaricato di questo fascicolo è il dottor Enzo Serpotta, lo stesso che si occupa delle indagini che hanno portato al sequestro dell’Experia. Su questo punto l’avvocato D’Antona, tuttavia, non polemizza: «Giuridicamente l’ufficio del Pubblico Ministero è impersonale, quindi un pubblico ministero è uguale a un altro». Resta comunque il fatto che, iscrivendo l’atto a modello 45, la procura avrebbe la possibilità di chiudere la vicenda senza altre indagini e senza che la richiesta di archiviazione sia valutata dal Gip. «Restiamo convinti che non sarà questo il caso – afferma l’avvocato – e riponiamo fiducia nella giustizia».
 
In definitiva, dunque, la denuncia sulle violenze non è definitivamente archiviata e l’indagine potrebbe proseguire. Eppure, paradossalmente, i denuncianti avrebbero preferito una richiesta di archiviazione a questa procedura del modello 45. «In caso di richiesta di archiviazione – spiega infatti l’avvocato – perlomeno ne saremmo stati informati e avremmo potuto opporci». Cosa accadrà allora? «Non ci sono certezze su cosa potrebbe accadere, solo ipotesi: si aspetta».


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