Un pezzo del centrodestra all'Ars sottoscrive un documento in cui si chiede di approfondire tre episodi che hanno portato all'assegnazione della scorta al giornalista. Lui: «È un mondo al contrario, il deputato condannato che denuncia me»
Sette deputati chiedono di indagare su Paolo Borrometi Lettera all’Antimafia regionale che scrive a tre procure
C’è una lettera, depositata tra le carte della commissione antimafia all’Assemblea regionale siciliana. È firmata dai deputati Pippo Gennuso, Luigi Genovese, Gaetano Galvagno, Riccardo Gallo, Tony Rizzotto, Riccardo Savona, Michele Mancuso. Il gruppo di parlamentari regionali chiede formalmente di indagare sulle vicende che hanno portato all’assegnazione della scorta al giornalista Paolo Borrometi. In una prima versione del documento appariva anche la firma del deputato di Diventerà Bellissima Giuseppe Zitelli, che ha però revocato la sottoscrizione a pochi minuti dalla presentazione della missiva «perché – ha spiegato a Meridionews – ho firmato quel documento per errore, finito in mezzo a una pila di emendamenti su cui ho apposto la mia firma. Sinceramente non credo che quello sia il modo giusto di affrontare una questione così delicata ed è la ragione per cui avevo deciso di non firmare. Il fatto che poi, per pochi minuti, una versione del documento abbia visto -anche il mio nome tra i firmatari, è stato – sottolinea – soltanto un errore».
Al netto del «caso Zitelli», le altre firme restano tutte. Il documento parte dalla vicenda Antoci, di cui l’antimafia si è recentemente occupata, facendo appello alle «allarmanti similitudini con quella che riguarda il giornalista Paolo Borrometi». In soldoni, i deputati sollevano dei dubbi rispetto ai tre episodi che hanno portato all’assegnazione della scorta a Borrometi. Il primo è quello dell’aggressione subita a Modica, il secondo è l’incendio avvenuto nella sua abitazione, il terzo il presunto piano di attentato con un’autobomba.
«Da più parti – scrivono i deputati – sono stati sollevati dubbi su tutti e tre gli episodi». Solo che i «dubbi» riportati nero su bianco in un atto ufficiale, partono dai «sentito dire» di paese, dal chiacchiericcio della provincia ragusana e non da fatti documentati. Inoltre alcuni dei firmatari del documento finirono nel 2017 nella «lista degli impresentabili» denunciata dai cinquestelle in campagna elettorale. Gioco facile per lo stesso Borrometi appellarsi proprio a questo aspetto, affidando intanto la sua difesa ai social network. In un lungo post, il giornalista si scaglia contro Gennuso, sottolineando che in un «mondo al contrario, il deputato condannato che denuncia me».
«Lui è Giuseppe Gennuso – scrive ancora Borrometi -, condannato pochi mesi fa (anzi ancor di più, ha patteggiato quindi ha ammesso la colpa), dopo che nell’ultimo anno è stato arrestato due volte: la prima per aver comprato i voti dalla mafia, la seconda per aver pagato un giudice per far ripetere le elezioni in poche sezioni (elezioni ripetute e lui che torna in parlamento)». Per la prima vicenda Gennuso, dopo aver visto cadere l’accusa di essere in rapporti con il clan Crapula, ha patteggiato una pena per traffico di influenze. Adesso Gennuso «mi regala una grande medaglia – scrive ancora il giornalista – chiedendo alla commissione antimafia di indagare su di me».
L’antimafia, dal canto suo, ha proceduto come da prassi: ha protocollato la lettera ricevuta e ha deciso di inoltrarla alle tre Procure di Siracusa, Ragusa e Catania, chiedendo appunto di verificare se ci siano procedimenti o incartamenti legati alla situazione del giornalista. Sulla base delle risposte delle Procure, la commissione valuterà se esistono i margini per un eventuale approfondimento. Tra i firmatari della richiesta c’è appunto anche Gaetano Galvagno, deputato di Fratelli d’Italia e componente della commissione guidata da Claudio Fava. «Ho firmato non con l’intento di indicare chi è buono e chi è cattivo, ma con quello di chi desidera si faccia chiarezza», commenta il parlamentare regionale nativo di Paternò, in provincia di Catania. Galvagno poi replica al post di Borrometi sottolineando che «rispondere alla nostra iniziativa dicendo “da quale pulpito viene la predica” è una risposta che imbarazza, perché sembra che i problemi giudiziari di altri possano inficiare il diritto di cercare chiarezza su una storia. Borrometi ha definito la nostra richiesta una nuova medaglia per lui. Lo sarà senz’altro nel momento in cui dovesse venire in commissione a diradare ogni possibile ombra».
Eppure la lettera avanza dubbi e sospetti infarcita da tanti «si dice». «Prove? – risponde Galvagno – Compito dell’Antimafia è acquisire documenti e approfondire. Le faccio un esempio: per i casi Montante e Antoci diversi aspetti sono stati scoperti durante le audizioni».
L’esponente di Fratelli d’Italia parla infine dei giorni precedenti alla decisione di firmare il documento. «In molti mi hanno sconsigliato di sottoscrivere la richiesta, perché farlo avrebbe significato mettersi contro un giornalista dell’antimafia – rivela -. Sinceramente, però, tirarmi indietro per timore di essere additato non si sa bene come, sarebbe stato mortificante. Se bisogna avere paura di sollevare dei dubbi, allora forse bisogna pensare che il problema potrebbe essere anche più grande, e sarebbe un’ulteriore prova – conclude – di come certa antimafia sia malata».