Nessun vizio di legittimità delle operazioni elettorali, questa la decisione del tribunale amministrativo. La vicenda risale alle elezioni dell’11 giugno 2017, dopo le quali fu denunciata una discrepanza nei voti raccolti dall’ufficio centrale e dagli uffici delle sezioni
Sesta circoscrizione, Cannella vince l’appello al Cga Rientra al posto di Acanfora. «Suo ricorso fondato»
La sesta circoscrizione – vale a dire i quartieri di Cruillas, San Giovanni Apostolo (ex Cep), Resuttana e San Lorenzo – da oggi avrà come consigliere Michele Cannella. A deciderlo è il Consiglio di giustizia amministrativa, con una sentenza che rimette al suo posto il candidato della lista Democratici e popolari con cui era stato eletto nel 2017 e sostituito poi dalla candidata della lista Palermo 2022 Ida Acanfora, entrata in consiglio in seguito a una sentenza del Tar. La stessa oggi riformata dal Cga, che ha accolto il ricorso in appello di Cannella. Un appello definito dai giudici amministrativi «fondato» e che quindi «deve trovare accoglimento». Per comprendere meglio questo epilogo occorre fare un passo indietro di quasi tre anni.
Tornando esattamente al 26 luglio 2017, data in cui la candidata Acanfora presentava ricorso rispetto alle elezioni dell’11 giugno dello stesso anno per eleggere il presidente e il consiglio circoscrizionale della VI circoscrizione del Comune di Palermo. La politica precisava di aver riportato una cifra individuale di 3.015, pari a 306 voti di preferenza, collocandosi al secondo posto della propria lista, subito dopo il candidato eletto Roberto Li Muli, che dal canto suo aveva ottenuto una cifra individuale di 3.853, vale a dire 1.144 preferenze. «A fondamento dell’impugnativa venivano dedotti vizi di legittimità delle operazioni elettorali conseguenti a “discordanze tra i verbali degli uffici elettorali di sezione e il verbale dell’ufficio centrale”», si legge nelle carte. Secondo la denuncia di Acanfora, nelle otto sezioni della circoscrizione i voti validi per la lista Palermo 2022 determinati dall’ufficio centrale non corrispondevano a quelli attribuiti dagli uffici elettorali delle sezioni interessate: 261 a fronte di 353 preferenze. Un divario notevole, quindi, di ben 92 voti.
Stessa cosa per la lista Democratici e popolari. Anche in questo caso non si sarebbe riscontrata corrispondenza fra i voti determinati dall’ufficio centrale e quelli attribuiti dagli uffici di sezione: 249 per il primo, mentre «in base ai verbali di sezione alla medesima risultava attribuito un totale di 94 voti, con una variazione in diminuzione di 155 voti». Discrepanze che, secondo Acanfora, avrebbero cagionato la giusta ripartizione dei seggi da assegnare alle liste collegate al candidato di riferimento, nel suo caso Michele Maraventano. Secondo i calcoli, perciò, un seggio sarebbe spettato proprio ad Acanfora, posizionata al secondo posto della graduatoria di lista e prima dei non eletti con una cifra individuale pari a 306 voti. Da qui la richiesta di correggere il risultato delle elezioni. Il Comune, diversamente da Cannella, si costituisce in giudizio. Nel 2018 il Tar dà ragione alla ricorrente, rappresentata dall’avvocato Giovanni Scala, e imponendo la correzione del risultato la dichiara eletta alla carica di consigliere della VI circoscrizione.
A questo punto Cannella, rappresentato dall’avvocato Ornella Sarcuto, impugna la sentenza del Tar e si appella, insieme all’amministrazione. «Il Consiglio deve immediatamente rilevare l’inammissibilità della richiesta, formulata dalla primitiva ricorrente, al fine di poter dichiarare, dal momento che tale cancellazione comporta anche la perdita del diritto di voto, l’inammissibilità del presente appello per difetto di legittimazione e carenza d’interesse del medesimo appellante. La questione in discussione – si legge più avanti nella sentenza -, non sarebbe infine nemmeno suscettibile, stante la propria natura, di dar vita a un accertamento meramente incidentale, giacché le questioni riguardanti lo stato delle persone, per la loro particolare delicatezza e rilevanza, possono essere decise solo in via principale (e quindi con autorità di giudicato)». Le discordanze denunciate da Acanfora esistono, in ogni caso. Ma «il punto dirimente, tuttavia, è quello della valutazione giuridica delle discordanze stesse, dovendosi stabilire se le medesime debbano farsi risalire a una violazione, da parte dell’ufficio centrale, del divieto di apportare modifiche ai risultati rappresentati dai verbali delle sezioni (come sostenuto dall’attuale appellata), o se, invece, le dette discordanze discendano dall’esercizio di uno ius corrigendi dei verbali sezionali riconoscibile in capo all’ufficio stesso, secondo l’opposta lettura dei fatti sottesa alla relazione difensiva comunale». Ipotesi, per quest’ultima, verso cui propende la sentenza, sulla base di «due seri elementi».
Dalla documentazione richiamata nella relazione del 15 settembre 2017 emerge l’esistenza, nei verbali sezionali indicati, di queste criticità esposte nella relazione stessa e che l’amministrazione stessa in giudizio ha spiegato che in presenza di tali criticità fosse giustificato ricercare anche altrove gli elementi necessari alla ricostruzione dei risultati elettorali. In secondo luogo, il fatto che all’ufficio centrale debba effettivamente riconoscersi «la titolarità di un ragionevole potere-dovere di emendare le loro risultanze alla luce delle tabelle di scrutinio». Le omesse o erronee indicazioni, nei verbali sezionali, dei voti di preferenza riportati costituiscono, di norma, delle mere irregolarità, in quanto riguardano dati che possono essere desunti dalle tabelle di scrutinio senza che venga in alcun modo compromesso l’accertamento della reale volontà espressa dal corpo elettorale. Non c’è insomma alcun vizio di legittimità delle operazioni elettorali.