Per alcuni istituti etnei l'anno scolastico è già cominciato. Ma non per i bambini, quasi un migliaio prima dell'estate, che frequentano le attività degli istituti socio-assistenziali. Adesso il Comune etneo ha deciso di garantire la copertura per nemmeno 400 posti, da dividere nelle 15 strutture che rischiano di non riuscire a sostenere le spese. Con una doppia ricaduta su lavoratori e minori. Se n'è parlato questa mattina in un consiglio straordinario alla sesta circoscrizione insieme a rappresentanti istituzionali, per trovare insieme una soluzione alla carenza di fondi
Servizi sociali, a rischio 15 enti e 380 minori «Quando entreranno a scuola i nostri figli?»
«Vogliamo una risposta dal Comune in tempi brevi. Dobbiamo sapere che fine faranno i nostri figli». Mentre in città alcune scuole, pubbliche e private, hanno già riaperto, rimangono ancora in attesa poco meno di un migliaio di bambini catanesi. Le famiglie bisognose di sostegno extrascolastico aspettano di capire se anche quest’anno potranno mandare i propri figli a seguire le lezioni e le attività degli istituti socio-assistenziali, finanziati dal Comune etneo. Una quindicina di strutture a Catania, di cui due alla sesta circoscrizione – per i quartieri San Giorgio, Librino, San Giuseppe La Rena e Zia Lisa – che stamattina ha convocato un consiglio straordinario per affrontare l’emergenza. «Il Comune ha dichiarato in questi giorni che, con le attuali risorse, potrà garantire lassistenza solo a 380 minori circa, a fronte dei 760 finora assistiti», spiega il sindacato Cisl scuola presente all’incontro. Un doppio danno per chi rischia di perdere il lavoro e per chi adesso dovrà scegliere tra aspettare l’eventualità che il nodo dei finanziamenti si sciolga, oppure portare i propri figli in un’altra scuola, a lezioni iniziate.
«Io lavoro e i miei figli trascorrono l’intera giornata al Cirino La Rosa – spiega Giovanna D’Amico – A volte fino alle 17.30, in tranquillità. L’istituto offre diverse attività e quindi i bambini tornano a casa sereni». Perché la scuola è solo una delle attività dei centri socio-assistenziali, che spesso fanno anche da punti per il Banco alimentare, riforniscono le famiglie di vestiti e materiale per la scuola e si reggono sul volontariato pomeridiano degli insegnanti. Che, nel caso del Cirino La Rosa, aspettano lo stipendio da due mesi. «I bambini non vogliono cambiare scuola. Stanno male solo al pensiero, perché ormai sono inseriti. Anche il personale è parte della famiglia – conclude D’Amico – I nostri figli non vanno a scuola, vanno in un’altra casa». Ma se davvero il Comune dovesse coprire le spese di appena 400 bambini – divisi in 15 istituti – rischia di chiudere.
Il problema sono ancora una volta le casse vuote dell’amministrazione comunale. Dagli operatori e dai sindacati non mancano proposte concrete per reperire altri fondi, eppure dagli assessorati competenti non è ancora arrivata alcuna risposta. «Abbiamo più volte chiesto un incontro con il sindaco Enzo Bianco, ma non ci ha mai nemmeno risposto – spiega Daniela Maurel, vicepresidente Uneba (Unione nazionale istituzioni e iniziative di assistenza sociale) – Lunedì apriremo una scuola vuota e che rischia di chiudere poco dopo». «Rappresentare oggi il Comune e l’assessorato è difficile – le fa eco Lorenzo Leone, presidente della sesta circoscrizione – Il problema è occupazionale, ma anche e soprattutto dei bambini. Perché, siamo chiari, la zona non prospetta loro alternative». Se non la strada. «Io voglio avvertire l’amministrazione, il sindacato non riesce più a gestire le tensioni sociali che derivano da questo problema – commenta Ferdinando Pagliarisi, di Cisl scuola – Questi ragazzi finiscono a fare manovalanza. Noi invece li salviamo. Anche uno su mille, ma l’abbiamo salvato». L’applauso delle mamme e degli operatori scatta spontaneo. Mentre i bambini, tanti, siedono composti in un angolo.
L’idea del sindacato e degli istituti è di chiedere al Comune di affiancare alcuni fondi dell’assessorato all’Istruzione ai magri finanziamenti dei Servizi sociali. «Il bilancio comunale di previsione per il 2013 non è stato ancora formulato ed è slittato a fine novembre – spiega in aula Angelo Caffarelli, vice presidente del Cirino La Rosa – Noi non possiamo aspettare novembre per avere delle risposte, positive o negative, ma certe». Caffarelli indica più vie: somme per i servizi sociali non ancora spese e nemmeno impegnate, fondi europei destinati ai minori e progetti già finanziati dal Comune e mai partiti. «Volete attivarvi per capire le nostre proposte?», conclude tra la rabbia e l’amarezza. «Ci stiamo lavorando – promette Rita Brischetto, dirigente dell’assessorato ai Servizi sociali, che prende parte al tavolo a riunione iniziata – Una risposta dovrebbe arrivare entro la prossima settimana. Da tecnico dico: non siamo estranei alle ricadute su famiglie, minori e occupazione». Ma la risposta non soddisfa le mamme, che hanno urgenza di sapere cosa ne sarà dell’istruzione dei propri figli. «Quando poi un giudice mi chiederà perché non lo mando a scuola, che faccio?», chiedono dal pubblico.
Oltre alla promessa di Brischetto, a prendere un impegno è Sebastiano Arcidiacono, vicepresidente vicario del consiglio comunale etneo, presente al posto degli assessori al ramo invitati – Fiorentino Trojano per i Servizi sociali, Giuseppe Girlando per il Bilancio e Valentina Scialfa per il settore Scuola – e alla presidente della commissione per i Servizi sociali Erika Marco. «Un vero piano scolastico equilibrato ha bisogno di tempo. Al momento, per paradosso, ci troviamo a dover scegliere se investire nella scuola o nelle carceri – spiega Arcidiacono – Il problema è far conciliare i tempi della pubblica amministrazione, che non è solo burocrazia, con quelli dei bisogni della gente. Ho una proposta: incontriamoci lunedì. Così, come consiglio comunale, potremo prepararci a votare la proposta dell’amministrazione». Una mossa che però non distrae gli operatori dal malcontento. Per lunedì mattina, l’Uneba ha già indetto – e confermato – una manifestazione in piazza Università.