Sequestrato il patrimonio di figlia e genero di Santo Mazzei Case, bar e beni per 335mila euro «di provenienza illecita»

Tre appartamenti a Catania, un bar con tutti i beni aziendali e disponibilità finanziarie. Un valore complessivo di circa 335mila euro è stato sequestrato dai finanzieri di Catania a Gioacchino Massimiliano Intravaia e a sua moglie Concetta Simona Mazzei. Lui è affiliato di spicco di cosa nostra etnea con il clan Mazzei (Carcagnusi); lei è la figlia dello storico capoclan Santo Mazzei e sorella, quindi, di Sebastiano Mazzei detto Nuccio

Le indagini condotte dai militari della compagnia di Catania hanno
evidenziato che i coniugi, dal 2000 al 2016, non avrebbero avuto entrate
reddituali sufficienti
a giustificare le spese correnti e l’acquisto dei beni sottoposti
oggi a sequestro. La conclusione degli inquirenti è che quel patrimonio sia stato acquisito con denaro ottenuto tramite le attività criminali di Intravaia. 

Oltre alle frequentazioni con importanti pregiudicati, Intravaia è stato coinvolto in diverse vicende giudiziarie. Nel 2014 è stato destinatario di una ordinanza di custodia cautelare in carcere per la
sua partecipazione (fino al 2012) all’associazione mafiosa dei Carcagnusi
e per l’ipotesi di intestazione fittizia di beni
. L’ipotesi
associativa è stata validata dal giudizio del tribunale del Riesame poi seguito da una condanna, non ancora definitiva, a undici anni di reclusione

Nel 2015, a Intravaia arriva un’altra ordinanza di custodia cautelare in
carcere per la sua affiliazione al clan di Santo Mazzei (dall’aprile del 2014 al gennaio del 2015) e per un’ipotesi di
intestazione fittizia di beni. Per questi reati è stato rinviato a giudizio. Da questi episodi sarebbe anche emerso il suo legame con affiliati di spicco della consorteria
mafiosa. Non solo rapporti di parentela con i reggenti del
clan ma anche il suo ruolo al fianco di Santo Mazzei nella gestione del gruppo mafioso. 

Intravia, infatti, avrebbe sostituito il suocero durante i periodi di carcerazione occupandosi
del traffico di stupefacenti, partecipando a riunioni riservate in cui si discuteva della
sussistenza e del consolidamento della compagine criminosa: dalla gestione della cassa
del clan alle punizioni per gli affiliati ritenuti colpevoli di qualche mancanza nei confronti del clan. Intravaia avrebbe dimostrato anche capacità di
sapere interagire con esponenti di altri sodalizi
per la cura di affari comuni. 

Le indagini hanno consentito di accertare la sua affiliazione mafiosa a partire dal 2000 e la sua «pericolosità sociale qualificata». Il tribunale etneo ha ritenuto che i beni e le attività economiche acquisite dal 2000 al 2016
rappresentano il frutto e il reinvestimento dei proventi delle attività illecite ininterrottamente commesse avvalendosi dell’appoggio anche di
soggetti appartenenti a clan mafiosi etnei. Gli accertamenti patrimoniali hanno permesso di tracciare il profilo dei coniugi e di ricostruire il
quadro patrimoniale
a loro riconducibile, individuandone gli asset illecitamente
accumulati
con risorse finanziarie di provenienza illecita. 


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