Le statistiche dimostrano che se si studia, si lavora. Immagine speranzosa questa, ma nelle condizioni in cui verte il nostro paese, può anche finirci a 40 anni disoccupati o occupati in un settore per il quale non abbiamo studiato
Se studiamo, lavoriamo?
Lantidoto alla disoccupazione è listruzione. Lo dimostrano i dati pubblicati sul sito del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca. La percentuale dei disoccupati sembra diminuire allaumentare del titolo di studio. Il tasso di disoccupazione cresce in mancanza di titoli di studio, infatti i laureati disoccupati sopra i 30 anni sono solo il 9,1%, mentre i disoccupati in possesso del diploma di scuola superiore sono il 25,3% e ancora più consistente è la percentuale dei disoccupati in possesso della sola licenza media, il 34,5%. Fin qui, non sembra particolarmente allarmante la situazione. Il fatto è che oltre ad alcuni elementi discriminanti delloccupazione, come per esempio le differenze tra Nord e Sud Italia o il sesso del lavoratore, ci preoccupa notevolmente il dubbio di esercitare o meno il mestiere per il quale abbiamo acquisito il titolo di studio.
Cominciamo da una delle differenze nelloccupazione che le statistiche riportano: le donne sono le più penalizzate, qualunque sia il loro grado di preparazione. Le donne disoccupate in possesso di una laurea sopra i 30 anni sono il 10,8%, in possesso di un diploma di scuola secondaria sono il 27,9% e peggiora la situazione se detengono solo la licenza media.
Si attesta anche una ineguale ripartizione del lavoro, visto che complessivamente i disoccupati laureati tra i 25 e i 29 anni sono il 40,6% nel Mezzogiorno, contro il 10,2% al Nord; i diplomati alla scuola superiore in cerca di lavoro, nel Sud Italia, superano di gran lunga quelli del Nord Italia, rispettivamente con una percentuale di 50,8% al Sud contro il 9,8% al Nord. Numerose e altrettanto importanti sono le differenze occupazionali tra i laureati in età più avanzata al Settentrione rispetto al Meridione. Altre statistiche dimostrano come alcune carriere comincino senza troppe difficoltà, mentre altre sono costrette a rimanere stagnanti per molti anni. Risulta evidente il divario tra i laureati occupati nel settore dellingegneria, architettura o chimico-farmaceutico, rispetto a carriere quali quelle del settore medico o giuridico. A distanza di tre anni dal conseguimento della laurea i dottori in ingegneria risultano i laureati maggiormente occupati con il 90,8%, seguono i laureati in architettura con l85,7%. Ultimi in graduatoria sono i laureati in medicina con un tasso occupazionale del 34,2%.
Trovare un lavoro adatto alle proprie competenze non è, però, cosa facile. Un terzo dei laureati che hanno trovato unoccupazione dopo aver conseguito il titolo, non svolge mansioni per le quali ha studiato. I laureati del gruppo medico, scientifico e ingegneria sono quelli che nella maggior parte dei casi svolgono unattività per la quale hanno conseguito il titolo di dottore. Nel settore politico-sociale e linguistico, invece, i laureati hanno unoccupazione adeguata solo nella metà dei casi. Conseguente è il malcontento dei lavoratori per le loro retribuzioni.
Nel nostro Paese infatti, lincremento del reddito dei laureati, rispetto ai coetanei in possesso del diploma di scuola secondaria, è molto contenuto rispetto agli altri Paesi. Ciò vuol dire che un laureato guadagna poco più di un occupato in possesso del diploma di scuola secondaria, nonostante il laureato abbia un titolo di studio superiore.
Tutto questo è per noi poco rassicurante. Studiamo e sogniamo di trovare un lavoro che si addica alle nostre competenze, ma nella maggior parte dei casi tutto questo resta un sogno. Prepariamoci al peggio, perché secondo queste statistiche finora riportate, la professione che ci auguriamo di esercitare sarà una lontana utopia.
Fonte: www.miur.it/ustat/documenti/pub2005/index.asp