Se la Gelmini “riforma” numeri e persone

«Il primo reportage, spiegato e obiettivo, sullo stato disastroso della scuola, dell’università e della ricerca in Italia»: descrizione a caratteri bianchi su copertina rossa. Accanto, una fotografia di Mariastella Gelmini, ministro dell’Istruzione. Sorride il ministro, nello scatto, stringendo le spalle di una bambina.

Si presenta così la copertina di “Un taglio al futuro”, l’inchiesta di Sebastiano Gulisano, giornalista e scrittore, sulle prospettive che si aprono per le istituzioni scolastiche e universitarie in Italia dopo la riforma messa in atto dal MIUR, di concerto con il Ministero delle Finanze retto da Giulio Tremonti, e di cui si parlerà oggi pomeriggio, alle 18:00, alla libreria Feltrinelli di Catania.

 

È la «scuola della calcolatrice», quella di cui parla Gulisano. Eppure, nel suo libro, non sono i numeri a farla da padrone: sono i volti, le storie, le persone.

 

C’è il preside della scuola di Palermo, che deve pagare di tasca sua le cisterne per l’acqua, ché sennò i bagni restano senza. C’è la collaboratrice scolastica che non viene più pagata per quello, però lo accompagna lo stesso, il piccolo A., in bagno. C’è la madre che si domanda come si potrà pagare il pizzo se, prima o poi, si riuscisse ad ottenere un edificio confiscato alla mafia per farne la sede di un’associazione e garantire del lavoro per qualcuno.

 

E c’è anche Norman Zarcone, il ricercatore dell’Università degli Studi di Palermo morto suicida lo scorso anno: «Considerati i drastici tagli operati da Tremonti e Gelmini, forse Norman ha pensato di non avercelo proprio un futuro, visto che la sua specializzazione (Filosofia della Conoscenza e della Comunicazione, ndr) non è certo di quelle appetibili per il mercato del lavoro privato».

Sì, perché questo è un altro degli aspetti della riforma Gelmini che viene messo alla berlina da Gulisano: la possibilità che un ente pubblico finalizzato alla formazione dei cittadini diventi a partecipazione privata. E poco ha a che vedere la formazione con il mercato. Eccetto che in alcuni casi, come quelli di ambito creativo.

 

«Entrando nei dettagli, scopriamo che accorpare licei artistici e istituti d’arte ha procurato tanti di quei danni reali alle scuole e all’economia di alcuni territori, che solo chi è completamente digiuno d’istruzione poteva non valutare», si legge nel volume. E si prosegue, citando Wikipedia: «I laboratori degli istituti d’arte sono diversi per ogni singola scuola. Essi nascono a seconda delle vicende artigianali che i singoli territori dove nascono gli istituti hanno avuto».

 

Come si evince dagli estratti, “Un taglio al futuro” è un libro narrativo, più che analitico: un grande pregio e, contemporaneamente, un grosso difetto.


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