Se a inquinare ne va dell’uccello

Il tema che mi è stato proposto è di quelli da far tremare le vene e i polsi così come li fanno tremare gli appuntamenti per l’anno che viene. Quali siano le sfide che incombono lo sappiamo tutti, dal terrorismo alla situazione medio- orientale, o per parlare di cose di casa, al destino del governo.

In ogni caso la sfida fondamentale, che ci coinvolge tutti come cittadini del pianeta, è quella ecologica. Non possiamo aspettare, come dicevo in una bustina recente, che crescano le banane a Stoccolma e cada la neve a Lampedusa – anche se talora sogno che l’improvviso innalzamento degli oceani, annegando qualche miliardo di miei importuni conterranei, ponga il mio rustico di collina sui bordi del mare. Ma, a parte questa fantasia indubbiamente peccaminosa, se entro il prossimo anno i governi del mondo non riusciranno a trovare accordi per ridurre i cataclismi planetari che ci attendono, avremmo veramente perso l’Appuntamento Decisivo.

Tuttavia sappiamo benissimo che ci sono infinite ragioni per cui i governi (o chi li domina, e cioè le grandi potenze produttive che governano la globalizzazione) saranno sempre restii ad affrontare con decisione questi problemi. E d’altra parte come dare torto ai governi se anche il privato cittadino, che si duole della crisi delle stagioni, poi protesta se si vogliono tassare i Suv e continua ad ammorbare l’aria per proiettare nel sogno della trazione globale le proprie ansie da prestazione sessuale?

Il problema non è solo che si vorranno fare nuove guerre per risolvere questioni petrolifere (e naturalmente gli eserciti in azione ammorbano più dei Suv), o che gli Stati Uniti non vogliono sottrarre ai propri cittadini l’eccedenza di benessere in cui si crogiolano. È che siamo noi che non vogliamo mettere in questione questo benessere, e apprendo che i McDonald’s stanno aumentando le porzioni dei loro Big Mac per renderli più appetibili. Basta vedere le pubblicità delle nuove auto, che promettono velocità sempre più astronomiche (peraltro irrealizzabili), per capire che esiste un mercato che invoca lo spreco.

Perché dovremmo preoccuparci di seppellire il pianeta sotto montagne di rifiuti se, quando ci si guasta il lettore di Dvd, appare molto più conveniente buttarlo e comprarne un altro piuttosto che farlo riparare?

Non è necessario essere Beppe Grillo o Giorgio Bocca per convincersi che siamo noi a chiedere a chi ci governa (politicamente o economicamente) di invitarci allo spreco. È stato detto che se tutti i cinesi (che ora stanno aprendosi al mondo del consumo e del buon vivere) volessero usare carta igienica come noi, occorrerebbe distruggere tutta l’Amazzonia. Chi siamo noi per impedire ai cinesi di godere dei nostri stessi agi? O siamo disposti a usare in bagno la carta da giornale per permettere quella igienica ai figli del Celeste Impero?

Quindi, come si vede, alla distruzione del pianeta concorriamo tutti, e gioiosamente. Ci spiace non sapere se dovremo indossare per Natale il cappotto o il costume da bagno, e alludiamo a imprecisi complotti delle Multinazionali che scavano voragini nell’ozono, ma ciascuno contribuisce col proprio colpo di pala ad allargare il buco.

Salvo che si sta profilando una possibilità di salvezza. Ho udito alla radio che alcune ricerche dimostrano che l’inquinamento atmosferico sta influendo sulla grandezza del pene delle giovani generazioni, e il problema secondo me non riguarda solo i figli, ma anche i loro padri, che delle dimensioni del pisellino del figlio fanno ragione di legittimo orgoglio. Ma riguarda i padri anche perché (sempre secondo la notizia che ho ascoltato) effetti deleteri si avrebbero anche sull’apparato riproduttivo degli adulti, in quanto l’inquinamento favorirebbe formazioni tumorali in quella delicatissima zona del nostro corpo.

Se anche la notizia fosse, non dico falsa, ma ancora avventata, bisognerebbe diffonderla con ogni mezzo. Credo che anche Bush rifletterebbe sul protocollo di Kyoto se apprendesse che ne va della sua virilità. Sopra ogni credenza religiosa o moralità laica, sopra ogni idealismo planetario e amore del prossimo e della posterità, è valore dominante la prestanza sessuale (come dimostra l’invasione spam di pubblicità sul Viagra che intasa la nostra posta elettronica).

Se si diffondesse l’idea che, a inquinare il mondo, ne va (scusate il tecnicismo) dell’uccello – e non solo delle balene – credo che assisteremmo a convulse e subitanee conversioni all’ecologismo.

Non sto dicendo queste cose per scherzo o per gusto del paradosso. Non si dica che il mio è un argomento del cavolo. Se per salvarci da un male imminente dobbiamo apprendere ad avere paura di ciò che lo causa, ecco una via praticabile per la salvezza della Madre Terra e della specie.

[L’artticolo di Umberto Eco è stato pubblicato su “L’Espresso” del 4 gennaio 2007 col titolo “Sesso o son desto?”]


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