Scuola, a Catania occupazioni a staffetta «Collettività e unione contro l’austerity»

Passato mezzogiorno, nel cortile interno del liceo scientifico Boggio Lera di Catania un fiume di ragazzi deve decidere se andare o restare. La scuola è occupata. «Nessuna imposizione dall’alto, si è votato in assemblea d’istituto per alzata di mano e la maggioranza ha fatto questa scelta», precisano i rappresentanti studenteschi. «Prof, dentro o fuori?», chiede uno di loro prima di chiudere il cancello con una catena sbucata da sotto un giubbotto. L’insegnante se ne va con un sorriso sulle labbra. La maggior parte degli studenti si ferma all’interno della struttura. Le cose da organizzare sono tante: il servizio d’ordine, la pulizia dei locali, le lezioni di recupero previste per la mattina, i laboratori sull’attualità per il pomeriggio, i rapporti con l’esterno, «perché vogliamo far sapere fuori quello che stiamo facendo», sottolinea Jonathan Di Paola, una delle menti delle iniziative. Il Boggio Lera è il sesto istituto superiore occupato della città, nella staffetta che il coordinamento delle scuole quest’anno ha deciso di seguire.

Il termine «staffetta» è caro agli studenti. Sono loro a usarlo più volte, per sottolineare il passaggio di testimone tra i vari istituti. Ha iniziato l’industriale Archimede, poi in ordine il Principe Umberto, lo Spedalieri, il Vaccarini. Quindi il liceo classico Cutelli, dove un’occupazione non si vedeva da circa dieci anni. «Siamo rimasti due notti e tre giorni fino a sabato», raccontail cutelliano Francesco Licciardi. Ieri mattina è toccato al Boggio Lera, in questa lunga ondata di proteste che non si sa ancora quando finirà. A differenza dell’anno scorso, quando negli stessi giorni molte scuole sono entrate contemporaneamente in stato di agitazione, stavolta i rappresentanti di istituto e quelli della consulta hanno scelto una tattica diversa: «Una scuola alla volta, per durare il più possibile, il coordinamento sta funzionando bene», sottolinea Arianna Tarantino, del Boggio Lera.

Gli obiettivi contro cui protestare si chiamano austerity e legge di stabilità, dentro cui è stato inserito il decreto Carrozza sull’istruzione che non convince molti studenti e professori per l’insufficienza dei fondi stanziati e per il declassamento a semplice funzioni consultive degli organi collegiali scolastici, subordinati di fatto alle scelte dei dirigenti. Ma nel mirino dei ragazzi ci sono anche il Muos e battaglie concrete come la concessione dell’assemblea d’istituto a porte aperte, lo svolgimento delle due ore di educazione civica previste dalla legge. O persino la possibilità di usare i distibutori automatici di snack senza dover chiedere l’autorizzazione della dirigente. Succede al Cutelli dove gli studenti si battono anche per aumentare il numero di ingressi alla seconda ora. «Lo Stato fornisce i tablet ai miei prof, si parla di classi 2.0, ma poi la maniglia della porta non funziona e basta un po’ di vento per farla spalancare. Dobbiamo usare un banco per bloccarla, ma se c’è un terremoto come scappo?», si chiede Arianna Tarantino.

Uno degli argomenti più discussi nelle assemblee è riuscire a trovare forme di proteste alternative. «Sappiamo che le occupazioni d’autunno sono quasi messe in conto dall’opinione pubblica – afferma Tarantino – Ci stiamo confrontando su questo per cercare qualcosa di nuovo, ma non è facile». «E’ un grande punto interrogativo: come farci sentire in modo originale?», si chiede Francesco Licciardi. Nel frattempo l’occupazione resta lo strumento principale. «Serve per far avvicinare i ragazzi alla loro scuola e di conseguenza ai problemi della società, ci riappropriamo degli spazi», continua. «Il nostro obiettivo è l’aggregazione: convogliare esigenze e passioni in una forma di protesta», aggiunge Jonathan Di Paola.

L’anno scorso il Cutelli e il Boggio Lera non hanno occupato. Cos’è cambiato? «Politicamente nulla – risponde Jonathan – ma dire che tutto fa schifo è banale. Abbiamo proposto alle altre scuole dei metodi di lotta alternativi che non intaccassero le ore curriculari, ma alla fine non se n’è fatto nulla». Al Boggio Lera nei prossimi pomeriggi si parlerà di No Muos, immigrazione e di come si costruiscono nuove forme di protesta. Per farlo hanno anche invitato Gianni Piazza, docente universitario di Scienze Politiche. Eppure al liceo scientifico di via Vittorio Emanuele di politica, o meglio di partiti, non vogliono sentir parlare. «Ci sentiamo spoliticizzati, nessuno ci rappresenta e questo è uno dei fattori che permette a persone con idee diverse di gestire insieme l’occupazione», sottolinea Arianna. La preside Maria Giuseppa Lo Bianco ha annunciato che seguirà la prassi di rito e avviserà le forze dell’ordine. «Fino ad ora non c’era stato nessun preavviso – spiega – solo sprazzi di iniziative individuali di qualche facinoroso». Ma gli studenti sembrano non badare ai giudizi della dirigente e lasceranno aperte le porte ai docenti e al personale amministrativo.

Possibilità che, invece, non è stata lasciata ai professori del Principe Umberto, dove l’occupazione, finita lunedì scorso, è andata avanti per sei giorni, con tanto di festa per i 90 anni della scuola. «La dirigente in realtà ne aveva già organizzata una ufficiale, ma l’età media era stata di 70 anni», spiega Alessio Grancagnolo, rappresentante d’istituto uscente. Qui però il servizio d’ordine non ha funzionato e si sono registrati danni e piccoli vandalismi.

Alla fermata dell’autobus davanti al liceo Boggio Lera ieri mattina gli studenti hanno appeso alcuni volantini con un breve testo per far conoscere le loro motivazioni. «Noi – si legge nell’attacco – crediamo che la collettività, l’unione, sia l’unica voce in capitolo: capace di cambiare la coscienza, non il mondo».


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Dal Boggio Lera al Cutelli, dall'Archimede al Principe Umberto. Gli istituti superiori della città sono da settimane in stato di agitazione. Uno alla volta, dopo la decisione di passarsi il testimone della protesta. E ieri è toccato al liceo scientifico di via Vittorio Emanuele chiudere i cancelli. «Sappiamo che è un gesto simbolico che non risolve le cose, ma serve a noi per riappropriarci di questi spazi e dei problemi della società», spiegano gli studenti. Di mattina è prevista didattica alternativa, al pomeriggio laboratori sull'attualità. «Danno i tablet ai prof, ma la maniglia della porta è sempre rotta. Non è questa la scuola che vogliamo». Guarda le foto

Dal Boggio Lera al Cutelli, dall'Archimede al Principe Umberto. Gli istituti superiori della città sono da settimane in stato di agitazione. Uno alla volta, dopo la decisione di passarsi il testimone della protesta. E ieri è toccato al liceo scientifico di via Vittorio Emanuele chiudere i cancelli. «Sappiamo che è un gesto simbolico che non risolve le cose, ma serve a noi per riappropriarci di questi spazi e dei problemi della società», spiegano gli studenti. Di mattina è prevista didattica alternativa, al pomeriggio laboratori sull'attualità. «Danno i tablet ai prof, ma la maniglia della porta è sempre rotta. Non è questa la scuola che vogliamo». Guarda le foto

Dal Boggio Lera al Cutelli, dall'Archimede al Principe Umberto. Gli istituti superiori della città sono da settimane in stato di agitazione. Uno alla volta, dopo la decisione di passarsi il testimone della protesta. E ieri è toccato al liceo scientifico di via Vittorio Emanuele chiudere i cancelli. «Sappiamo che è un gesto simbolico che non risolve le cose, ma serve a noi per riappropriarci di questi spazi e dei problemi della società», spiegano gli studenti. Di mattina è prevista didattica alternativa, al pomeriggio laboratori sull'attualità. «Danno i tablet ai prof, ma la maniglia della porta è sempre rotta. Non è questa la scuola che vogliamo». Guarda le foto

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