Il dirigente dell'Usr, che aveva convocato una riunione d'urgenza a cui la Regione avrebbe dato poco peso, lamenta i limiti della didattica a distanza e i mancati interventi sul trasporto pubblico. L'ex rettore replica invitando a «meglio valutare la differenza tra responsabilità e decisioni di governo»
Scontro tra Lagalla e direttore Ufficio scolastico regionale L’assessore: «Da Suraniti comportamenti da censurare»
Scontro a colpi di comunicati stampa tra l‘Ufficio scolastico regionale e l’assessore regionale all’istruzione Roberto Lagalla. A dare fuoco alle polveri è stata una nota diffusa ieri a firma del direttore dell’ufficio, Stefano Suraniti, in cui si dava notizia di una riunione d’urgenza del tavolo regionale previsto dal Piano scuola, convocata dopo la notizia della decisione di chiudere le scuole del secondo ciclo.
«Al tavolo – si legge nella nota – hanno partecipato la Consulta degli Studenti, associazione dei genitori rappresentati dal Forags, dirigenti scolastici e organizzazioni sindacali ed è emerso quasi all’unanimità che la scuola non poteva essere penalizzata per i mancati interventi sul trasporto pubblico. È stato evidenziato che l’Ufficio Scolastico regionale per la Sicilia ha acquisito e inviato nel mese di luglio i dati sugli studenti pendolari all’Assessorato ai trasporti, al fine di porre in essere gli interventi di competenza. Inoltre è stato anticipato il rischio che gli studenti si sarebbero comunque incontrati in domicilio privato, senza che nessuno potesse vigilare sul distanziamento e utilizzo delle mascherine, come invece avviene a scuola».
La polemica riguarda anche la scarsa attenzione che la Regione avrebbe prestato all’iniziativa dell’ufficio. «Non risultava essere presente nessuno della Regione Siciliana, salvo un rappresentante dell’assessorato all’Istruzione che non conosceva i contenuti delle decisioni assunte. Dalla lettura dell’ordinanza della Regione Siciliana emerge come la sospensione delle attività in presenza per oltre 240.000 studentesse e studenti siciliani della scuola secondaria di II grado è legata esclusivamente a ragioni connesse ai trasporti pubblici. Infatti allo stato attuale risultano in Sicilia 600 studenti positivi al Covid-19, su oltre 700.000 alunni».
«La decisione di sospendere le attività didattiche in presenza – concludeva la nota – penalizza anche gli studenti con disabilità, più deboli e a rischio dispersione scolastica. Inoltre non permette lo svolgimento delle attività laboratoriali previste soprattutto dai Tecnici e Professionali. In generale risulta essere incisa l’autonomia scolastica e la flessibilità organizzativa delle istituzioni scolastiche, che già alternavano per il II grado attività in presenza e a distanza».
La risposta da parte di Lagalla non si è fatta attendere ed è arrivata con toni censori. «Non può che richiamarsi l’estensore al rispetto delle prerogative del decisore politico regionale e censurare comportamenti contrastanti con il principio di leale collaborazione istituzionale. – dice l’assessore -Premessa, dunque, l’irritualità delle dichiarazioni di cui trattasi, deve rilevarsi come l’ordinanza del presidente Musumeci, assunta per esigenze di tutela della salute pubblica, preveda la temporanea chiusura delle scuole superiori e il ricorso sostitutivo alla didattica a distanza quale conseguenza delle vincolanti indicazioni formulate dal Comitato Tecnico Scientifico regionale, a seguito del critico innalzamento della capacità diffusiva e dei contagi da Covid-19».
«Si ha difficoltà a comprendere la dichiarata incapacità dell’USR di far fronte, da subito, alla didattica a distanza, visto che il valoroso corpo docente della Sicilia ha già affrontato con successo, nel recente passato, tale modalità di insegnamento, peraltro parzialmente praticata anche in questo inizio di anno scolastico presso gli stessi istituti superiori. Né può ignorarsi che l’opzione DAD è esplicitamente contemplata in Dpcm e pronunciamenti ufficiali del governo Conte. Per tutto quanto precede, mi dichiaro certo che il direttore dell’USR saprà, da ora in poi, meglio valutare la differenza tra responsabilità e decisioni di governo, assunte nel superiore e più generale interesse della salute pubblica, ed azione amministrativa che si auspica coerente e leale, soprattutto in un momento di particolare e generale difficoltà»