Sciopero generale, duemila persone in via Etnea I manifestanti: «Nessuno di noi ha un posto sicuro»

Da piazza Roma a piazza Manganelli contro la riforma del lavoro del governo di Matteo Renzi. Anche Catania ha aderito, questa mattina, allo sciopero generale convocato dai sindacati per dire «no» al Jobs act e alle tutele crescenti, che dovrebbero garantire il contratto a tempo indeterminato una volta che sia stata raggiunta una certa anzianità professionale. «Noi non chiediamo niente di anacronistico», afferma Fortunato Parisi, segretario generale della Uil di Catania che, assieme alla Cgil, ha organizzato la manifestazione. Un corteo di quasi duemila persone, fatto di lavoratori (la maggior parte) e studenti (pochi). «Abbiamo deciso di scendere in piazza perché riteniamo che le politiche generali e sul lavoro in questo momento siano completamente ingiuste», fa eco al collega Giacomo Rota, segretario della Camera del lavoro etnea.

Tra slogan e striscioni, a farla da padrone sono state le storie dei lavoratori. Come Carmen, 35 anni, operatrice di call center: «Io ho un contratto che per il momento va bene – racconta – Ma le mie condizioni potrebbero cambiare dall’oggi al domani, per via della continua delocalizzazione». Aziende che vengono spostate all’estero, «in Albania o, in generale, nei paesi dell’Est, perché il costo del lavoro è molto più basso. In Italia un lavoratore costa circa 17 euro l’ora, lì siamo su un costo di tre, quattro euro». «Manifestiamo perché nessuno è al sicuro», interviene una giovane donna, dipendente Eni nel Catanese. «Anche noi che lavoriamo nelle multinazionali rischiamo di finire in mezzo alla strada da un momento all’altro», afferma. 

A temere per il proprio futuro anche i dipendenti delle Acciaierie di Sicilia, «in grossa difficoltà». «Il costo dell’energia in Sicilia è più alto che nel resto dell’Italia e questo danneggia la nostra azienda – spiega Giacomo Condorelli, uno dei lavoratori – Già stiamo lavorando con una riduzione del 40 per cento dello stipendio, un gruppo è in cassa integrazione a zero ore. Tra noi e l’indotto, siamo 350 persone». «Non abbiamo avuto risposte, è un’impresa che si trova qui dagli anni Cinquanta, ha fatto la storia di Catania, che chiuda è un peccato», conclude.


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