Una cosa è chiara: il presidente della Regione Siciliana Renato Schifani non ha nessuna intenzione di associare il suo nome alla debacle che sta vivendo la Dc di Totò Cuffaro, assessori compresi. Alleati sì, ma fino a un certo punto. E, soprattutto, sacrificabili, in nome di una presunta etica morale che Schifani ha bisogno di […]
Regione, pugno di ferro di Schifani: sacrifica Cuffaro, defenestrando assessori e (alcuni) dirigenti
Una cosa è chiara: il presidente della Regione Siciliana Renato Schifani non ha nessuna intenzione di associare il suo nome alla debacle che sta vivendo la Dc di Totò Cuffaro, assessori compresi. Alleati sì, ma fino a un certo punto. E, soprattutto, sacrificabili, in nome di una presunta etica morale che Schifani ha bisogno di trasmettere al suo bacino elettorale. Dopo la messa in sicurezza della giunta regionale, con la messa alla porta di Nuccia Albano e Andrea Messina, assessori rispettivamente alla Famiglia e agli Enti Locali, il presidente procede spedito. Ma quale sia la direzione è solo nei suoi pensieri e, quindi, non interpretabile. Di fatto, questa mossa ha esautorato due assessorati che, nella Finanziaria oggi protagonista del dibattito parlamentare, pesano insieme 799 milioni di euro.
Non solo gli assessori: tutti i dirigenti defenestrati

Albano e Messina come vittime sacrificali? In realtà, la loro fuoriuscita dalla giunta si somma al passo indietro del manager palermitano dell’Asp di Siracusa, Alessandro Caltagirone. E alla sospensione dall’incarico, a tempo indeterminato, di Maria Letizia Di Liberti, dirigente generale del dipartimento regionale della Famiglia. Ma anche di Vito Raso, segretario particolare dello stesso assessorato, e Giovanni Tomasino, direttore generale del Consorzio di bonifica 2 di Palermo. Nella lista dei dirigenti sospesi non figurano, invece, il capo della Protezione civile Salvo Cocina, né tantomeno Salvatore Iacolino, che guida il dipartimento Pianificazione strategica. Nessuno dei due risulta indagato, sebbene citati nelle carte dell’inchiesta. Una piazza pulita dettata, quindi, dall’indagine della magistratura, piuttosto che da motivi di opportunità, etica e trasparenza. Uno su tre dei valori di «prestigio, credibilità e trasparenza delle istituzioni siciliane» da salvaguardare, come recita una nota diffusa da Palazzo d’Orleans.
Un cerchio magico che continua a girare
Le (nuove) vicissitudini giudiziarie di Salvatore Totò Cuffaro sono oramai note a tutti. Così come la presunzione di innocenza. Ma una riflessione è d’obbligo. Ammesso che le indagini formalizzino, ancora una volta in Sicilia, una sorta di cerchio magico – il caso Montante docet -, sorge spontaneo chiedersi se, una volta capito quanto sia possibile svelare, possa davvero considerarsi una fine o se, piuttosto, qualcuno sia già pronto a tentare di ricostruirlo. Che la sanità in Sicilia sia sempre stata sotto scacco della politica è altrettanto noto. E a chi fosse sfuggito si ricordano le numerose e precedenti inchieste, e il reportage di Stefano Maria Bianchi e Alberto Nerazzini La mafia è bianca, uscito nel 2005.
La difficile strada della smarcatura da Cuffaro
Ma, tornando all’affaire Cuffaro, risulta evidente che le sue ramificazioni, comprese quelle che nella rinascita dello scudo crociato ci hanno creduto con onestà, sono rimaste senza leader e pure con la difficoltà dovuta al ruolo che ricoprono. Presto sono arrivate le smarcature della presidente della Nuova Dc Laura Abbadessa e della vicepresidente Francesca Donato. Che pure – tra un «diritto all’ingenuità buona» e ai «sentimenti di rabbia, disgusto e dolore» espressi da entrambe – quell’aria l’hanno respirata durante le loro consulenze alla Regione Siciliana. Ora il difficile ruolo di smarcatura spetta ad altri. Da Messina e Albano ci si sarebbe aspettati un passo indietro in autonomia. Eppure così non è stato così.
Un rimpasto di giunta atteso ma ancora rimandato
E dire che alcuni alleati di governo un rimpasto di giunta lo chiedevano da un po’. Ma, forse, l’allontanamento operato da Schifani degli assessori espressi da Cuffaro non è comunque il caso. O, se lo è, si tratta del caso peggiore. Che riapre i giochi, con Schifani che ha assunto ad interim le funzioni dei due assessori messi alla porta. In quanto, ha dichiarato, «non ci sono le condizioni perché possano continuare a svolgere il proprio incarico». Il vero rimpasto, quindi, è rimandato ancora una volta. Ma la vera domanda è: ce la farà il presidente a seguire tutto quanto previsto – tanta roba davvero – dai mandati dei due ex assessori?