Avrebbero operato grazie a «coperture» e «controlli apparenti»; attraverso quattro enti di formazione - Anfe, Iraps, Isvir e Amfes - sarebbero stati avviati progetti che avrebbero fruttato nove milioni di euro. I soldi, secondo gli inquirenti, sarebbero finiti anche nel lido Le Palme. Sono le accuse rivolte a Giuseppe Saffo e Francesco Cavallaro, ritenuti a capo del sistema svelato dall'operazione Pandora della guardia di finanza
Scandalo formazione, chiesto rinvio a giudizio I pm descrivono «l’apparato truffaldino»
Un vero e proprio «sistema» fatto di «coperture» e «controlli apparenti» al cui vertice c’erano «Giuseppe Saffo e il nipote Francesco Cavallaro». Questa la sintesi della requisitoria dei magistrati della Procura di Catania Giuseppe Gennaro e Alessandro La Rosa con cui hanno chiesto in udienza preliminare il rinvio a giudizio degli imputati del cosiddetto scandalo sulla formazione professionale a Catania. La vicenda, emerse con l’operazione Pandora della guardia di Finanza nell’ottobre 2013. All’interno di quello che è stato definito da Gennaro, senza mezzi termini, «un apparato truffaldino» ci sarebbero state diverse società, quattro enti di formazione – Anfe, Iraps, Isvir e Amfes – e 115 progetti per una frode complessiva che ammonterebbe a quasi nove milioni di euro. «C’erano quattro società che producevano carte – precisa Gennaro al giudice per l’udienza preliminare Maria Paola Cosentino – intestate alle mogli. Un sistema di false fatturazioni, solo in apparenza regolari con preventivi che si riferivano a ditte inesistenti o modificate nel tempo».
I soldi della formazione professionale, secondo gli inquirenti, sarebbero finiti anche nel lido balneare Le Palme, poi finito sotto sequestro per equivalente. «Nel corso di formazione professionale per cuochi – svela il magistrato – in cui c’era bisogno di acquistare prodotti per cucinare, questi poi venivano trasferiti nel ristorante del lido di Saffo». All’interno di una cassaforte della struttura balneare vennero inoltre ritrovati dagli uomini delle fiamme gialle decine di assegni emessi in bianco da due società di pulizia e sanificazione, la Gestioni globali srl e la L.P. Servizi srl, le stesse che i magistrati definiscono «cartiere». A ruotare attorno le due aziende erano Domenico La Porta, Manuela Vittoria Nociforo e la moglie di Saffo, Maria Concetta Cavallaro. Tutti imputati e per cui è stato chiesto il rinvio a giudizio.
Tra gli imputati accusati dalla procura etnea ci sono anche diversi impiegati degli enti di formazione finiti al centro dell’indagine. Nell’elenco anche Angela Maria Lombardo, sorella dell’ex presidente della regione Raffaele Lombardo. Le accuse a vario titolo per i protagonisti di questa vicenda sono quelle di associazione a delinquere finalizzata alla truffa, peculato e tentata truffa.
«L’organizzazione – spiega il pm Alessandro La Rosa – lucrava in base all’elasticità del sistema. I familiari compiacenti producevano fatture». Ad essere escluso dalla richiesta di rinvio a giudizio Giuseppe Arcifa, per cui è stato chiesto dai magistrati il non luogo a procedere. Tra le parti civili, in cui compare la Regione Siciliana rappresentata dall’avvocato dello Stato Domenico Maimone, è stato escluso il Codacons, associazione che si occupa della difesa dei diritti dei consumatori.