«La legalità dovrebbe valere sempre e le regole andrebbero fatte rispettare in ogni occasione, altrimenti è facile fare gli spavaldi con chi vende solo due cassette di frutta». La signora Alfia Poli è la moglie di Salvatore La Fata, l’operaio edile diventato ambulante per necessità, che è morto dopo essersi dato fuoco in piazza Risorgimento a seguito di un controllo dei vigili urbani. Per lei è la prima festa di Sant’Agata senza il marito e tutto assume un significato diverso. Quando in questi giorni si guarda intorno e vede il moltiplicarsi di venditori e bancarelle, molte delle quali senza autorizzazione, l’indignazione cresce. «Io non ce l’ho con loro, sia chiaro – spiega – ma con i vigili urbani e con tutti quelli che dovrebbero controllare. Dopo la morte di mio marito hanno detto di aver svolto solo il loro dovere, ma questo non può accadere soltanto con chi è più debole e accanendosi ogni tanto su determinate persone. Perché non funziona sempre così? Perché dove dovrebbero davvero controllare, non ci passano neanche?».
La presenza di attività ambulanti abusive a Catania è un malcostume consolidato. «Una trascuratezza storica da parte delle amministrazioni comunali, ma durante i giorni di Sant’Agata il fenomeno si decuplica», sottolinea Renato Camarda, portavoce del Comitato per la legalità della festa. Ieri il sindaco Enzo Bianco ha emanato due ordinanze: una proibisce l’accensione e il trasporto dei ceri accesi in tutto il territorio comunale dal 3 al 6 febbraio, ad eccezione di alcune specifiche zone: piazza Stesicoro, lato ovest; via Dusmet; fontana Sant’Agata, slargo tra la via Caronda, via Fondaco e via Canfora; piazza Cavour, lato sud-ovest. La seconda – che si può definire anti arrusti e mangia – vieta l’accensione di fuochi con bracieri o con bombole a gas sul percorso della processione nei giorni 4 e 5 febbraio. A vigilare sull’osservanza delle ordinanze, comunica l’amministrazione, saranno la polizia municipale, i vigili del fuoco e le forze dell’ordine.
Nel mese di gennaio una proposta per provare a regolarizzare tutte le attività degli ambulanti era venuta dalla Confederazione nazionale artigiani. «Si trattava della possibilità che il Comune rilasciasse licenze temporanee dietro pagamento di una tassa per l’occupazione di suolo pubblico – spiega Lorenzo Costanzo, membro della commissione Artigianato della Camera di commercio e vicepresidente nazionale di Federmoda – Ogni anno in questi giorni migliaia di persone scendono in strada e vendono di tutto, le amministrazioni sono state troppo tolleranti. In altre città d’Italia questo pagamento basta per essere in regola dal punto di vista amministrativo, almeno sappiamo a chi vanno i soldi». La proposta è stata affidata alla commissione per le Attività produttive del consiglio comunale. «In un primo momento è stata accolta positivamente anche dall’assessore Mazzola, competente al ramo, ma non se n’è fatto più niente perché hanno disertato i successivi incontri», continua Costanzo.
L’assessora alle Attività produttive Angela Mazzola, tuttavia, precisa che «così com’è la proposta non è ricevibile, perché non si possono rilasciare licenze a prescindere dal possesso dei requisiti morali e professionali, solo sulla base di una tassa da pagare per il suolo pubblico. Il venditore – continua – deve essere iscritto alla Camera di commercio e avere già una licenza, con questi prerequisiti può chiedere l’autorizzazione per l’occupazione di suolo pubblico nei giorni della festa. Mentre il Cna aveva proposto di rilasciare licenze anche a chi non era in possesso di questi requisiti». Della proposta si tornerà a parlare nei prossimi mesi, anche col supporto del Comitato per la legalità che chiederà un confronto tra artigiani e amministrazione al tavolo permanente.
Intanto le bancarelle si sono moltiplicate anche in piazza Risorgimento, proprio lì dove Salvatore La Fata si è cosparso di benzina e si è dato fuoco per protesta contro il sequestro della sua poca merce da parte di due vigili urbani. «Hanno occupato anche lo spazio davanti alla lapide che lo ricorda, mi sarei aspettata un po’ più di delicatezza – commenta la vedova La Fata – invece, a distanza di pochi mesi, è come se non fosse successo niente».
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