Sanità, fino a quindici mesi per un esame Cgil: «Crocetta in continuità con Lombardo»

Da quattro a quindici mesi. Sono i tempi medi d’attesa per effettuare i principali esami medici negli ospedali di Catania e provincia. Numeri che si portano dietro la disperazione e la rassegnazione di centinaia di pazienti. I conti li fa la Cgil che oggi ha presentato un dossier sulla sanità etnea. «Catania, più di altri territori, paga l’inadeguatezza e l’incapacità di un governo che solo da qualche giorno è riuscito a nominare i direttori generali dell’Asp 3 e delle aziende ospedaliere Policlinico-Vittorio Emanuele e Cannizzaro».

Il sindacato coglie l’occasione per stigmatizzare l’operato del governo regionale di Rosario Crocetta sulla gestione di questo nevralgico settore. «È in continuità con il governo Lombardo, entrambi non hanno tenuto conto del cittadino ammalato ma degli equilibri politici». La Cgil definisce «indegno il balletto di nomine e il giro di commissari revocati». La mancanza per lungo tempo di una piena operatività dell’Asp e dei principali ospedali del capoluogo, secondo il sindacato, è tra le cause della disorganizzazione e dei biblici tempi d’attesa per i pazienti: 227 giorni per un’endocrinologia, un anno e tre mesi per una mammografia, poco più di tre mesi per un’elettroencefalogramma, 330 giorni per un’ecografia. Non va meglio per una visita odontoiatrica per cui bisogna aspettare 180 giorni e per una ortopedica, poco meno di cinque mesi. Duecento giorni servono per una visita senologica, 160 per un test cardiovascolare da sforzo. Se si prenota adesso, si potrà effettuare un holter dopo 110 giorni. Mentre per le più comuni Tac e risonanza magnetica servono rispettivamente 130 giorni e un anno tondo.

Il sindacato individua nel fallimento della riconversione dei P.T.A (i punti territoriali di assistenza) come una delle lacune principali della riorganizzazione regionale della sanità. «Quei pochi che sono stati istituiti non riescono a dare gli adeguati servizi che i cittadini si aspettano. Di fatto l’offerta di sanità territoriale pubblica è eccessivamente carente». La Cgil suggerisce una soluzione: le Case della salute che, precisa, «in alcune regioni sono riuscite a dare risposte soddisfacenti anche perché operano sulle 24 ore».

A sostegno della proposta, porta i dati del pronto soccorso Vittorio Emanuele, dove su 65mila accessi annui il 74 per cento sono codici verdi (i meno gravi dopo i bianchi), il 22 per cento codici gialli, il 3 per cento bianchi e appena l’1 per cento rossi. «Questo – spiega il sindacato – ci dà la misura di come una migliore organizzazione della rete ospedaliera e il potenziamento delle strutture territoriali potrebbe far diminuire i ricoveri ai pronto soccorso e contemporaneamente dare al cittadino maggiore sicurezza sull’assistenza».

Per abbattere i tempi di attesa, invece, la Cgil ribadisce la necessità di istituire un Centro di prenotazione unificato integrato tra territorio ed aziende ospedaliere. «Questo consentirebbe una maggiore razionalizzazione con conseguente diminuzione delle liste di attesa». E individua nel sindaco di Catania Enzo Bianco la persona che dovrebbe adoperarsi per far partire una conferenza dei servizi che si ponga questo obiettivo.

Nel mirino infine finiscono le Tac e le risonanze magnetiche. Le ultime due – si legge nel dossier – «lavorano solo poche ore al giorno. Mentre c’è la necessità di farle funzionare almeno nelle 12 ore diurne. Questo permetterebbe un adeguato ammortamento delle spese dei macchinari e una notevole riduzione delle liste di attesa». Sul banco degli imputati anche le attività intra-moenia nelle aziende ospedaliere e negli ospedali della provincia. «E’ possibile – denuncia la Cgil – che persista ancora un così ampio divario di tempi di attesa tra prestazioni effettuate in intra-moenia e prestazioni effettuate in regime ordinario?». Differenza che, precisano, «non è prevista dalla normativa». Da qui il dubbio: «Siamo certi che questa attività sia svolta solo ed esclusivamente al di fuori del normale orario di lavoro? Un confronto – precisano – ed una verifica su questo tema resta necessario ed indifferibile anche perché a pagarne le conseguenze sono soprattutto i soggetti più deboli e meno protetti».

A febbraio Vincenzo Albanese, oncologo del Policlinico, ha presentato due esposti alle procure di Catania e Palermo per denunciare l’inaccettabile tempo di attesa – fino a dieci mesi – per riuscire a sottoporre i malati di tumore a un’operazione. Individuando, tra le altre inefficienze, la disponibilità della sala operatoria solo per tre volte la settimana. «E’ il risultato di una politica che pensa solo alle clientele», denunciava a CTzen.

Adesso il documento della Cgil riaccende l’attenzione sul problema. «Oggi, finalmente, ci sono i nuovi direttori generali – conclude il sindacato – Non abbiamo motivo di pensare che siano stati scelti con criteri diversi da quelli del merito, e che agiranno in buona fede. Ci dichiariamo già da subito a loro completa disposizione. Ma siamo al di sotto dei livelli minimi di assistenza. La Regione ci dice che l’emergenza è finita? Ce lo dimostrino allora. Intanto noi chiediamo un’audizione all’assessore regionale alla Sanità e alla Commissione regionale Sanità».

Presenti alla conferenza stampa di presentazione del dossier il segretario generale della Camera del lavoro, Giacomo Rota, il segretario della Funzione pubblica Gaetano Agliozzo, Turi Cubito, responsabile Cgil Dipartimento Sanità, la responsabile del Dipartimento Pubblico impiego Rosaria Leonardi, la segretaria della Fp Cgil (e responsabile infermieristico Vittorio Emanuele) Mimma Di Guardo, l’infermiere Antonino Carcagnolo e Carmelo Calvagna, della Cgil medici.

Salvo Catalano

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