Samuele Caruso, l’omicida: uscirà presto dalla galera?

Non è facile commentare il delitto avvenuto ieri a Palermo. Troppo dolore. Troppa rabbia. Una ragazza di 17 anni, Carmela Petrucci, è stata uccisa a coltellate da un ragazzo di 23 anni, Samuele Caruso. Quest’ultimo aveva avuto una storia con la sorella di Carmela, Lucia. Una relazione iniziata su fecebook, poi interrotta per volere della ragazza. Un “no” che Samuele Caruso non ha accettato. Da qui la decisione di uccidere Lucia Petrucci. Ha invece ucciso la sorella più piccola di un anno, che ha provato a proteggere Lucia. Quest’ultima, ferita, invece, ce la farà.

Un delitto incredibile. Una ragazza uccisa nel pieno della gioventù: una ragazza con una vita davanti a sé eliminata da un ragazzo che non conosce il valore della vita.

Con molta probabilità, sui giornali di oggi – on line e cartacei – leggeremo del ‘femminicidio’: della violenza di cui, ancora oggi, sono oggetto le donne. E del dolore dei compagni di scuola di Carmela, che frequentava il Liceo Classico Umberto I. (nella foto a sinistra, tratta da lettera43.it, Samuele Caruso, l’assassino di Carmela Petrucci)

Noi, invece, vorremmo soffermare la nostra attenzione e quella dei nostri lettori su un interrogativo: cosa si fa, oggi, in Italia, per combattere certi reati? Siamo sicuri che le pene previste per un atto così disumano dal nostro ordinamento scoraggino i mal intenzionati?

A nostro avviso, le pene non sono tali da scoraggiare un uomo che ha intenzione di togliere la vita a un altro uomo. Noi ci fidiamo del senso comune: quando in Italia – come è avvenuto ieri a Palermo – si assiste a un delitto efferato, la prima cosa che ormai pensiamo tutti è la seguente: tra qualche anno l’assassino sarà fuori. Tre, quattro, cinque anni, e l’assassino verrà ‘recuperato’ alla società. Mentre i parenti dell’assassinato continueranno a vivere nel dolore.

Nessuno vuole mettere in dubbio l’importanza del ‘recupero’ di chi ha commesso un reato. Ma restituire alla società un uomo che ha ammazzato un altro uomo, in alcuni casi dopo pochi anni, è una cosa che non ci convince. (a destra, Carmela Petrucci, la ragazza uccisa ieri a palermo, foto tratta da rainews24.it) 

Noi siamo convinti che il rimorso, per un uomo che ha ucciso un altro uomo, è un castigo immenso. Ma dobbiamo ammettere che ci sono persone che il rimorso non sanno nemmeno dove sta di casa. Se non altro perché il rimorso presuppone una disposizione dell’anima che non tutti hanno la fortuna di possedere.

A nostro avviso va rivista la legge del nostro Paese che regolamenta questo particolare settore della vita pubblica: la legge Gozzini.

A nostro avviso, in Italia, l’idea di alleggerire la pena valorizzando il recupero di chi ha sbagliato verso la società non può essere applicata anche a chi ha ucciso un essere umano. Per questo genere di reati le pene dovrebbero essere molto più pesanti. Per far capire a chi si macchia di un simile reato che ciò che ha fatto è gravissimo, visto che ha tolto la vita a un altro essere umano.

Rimettere in libertà, dopo pochi anni, una persona che ha tolto la vita a un altro essere umano è un errore. Questa non è una legge progressista: è solo una legge sbagliata.

 

 


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