Il consiglio dei ministri ha impugnato undici articoli della cosiddetta legge stralcio della Regione Sicilia, la norma cioè che l’Assemblea regionale siciliana ha varato lo scorso 11 agosto contenente delle modifiche alla legge di stabilità. Nel mirino del governo di Roma finiscono una serie di norme che entrano nel merito di settori che sarebbero di competenza statale e quindi presenterebbero profili di illegittimità costituzionale.
In particolare è stato impugnato l’articolo 12 sul finanziamento dell’ufficio stampa regionale. Secondo il governo nazionale queste disposizioni sul «trattamento giuridico ed economico dei pubblici dipendenti», «invadono la competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di ordinamento civile, in violazione dell’articolo 117, della Costituzione».
Altra norma impugnata è quella (articolo 26 della legge regionale) sul Fondo di sostegno alle imprese danneggiate dalla presenza di cantieri per la realizzazione di opere ed infrastrutture pubbliche. Soldi – per il triennio 2017-2019 erano stati autorizzati due milioni di euro da prendere dai fondi europei, Fondo sviluppo e coesione 2014-2020 – che sarebbero stati destinati a «forme di sostegno o di defiscalizzazione in favore delle imprese danneggiate». Roma rimprovera all’Ars che la misura è priva della necessaria copertura finanziaria.
Indicata come norma con profili di illegittimità costituzionale c’è anche quella contestatissima sui piani paesaggistici (articolo 48 e 49), perché in contrasto con le norme del Codice dei beni culturali e del paesaggio, «invadendo in tal modo la competenza riservata alla legislazione statale in materia di beni culturali». In particolare questi due articoli, la scorsa estate, erano stati fortemente criticati dalle associazioni ambientaliste, Legambiente in testa, e dal Movimento cinque stelle, sostanzialmente per due motivi: perché permettono deroghe per la realizzazione delle opere che la Regione considera di pubblica utilità, rispetto ai vincoli ambientali previsti dagli stessi piani paesaggistici; e perché, nel caso di Comuni inadempienti rispetto alle demolizioni ordinate dalla magistratura, la legge varata dall’Ars prevede il commissariamento solo delle figure politiche (sindaci, giunta e consigli comunale), facendo salvi i burocrati degli uffici. Tutto questo, secondo ambientalisti e pentastellati, avrebbe rappresentato un assist agli abusivi e un rischio per la tutela dell’ambiente. Ma adesso è il governo nazionale a mettere uno stop.
Il consiglio dei ministri impugna, perché priva di copertura finanziaria, anche la norma che metteva a disposizione dei Comuni fondi per redigere piani finalizzati alla rimozione e allo smaltimento dell’amianto. Anche in questo caso l’Ars aveva indicato in due milioni di euro la somma da mettere a disposizione, avvalendosi del Fondo di sviluppo e coesione 2014-2020. Impugnata anche un’altra norma, riguardante le professioni sanitarie, perché contrasterebbe «con i principi fondamentali della legislazione statale in materia di professioni».
Infine, violano i principi di coordinamento della finanza pubblica riservati allo Stato, anche le norme sul ticket sanitario (l’Ars aveva votato l’estensione ai minori affidati a comunità e famiglie dall’autorità giudiziaria); sul canone di demanio marittimo (era prevista l’istituzione di un registro da parte dell’assessorato al Territorio in cui classificare le concessioni delle spiagge in base alle specifiche caratteristiche ed ai requisiti posseduti); e sull’inserimento dell’Arpa come ente del servizio sanitario regionale (prevista l’applicazione al personale dell’Arpa del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro Sanità).
Per nulla preoccupato l’assessore regionale all’Economia Alessandro Baccei. «Non è stato impugnato nessun articolo sul Bilancio – spiega – si tratta di norme proposte da singoli deputati, scritte e votate dai parlamentari, e non su proposta del governo. Le uniche due disposizioni sulle quali l‘impugnativa è stata richiesta per mancanza (o inadeguata) copertura finanziaria si riferiscono a due norme (articolo 26 Fondo di sostegno alle imprese e articolo 23 Piano amianto) inserite per iniziativa parlamentare nel corso dell’iter legislativo, spesso da parte di deputati dell’opposizione».
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