Roberto Helg in un’intervista  «Falso che 90% a Palermo paga pizzo»

Risale a poco dopo Natale scorso la polemica che vide contrapposti il presidente della Camera di commercio di Palermo, Roberto Helgarrestato ieri per tangenti, e il delegato per la legalità di Confindustria nel capoluogo siciliano Giuseppe Todaro, che è anche componente di Addiopizzo, il quale aveva sostenuto in un’intervista al Giornale di Sicilia che il 90 per cento dei commercianti della città paga il pizzo. Helg aveva contestato quella percentuale e aveva sostenuto: «Non mi è chiaro se chi l’ha intervistato abbia capito bene quanto da lui detto. Mi sento di smentire categoricamente che il 90 per cento dei commercianti del cosiddetto salotto buono paghi il pizzo e mi rifiuto di credere che le forze dell’ordine diano a Todaro notizie così riservate». 

Sulla questione era intervenuto il Comitato di redazione del Giornale di Sicilia, che aveva parlato di «assolute anomalie» contenute nelle dichiarazioni di Helg, prima delle quali «la smentita di un’intervista non rilasciata da lui. È la prima volta che accade in 200 anni di giornalismo. Seconda anomalia, Helg ha chiuso le sue attività per fallimento, continuando a rappresentare gli altri imprenditori che invece le mantengono in vita. Non ci risultano altri casi simili». Helg, sempre in quella circostanza, aveva spiegato: «Da anni sostengo che la lotta al racket vada fatta tutti insieme e non una associazione contro un’altra: questa è una strategia di basso profilo e che non porta buoni frutti. I risultati ottenuti a Palermo dimostrano che la mia posizione è vincente e mi vedo costretto a chiedere all’amico Giuseppe Todaro di smentire quanto riportato a suo nome dall’articolo o di rilasciare altra intervista con l’elenco dei nomi di tutti i commercianti che continuano a pagare il pizzo nella zona bene di Palermo, negandolo poi alle Forze dell’ordine. Se l’amico Todaro ci darà i nomi che dice di conoscere, agiremo di conseguenza come facciamo da anni: contattando l’imprenditore per convincerlo a collaborare con le forze dell’ordine e, in caso di un suo rifiuto, sospendendolo dall’associazione, com’è ormai prassi consolidata».


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