Rimpasto, ipotesi cambio ai Beni Culturali e al Turismo Su voto ex Province il governo ripropone emendamento

A piazza Indipendenza a Palermo, dove i due palazzi della politica regionale si osservano a vicenda, è un gran chiacchiericcio attorno al rimpasto di giunta annunciato qualche giorno fa dal governatore Nello Musumeci. Un rimpasto che sembrava cosa fatta per i giorni successivi alla doverosa commemorazione di Sebastiano Tusa, prevista per il prossimo 10 giugno. Ma già ieri Musumeci è tornato a frenare, sottolineando che avverrà in estate e che «l’estate non è ancora arrivata».

È verosimile che i nuovi ingressi possano essere in tutto un paio, tre al massimo. «Non sarà un terremoto», ha evidenziato il governatore. Certo è che non terrà ancora a lungo l’interim della delega ai Beni culturali un tempo guidati da Tusa (al governatore piacerebbe potere cedere il posto alla moglie dell’archeologo). Ma anche che al Turismo potrebbe arrivare un nuovo esponente di Fratelli d’Italia (circola il nome di Manlio Messina, ma anche quello di Giampiero Cannella). Fermo restando che il gruppo che fa riferimento a Giorgia Meloni, dopo la frattura sulla candidatura di Raffaele Stancanelli, continui a sostenere questa esperienza di governo, anche in Aula.

Su un punto, Musumeci è sempre stato irremovibile: il governo rappresenta la geografia politica che è stata definita alle Regionali del 2017. Un modo british per sottolineare, da una parte, che non ci saranno ingressi in giunta che non rappresentino i soggetti politici che lo hanno sostenuto in campagna elettorale. Ma anche per ricordare alle «pecorelle smarrite» che, in caso di mancato sostegno, sono loro a tradire il patto con gli elettori, non il governatore.

Con questa linea, tenuta da Musumeci sin dall’insediamento, si risolve a monte anche il tema del gruppo «dei responsabili»: nei giorni scorsi, una voce insistente tra i corridoi dell’Assemblea raccontava il progetto di un nuovo gruppo politico tra forze centriste provenienti tanto da destra, quanto da sinistra. Ma, ancora una volta, il governatore avrebbe ricordato che le porte della giunta restano chiuse per chi ha sostenuto altri candidati alla presidenza della Regione. La prova di forza è passata proprio da sala d’Ercole, dove in molti hanno dato una lettura politica all’emendamento di rinvio del voto sulle ex Province, che portava in calce firme di deputati provenienti da gruppi politici differenti. 

E se a parlare nell’immediato era stato l’assessore alle Infrastrutture Marco Falcone, definendo il rinvio uno sbaglio madornale, ecco che ieri è arrivata la dura reprimenda di Musumeci. «Ieri il Parlamento, nella sua sovranità, ha ritenuto di rinviare la data delle elezioni provinciali, già fissata per il 30 giugno. Non posso in alcun modo condividere il posticipo di un anno delle elezioni di secondo livello e la permanenza di commissari, senza così dare possibilità alle comunità locali di essere coinvolte nella gestione degli Enti intermedi. Per questa ragione – continua – il governo proporrà un emendamento già nella seduta di martedì prossimo, ben prima che la norma approvata ieri possa essere promulgata. Ho sempre contestato l’elezione di secondo grado e rivendicato il diritto del cittadino a eleggere direttamente il presidente della ex Provincia. Ma la legge vigente – ancorché non condivisa – va rispettata, anche dal Parlamento siciliano». Una tempistica talmente stretta da far sorgere più di un sospetto sul fatto che il governatore voglia legare l’esito della votazione d’Aula alle sorti del rimpasto.


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