Riforma delle Province sotto l’occhio centralista (e prefettizio) di Roma

A differenza di Sala d’Ercole che ormai è pappa e ciccia con degli uffici del commissario dello Stato, il presidente della Regione, Rosario Crocetta, oggi, in conferenza stampa convocata a Palazzo d’Orleans, sede del Governo dell’Isola, ha provato a recuperare un po’ di dignità politica e istituzionale: “Basta con questo dialogo preventivo con il commissario dello Stato – ha detto – il nostro è un Parlamento. E’ giusto che il commissario dello Stato svolga il proprio lavoro. Però…

Insomma le foto che hanno immortalato il presidente della prima commissione legislativa dell’Ars (Affari istituzionali), Marco Forzese, assieme al commissario dello Stato forse è meglio farle sparire. Un Parlamento non può genuflettersi a un ufficio chiamato a verificare la costituzionalità delle leggi e non a fornire pareri preventivi sui disegni di legge.

Questo, forse, con riferimento alla legge che, a nostro modesto avviso, non abolisce le Province, ma – almeno in questa fase – si limita a preparare il commissariamento (di sei amministrazioni provinciali, perché altre tre sono già commissariate) è stata la parte più interessante che il presidente Crocetta ha dedicato a questo argomento.

Confessiamo che quella di stamattina è stata la prima conferenza stampa del presidente Crocetta alla quale abbiamo assistito. Una conferenza stampa un po’ strana, senza un ordine di argomenti prestabilito, un po’ ‘randomizzante’, ma tutto sommato piacevole (dei problemi del bilancio vi abbiamo parlato qui).

Da apprezzare, come già accennato, la dignità istituzionale che il presidente Crocetta ha provato a recuperare non tanto per sé, quanto per un’Assemblea regionale siciliana che ormai fa le ‘fusa’ a tutti i poteri: alla Corte dei Conti, al commissario dello Stato e, in generale, a chi comanda o dice di comandare.

Giusta anche la sua risposta alla domanda di un giornalista sull’eventualità che il commissario dello Stato impugni la legge che libera le Province, se così si può dire, dagli organi elettovi: “Non credo che lo farà – ha detto – perché ci stiamo muovendo nel solco di un progetto politico nazionale. In ogni caso, se dovesse accadere, ci difenderemo. Vedremo, eventualmente, a chi darà ragione la Corte Costituzionale”.

Ovviamente, il presidente della Regione è convinto che questa legge e la prossima, messe insieme, aboliranno le Province. Su quello che succederà dopo l’approvazione di questa legge, prevista per oggi, a nostro modesto avviso c’è un po’ di confusione.

Va detto, per onestà di cronaca, che tutte le volte che l’Ars ha provato ad applicare l’articolo 15 dello Statuto le ambiguità si sono sprecate. Stavolta la partenza era stata giusta: da qui l’intervento ‘preventivo’ – a nostro avviso fuori luogo – del commissario dello Stato.

Questo perché, pur nella sua essenzialità, l’articolo 15 dello Statuto è ‘esplosivo’. Rileggiamolo ancora una volta:

“Le circoscrizioni provinciali e gli organi ed enti pubblici che ne derivano sono soppressi nell’ambito della Regione siciliana. L’ordinamento degli enti locali si basa nella Regione stessa sui Comuni e sui liberi Consorzi comunali, dotati della più ampia autonomia amministrativa e finanziaria.  Nel quadro di tali principi generali spetta alla Regione la legislazione esclusiva e l’esecuzione diretta in materia di circoscrizione, ordinamento e controllo degli enti locali”.

Di fatto, le Provincia vengono abolite. Per essere sostituite da “liberi Consorzi comunali”. Ovviamente, se vengono meno le Province, vengono meno i Prefetti. Come abbiamo più volte scritto, l’obiettivo dei Padri dell’Autonomia era, in parte, quello di valorizzare i Comuni e, in parte (preponderante), quello di liberare la Sicilia dalle prefetture. Per conferire i poteri di Polizia al presidente della Regione, come prevede l’articolo 31 dello Statuto.

Questo è il motivo per il quale Roma ha sempre temuto l’articolo 15 dello Statuto. Motivo per il quale non è mai stato applicato. Nel 1963, quando si introdusse l’elezione dei presidenti delle province (i presidenti, fin’allora, erano delegati del presidente ella Regione: quello che, di fatto, sta succedendo con i commissariamenti) e dei consiglieri provinciali, l’articolo 15 venne appena nominato.

Un po’ più di coraggio il Legislatore regionale lo ha dimostrato nel 1986, con la legge n. 9. Fu allora che le “Nuove Province regionali” (che poi erano sempre le stesse) vennero contrabbandate per Consorzi di Comuni, scimmiottando in malo modo l’articolo 15 dello Statuto. Roma, allora, impose le 9 vecchie Province e i 9 Prefetti. Dando la possibilità, puramente teorica, di costituire qualche altra nuova Provincia (allora si parlava di Caltagirone). Tutto ovviamente sfumato nel nulla.

Oggi l’Ars ci sta riprovando. In modo confuso ed incerto. Senza un dibattito politico di ampio respiro. Con un maxi emendamento. E con lo sguardo puntato del commissario dello Stato – che alla fine è un Prefetto – messo a fare la guardia da Roma. Una ‘Capitale’ che, come sempre, intrufolandosi nei fatti siciliani, non ne vuole sentire di abolire le nove Province sede delle Prefetture.

Per fargli ‘inghiottire’ la pillola si sta provando a specificare che Palermo, Catania e Messina resteranno città metropolitane. E che altri sei Consorzi di Comuni dovranno vedere la luce attorno agli altri sei capoluoghi di Provincia. Così lo Stato centrale salva i Prefetti. Ma la Sicilia, così facendo, contravviene all’articolo 15 dello Stato che, come abbiamo letto, indica nei “liberi Consorzi comunali” i sostituti delle Province.

Dove per liberi s’intende, senza ombra di equivoci, che debbono essere i Comuni a dare vita ai Consorzi e non l’Ars con una legge. Semmai, a Consorzi costituiti, Sala d’Ercole dovrebbe prenderne atto con una legge.

Dunque, i “liberi Consorzi comunali”, se costituiti dai Comuni, come prevede l’articolo 15 dello Statuto, farebbero saltare i Prefetti e gli uffici periferici dello Stato che presentano un’articolazione provinciale. Questo i Padri dell’autonomia lo sapevano benissimo: e forse è proprio per questo che hanno formulato l’articolo 15.

Per completezza di cronaca, salterebbero anche gli uffici periferici dell’amministrazione regionale: tema grossissimo che non è stato nemmeno sfiorato dal dibattito di questi giorni, né dentro, né fuori dall’Ars.

Oggi, in conferenza stampa, il presidente Crocetta ha indicato anche i compiti che i Consorzi di Comuni dovrebbero svolgere, dalla gestione dell’acqua ai rifiuti. Argomenti che, in ogni caso, dovrebbero essere affrontati dai Comuni e, solo dopo la decisione degli stessi Comuni, normati con una legge regionale.

Anche sul numero degli abitanti le prescrizioni introdotte con legge non convincono. E’ inutile scrivere nella legge che i Consorzi di Comuni dovranno raccogliere non meno di 150 mila abitanti. Perché, come ha riconosciuto lo stesso Crocetta citando il caso dei Nebrodi e dei Peloritani, ci potrebbero essere Comuni montuosi, o delle aree interne dell’Isola (zone spopolate) che avrebbero tutto il diritto a dare vita ai Consorzi di Comuni anche con un numero di abitanti nettamente inferiore a 150 mila unità.

In ogni caso, che si torni a discutere di questi argomenti è un fatto positivo. 

Art. 37 dello Statuto, venerdì il giorno del giudizio: Crocetta e Bianchi da Grilli

 

 

 


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A differenza di sala d’ercole che ormai è pappa e ciccia con degli uffici del commissario dello stato, il presidente della regione, rosario crocetta, oggi, in conferenza stampa convocata a palazzo d’orleans, sede del governo dell’isola, ha provato a recuperare un po’ di dignità politica e istituzionale: “basta con questo dialogo preventivo con il commissario dello stato - ha detto - il nostro è un parlamento. E’ giusto che il commissario dello stato svolga il proprio lavoro. Però. . .

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A differenza di sala d’ercole che ormai è pappa e ciccia con degli uffici del commissario dello stato, il presidente della regione, rosario crocetta, oggi, in conferenza stampa convocata a palazzo d’orleans, sede del governo dell’isola, ha provato a recuperare un po’ di dignità politica e istituzionale: “basta con questo dialogo preventivo con il commissario dello stato - ha detto - il nostro è un parlamento. E’ giusto che il commissario dello stato svolga il proprio lavoro. Però. . .

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