Guida il dicastero da aprile, ma ha già rivoluzionato la proposta del suo predecessore. In Italia le autorità portuali si ridurrebbero da 24 a 8. Gli equilibri nell'Isola cambierebbero. E potrebbero anche ridursi le lotte di potere locali che hanno paralizzato la gestione degli enti
Riforma dei porti secondo Delrio, unica autorità in Sicilia Catania e Augusta con Palermo, Messina con la Calabria
Un cambiamento radicale per il futuro dei porti siciliani. E’ quello che prevede la bozza di riforma varata dal nuovo ministro dei Trasporti Graziano Delrio che, da pochi mesi alla guida del dicastero, ha messo da parte le idee del suo predecessore Maurizio Lupi e ha puntato deciso verso una forte semplificazione: da 24 autorità portuali sparse per l’Italia si passerebbe a otto. Il cui nome cambierebbe in Autorità di sistema portuale. In Sicilia ne resterebbe solo una in cui confluirebbero i porti di Palermo, candidata a diventare la sede principale del nuovo ente, Augusta e Catania. Messina invece verrebbe attratta da Gioia Tauro, andando a finire nell’autorità della Calabria e dello Stretto.
Una rivoluzione da cui, ancora una volta, è evidente l’impronta renziana: agire e accentrare le competenze. «Un settore così strategico per lo sviluppo del Paese – si legge nella bozza di quasi 200 pagine resa nota dal quotidiano genovese Il Secolo XIX – come quello della portualità e della logistica determina la necessità di porre le scelte di pianificazione e gestionali nelle mani di un soggetto pubblico che abbia il controllo delle risorse finanziarie; […] che sia adeguatamente autonomo rispetto ai possibili condizionamenti di portatori di interessi locali, siano essi soggetti politici o economici, superando la debolezza e il localismo di molte delle attuali Autorità Portuali; che si possa porre quale interlocutore unico degli utenti (lato terra e lato mare) del porto, essendo titolare di tutte le competenze amministrative».
Un esempio di debolezza e di condizionamento di interessi locali è certamente rappresentato dal caso di Catania, dove il piano regolatore portuale è atteso da più di 20 anni. Una vicenda ben spiegata da un’analisi di Giancarlo Minaldi, docente di Politiche pubbliche all’Università di Palermo. Catania è anche l’unico, tra i porti italiani coinvolti dalla riforma, a non essere incluso in nessuna classificazione dell’Unione Europea. Palermo ed Augusta sono considerati Core, cioè strategici al pari, nel resto del Meridione, di Napoli, Gioia Tauro, Taranto e Bari.
A prendere con le molle il documento è Vincenzo Garofalo, parlamentare di Area popolare, membro della commissione Trasporti alla Camera ed esperto per le infrastrutture del Mezzogiorno, durante il dicastero di Maurizio Lupi: «L’ufficialità si avrà solo quando il piano della logistica sarà depositato dal ministro. Cosa che non mi risulta sia ancora avvenuta». A Messina l’ipotesi di staccarsi dal resto dei porti siciliani non sembrerebbe dispiacere. Garofalo, tecnico della materia anche in virtù dei suoi trascorsi da presidente dell’Autorità portuale di Messina, si dice in ogni caso scettico sulla possibilità che l’accorpamento delle governance costituisca la cura del male: «Secondo me è essenziale che i porti vengano inseriti nel sistema della logistica, affinché tutto sia messo a sistema, contribuendo a un piano nazionale di efficientamento. Questo aiuterebbe anche altri settori, come quello manufatturiero, quello del commercio».
Un altro aspetto da superare, secondo l’esponente del Nuovo centrodestra, sono «le duplicazioni o le concorrenze inutili». «Il problema – ripete – non si risolve con la riduzione dei presidenti delle Authority ma lavorando a un sistema che coinvolga tutti. Procedendo agli accorpamenti, si rischia di ridurre i protagonisti sul territorio. Il vero obiettivo, semmai, deve essere coordinarli».
La bozza della riforma spiega come l’autorità di sistema portuale sarà composta da un presidente di nomina ministeriale di concerto con il presidente delle regioni interessate, un membro nominato da ciascuna regione e città metropolitana per un massimo di cinque membri, e dai direttori delle direzioni portuali (cioè tutte le attuali autorità portuali) ma senza diritto di voto. In ciascuna direzione portuale ci sarà un Comitato di Cluster Marittimo con funzioni consultive di partenariato economico-sociale, in cui saranno presenti i rappresentanti delle categorie di settore interessate e delle associazioni datoriali.
Un piano che, in Sicilia, accentrerebbe le funzioni a Palermo, ma permetterebbe anche di avere un unico ente in grado di programmare e spendere i finanziamenti. Soprattutto quelli europei del programma 2014-2020 destinati a trasporti e logistica, altro tema su cui il governo Renzi sta lavorando e da cui si attendono nelle prossime settimane novità. Sempre partendo dallo stesso principio: semplificare e accentrare.