Rifiuti, il rapporto della Commissione antimafia «Cosa nostra si sta disinteressando al settore»

«La mafia non governa a Palermo, ma la gestione dei rifiuti è un sistema criminogeno, soprattutto per via di una confusione legislativa». Sono le parole con cui il sindaco di Palermo Leoluca Orlando ha aperto il convegno La gestione dei rifiuti in Sicilia a Palazzo Chiaramonte Steri presso la sede del Rettorato, organizzato in collaborazione con la Commissione parlamentare d’indagine sul ciclo dei rifiuti. «Rischiamo di ridare alla mafia quello che gli abbiamo tolto dopo Ciancimino», aggiunge il primo cittadino palermitano, che non usa mezzi termini. Che la situazione in Sicilia sia critica lo evidenziano tutti gli ospiti del convegno. Tante, tuttavia, sono le assenze: manca l’onorevole Rosy Bindi così come il procuratore di Palermo Franco Lo Voi.

Emergenza è la parola più frequente che si legge nelle oltre 300 pagine del rapporto finale scaturito dall’indagine condotta dalla commissione. L’obiettivo è tirarsi fuori dallo stato di emergenza dichiarato nel 1999. E per farlo occorre la sinergia di istituzioni e cittadini insieme. «La strategia iniziale prevedeva che i Comuni col tempo non si occupassero più della gestione dei rifiuti – spiega l’onorevole del Pd Alessandro Bratti -. Bisogna attivarsi per trovare luoghi fuori dai confini regionali in cui portare i rifiuti. In Italia la situazione è satura, dobbiamo puntare all’estero». Oltre un miliardo sarebbe, poi, il debito contratto dalle 27 Ato (Ambito territoriale ottimale). «La regola base che deve valere per tutte le regioni – continua Bratti – è che la mala gestione dei rifiuti richiama l’attenzione della criminalità organizzata».

Tuttavia, la situazione in Sicilia sembra lentamente migliorare, soprattutto dal punto di vista delle infiltrazioni mafiose. «Cosa nostra si può considerare ecomafia?», si domanda Leonardo Agueci, procuratore aggiunto di Palermo. Che poi aggiunge: «La risposta immediata sembrerebbe essere negativa». Secondo il magistrato, infatti, sarebbero pochi i fascicoli della Dda su reati ambientali. «Cosa nostra è sempre più disinteressata nell’ambito del controllo continuo del territorio e questo si collega al sistema della gestione dei rifiuti. Dobbiamo insistere su questa via», chiarisce Agueci. 

È dello stesso avviso anche Vania Contrafatto, assessora regionale all’Energia: «La situazione fotografata dalla Commissione non è la stessa che caratterizza la Sicilia in questo momento. Si sono fatti dei grossi passi avanti, continuano le criticità sui luoghi di smaltimento dei rifiuti però c’è un sensibile incremento, rispetto a inizio anno, della raccolta differenziata. Tutte le procedure che stiamo mettendo in campo per implementare gli impianti vanno avanti. Il punto di grande novità del piano rifiuti è l’abbandono del concetto di discarica – prosegue Contrafatto -. In Sicilia utilizziamo residui di discariche precedentemente autorizzate e per la data fatidica del 2023, come stabilito dal regolamento europeo, contiamo di essere nelle condizioni di non utilizzarle più. Nell’ultimo anno con grande difficoltà – conclude l’assessora – si è andati verso una gestione dell’ordinario, non ci sono più situazioni che si trascinano in maniera cronica come in passato».

«Sul sistema dei rifiuti si sono costruite carriere e percorsi inimmaginabili», aggiunge Nello Musumeci, presidente della Commissione regionale antimafia. «La burocrazia è il vero cancro della Sicilia, è questa la conclusione di questa indagine». Secondo il presidente, infatti, il problema dei rifiuti è da ricondurre alla politica che non ha vigilato e, in primis, alla condotta dei sindaci e alla loro mancata sensibilità. «Credo che la politica debba arrivare prima della procura, deve saper fiutare il marcio, non può delegare tutto alla magistratura – conclude il deputato regionale -. Il problema dei rifiuti in Sicilia è la prova che la politica ha fallito dal punto di vista del controllo e della programmazione».  


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