L'ultima fotografia fa riferimento al mese di luglio. Tenendo conto dei primi sette mesi dell'anno la media regionale è stata del 39,4 per cento. Molti piccoli centri spiccano. Palermo e, soprattutto, Catania continuano a fare male. Il 2020 porterà la riforma?
Rifiuti, il 2019 si chiuderà tra luci (poche) e ombre Differenziata sale, ma Città metropolitane stentano
Oltre un terzo di Comuni sopra il 65 per cento di differenziata. Ben 38 che non riescono neanche a toccare il 30 per cento. Gli ultimi dati sulla raccolta differenziata in Sicilia possono essere letti in modi diversi, dando spazio a interpretazioni più o meno positive, indipendentemente dalla personale sensibilità al clima natalizio. La fotografia sulla gestione della spazzatura nell’Isola, a conclusione dell’anno, viene fuori da uno specchietto che fa riferimento al mese di luglio, l’ultimo sul quale il dipartimento regionale Acque e rifiuti ha ricevuto dai Comuni una quantità sostanziale di informazioni utili a tracciare un quadro generale.
Il primo dato a spiccare è la media registrata a livello regionale tenendo conto dei primi sette mesi dell’anno: 39,4 per cento. Il panorama, però, è frastagliato e conferma le differenze marcate tra centri virtuosi, dove la differenziata è entrata a regime riuscendo a coinvolgere le popolazioni nella separazione per tipologia per rifiuti, e altri in cui si continua a che fare con una generica munnizza. Lontana da qualsiasi concezione di riciclo, e per questo materia buona soltanto a ingolfare le discariche. Il più delle quali private. E così il più buono tra i buoni risulta Contessa Entellina, in provincia di Palermo, dove la differenziata in media ha raggiunto il 91,7 per cento. Seguono Longi, nel Messinese, con il 90,4, e Calamonaci, in provincia di Agrigento, i cui abitanti da gennaio a luglio hanno separato in media l’87,8 per cento dei rifiuti. Dall’altra parte della graduatoria, si trovano cinque Comuni che non arrivano alla doppia cifra percentuale: il peggiore di tutti è Bolognetta, nel Palermitano, con un misero 2,6 di media, ma vanno male anche Palma di Montechiaro, Licata, Lampedusa e Linosa e Pagliara. Per quest’ultimo, tuttavia, va sottolineato come il dato medio conti poco: la differenziata, infatti, è sostanzialmente partita proprio a luglio con un ragguardevole 52,4 per cento.
Al netto di curiosità e campanalismi, l’attenzione maggiore va data alle grandi città. È in esse che si produce il maggior numero di rifiuti e, per questo, si trovano le maggiori difficoltà nel gestire la raccolta. Il mese di luglio così conferma la situazione ancora pressoché sconfortante del Comune di Catania, dove la differenziata è stata dell’11,1 per cento. Va appena meglio Palermo con il 17,4, mentre terz’ultima è l’altra Città metropolitana, Messina, con il 23,7. A salire si trova poi Siracusa, dove si registra l’ultimo dato realmente negativo (29 per cento). Gli altri capoluoghi, infatti, fanno abbastanza bene: se il 46,6 per cento di Caltanissetta è il dato più alto per la città nei primi sette mesi dell’anno, a Enna si arriva al 55,3 per cento. Meglio ancora fanno Trapani e Ragusa, rispettivamente con il 65,7 e 69,6 per cento. Prima nella ristretta classifica, Agrigento, dove la differenziata a luglio ha toccato il 73,1 per cento.
Oltre le cifre, però, c’è un settore che, nonostante il trend in costante crescita, aspetta ancora di fare il salto di qualità. La Sicilia, infatti, di recente ha avuto la conferma di essere la regione italiana messa peggio in tema di gestione dei rifiuti. A dirlo è l’ultimo rapporto Ispra, in cui l’Isola si distingue in positivo rispetto a quasi tutto il resto d’Italia solo per una riduzione nella produzione di spazzatura, che gli esperti però legano al Pil siciliano. Come dire che se si producono meno rifiuti è solo perché si è più poveri che altrove. Per il resto, l’anno che sta per concludersi porterà in dote al 2020 il disegno di legge di riforma del settore che, stando agli auspici del governo Musumeci, dovrebbe mettere le basi per il cambiamento, ma che da mesi è ferma all’Ars.