Legalità, trasparenza e impegno. Sono le parole chiave delle dichiarazioni dell'assessore all'Ecologia del Comune di Catania. Intervenuto oggi a una conferenza stampa sul tema dei trasporti, senza nascondere un certo fastidio risponde alle domande di MeridioNews sull'inchiesta Garbage affair. Guarda il video
Rifiuti e corruzione: D’Agata e i controlli agli uffici «Non mi dimetto, io sempre onesto e trasparente»
«Noi continuiamo la nostra attività amministrativa come abbiamo fatto, improntandola alla massima legalità, alla massima trasparenza e, soprattutto, al massimo impegno. Come la mia vita e la mia esperienza in questo assessorato hanno dimostrato». L’assessore all’Ecologia Rosario D’Agata era presente, questa mattina, a una conferenza stampa sulla mobilità integrata Amt e metropolitana. Accanto a lui c’era anche il sindaco Enzo Bianco, impegnato a parlare di trasporti. Se il primo cittadino, però, subito dopo la presentazione della convenzione è andato via senza rilasciare dichiarazioni, il componente della giunta si è fermato con i cronisti. «Se dobbiamo parlare di trasporti, va bene», dice D’Agata. Le domande, però, non possono non vertere sull’inchiesta Garbage affair della procura di Catania. Un’indagine che ieri ha travolto Palazzo degli elefanti e la gestione della raccolta dei rifiuti, facendo emergere un presunto sistema di corruzione tra dirigenti e funzionari comunali e imprenditori del settore.
Uno scandalo di proporzioni clamorose, anche perché a finire sotto la lente della magistratura sono state anche due persone nei confronti delle quali Bianco nutriva la massima fiducia: il responsabile della Nettezza urbana Orazio Fazio e il ragioniere generale Massimo Rosso. Da più parti sono state richieste le dimissioni del primo cittadino e del suo assessore. Entrambi, però, hanno glissato su questo aspetto. Almeno fino a questa mattina. «Allo stato attuale non c’è nessuna azione che possa farmi pensare a un’ipotesi di quel genere», dice D’Agata, visibilmente infastidito, a MeridioNews.
È ancora l’assessore a rimandare alla direzione Ecologia le scelte sull’organigramma. Quelle stesse scelte che hanno fatto sì che un lavoratore come Fazio abbia scalato molto rapidamente i vertici degli uffici, fino a diventare il responsabile dell’esecuzione del servizio di igiene urbana in città. Passando prima dal gabinetto del sindaco e successivamente dagli uffici dell’Ecologia. Dove il suo dirigente era Leonardo Musumeci, anche lui adesso sotto indagine della magistratura. «Come era Fazio poteva essere un’altra persona – prosegue l’esponente della giunta – Non è una scelta politica. La gestione dipende da altri. In ogni caso perché evidentemente era una persona che lavorava». Eppure, prima degli arresti di ieri, le perplessità sull’operato di Fazio erano emerse anche sulla stampa. Era stato proprio questo giornale a sottolineare la mancata erogazione delle sanzioni per i disservizi del raggruppamento Seneco, composto da Senesi ed Ecocar. Il proprietario di quest’ultima sarebbe stato il corruttore di Rosso e Fazio, tramite il pagamento di affitti, vacanze, computer e cellulari.
«Noi costantemente monitoriamo la questione – afferma l’assessore in riferimento alle penali – e abbiamo attuato degli articolati cambiamenti di organigramma». Vale a dire la rimozione di Fazio dal ruolo di responsabile dell’esecuzione dell’appalto, avvenuta solo dopo gli approfondimenti di MeridioNews e le accuse del movimento politico Catania bene comune sugli importi delle multe comminate a Seneco. «I rapporti tra controllore e controllato non venivano rispettati neanche a livello formale», risponde a questa testata l’ingegnere Salvatore Cocina, che da novembre 2014 a novembre 2015 ha gestito l’ufficio Ecologia del Comune di Catania. È stato lui ad andare via dopo un pesante scontro con il sindaco a proposito proprio dell’applicazione delle penali, ma alle ditte all’epoca in servizio: Ipi-Oikos. Sentito dai magistrati, Cocina aveva parlato – all’inizio del 2017 – di familiarità tra Fazio e i lavoratori e di un’interessamento del primo affinché le multe non partissero.
«L’indagine di oggi dimostra che dietro a quella familiarità c’erano scambi di favori – continua l’ex dirigente comunale – Durante la mia gestione io ho rigidamente applicato il contratto, che prevedeva delle penali. Sia quelle sugli obiettivi di qualità del servizio, sia quelle sul mancato raggiungimento dei livelli di differenziata. Si è creato un clima ostile e sono venute meno le condizioni di fiducia con l’amministrazione». Un eufemismo usato per definire, in realtà, un muro contro muro con il primo cittadino. «La magistratura ha ristabilito la verità», conclude l’attuale dirigente regionale del dipartimento Rifiuti.