Ri-coltiviamo, la sfida di un’agricoltura sostenibile e inclusiva «Progetto connette le fragilità sociali con il mondo produttivo» 

Valorizzare terre incolte seminando futuro. Un progetto di agricoltura sociale della durata di quattro anni finanziato dalla Fondazione per Il Sud ed Enel Cuore Onlus per oltre 400mila euro. Ri-coltiviamo coinvolge sette partner (Consorzio di ricerca Gian Pietro Ballatore, Servizio e promozione umana, LIFE and LIFE, NO Colors, Agripantel, Sicilia Isola dei Tesori) per rendere l’esperienza fruibile e utile a 360 gradi alle persone che vivono una condizione di fragilità. All’iniziativa partecipano 50 disabili psichici, 600 pazienti oncologici e 100 migranti. Grazie alla sinergia tra i partecipanti, saranno coltivati e valorizzati due terreni a Partinico e a Calatafimi, che torneranno a produrre grani antichi, ortaggi, ulivi e piante officinali. «Il progetto si prefigge due finalità – spiega Delfina Bambina, della cooperativa Rossa Seradi valorizzare terre incolte del Sud e di dare inclusione lavorativa sociale alle persone svantaggiate. La lavorazione dei terreni e la produzione dei prodotti agricoli saranno svolti da persone che vivono un disagio fisico e psichico, ma il progetto ha anche uno scopo educativo e culturale. È infatti aperto alle scuole, dove i ragazzi potranno toccare con mano un mondo che viene da loro poco conosciuto come quello delle disabilità che all’interno di questa iniziativa è collegata con la produttività». Prevista inoltre la realizzazione di un’area dedicata all’orto-terapia di 1500 metri quadri, rivolta alle scuole e ai ragazzi disabili, per percorsi terapeutici con spazi dedicati: con il bordo inclinato o fornito di bancali rialzati o ancora serre per lavorare durante il periodo invernale. Ci sarà anche un’area dedicata alle erbe aromatiche. 

Un progetto realizzato grazie anche alla collaborazione con il dipartimento di oncologia del Policlinico Paolo Giaccone. Una relazione quella tra il mangiare sano e la salute che ormai è entrata nella vita quotidiana di tutti anche se la «corretta alimentazione non è solo quello che si mangia, ma comprende la cultura del cibo nella sua interezza – sottolinea l’oncologa Lorena Incorvaia – quindi da un lato, attraverso il rapporto diretto con il coltivare i campi si cura la sfera emotiva e emozionale, dall’altra particolare riguardo si dà anche ai fattori ambientali che contribuiscono all’insorgere del cancro. Tra questi l’alimentazione è un aspetto fondamentale perché è correlata alle neoplasie del tratto gastroenterico, come colon, stomaco ed esofago. In particolare riscoprire i grani antichi è importante perché si è visto che oltre a ridurre l’apporto di proteine e grassi e aumentare quello di frutta e verdura è importante l’introduzione nella dieta di cereali, fibre e legumi che costituiscono senza dubbio una risorsa per l’organismo».

Un altro aspetto curato nel progetto è infatti proprio quello della ricerca e della riscoperta dei grani antichi, varietà locali di conservazione, che «rappresentano un patrimonio di biodiversità genetica  – spiega Giuseppe Russo, del consorzio di ricerca Gian Pietro Ballatore – Si stanno studiando queste varietà di grani antichi per verificare l’impatto positivo sul alcune persone affette da gluten sensivity (sensibilità al glutine ndr), fenomeno che interessa circa l’8 per cento della popolazione mondiale, e l’assunzione di alcune varietà locali, come ad esempio il perciasacchi o il grano monococco». La sfida, aggiunge Russo, è quella di trasformare l’assunzione dei grani antichi in «una scelta culturale piuttosto che una moda». Queste varietà hanno infatti un minor impatto ambientale e si prestano bene all’agricoltura biologica. Inoltre si può scegliere di consumare grano siciliano che «cresce in un ambiente secco – conclude Russo –  ha un umidità bassa che lo protegge dalle muffe e quindi dalla produzione di micotossine cancerogene». 

Il progetto dovrebbe poi sfociare nella costituzione di una cooperativa. I prodotti, conserve e pasta, saranno poi realizzati grazie al’intervento di Agripantel sotto la supervisione del Consorzio, che realizzerà le condizioni per metterle sul mercato. Al dettaglio poi saranno venduti a Villa Adriana o commercializzati sulla base di un modello di filiera corta e sul sito di e-commerce.


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