Dall'Iran, passando per l'Afghanistan e il Ruanda, Reza Deghati è arrivato in Sicilia per realizzare il sogno di Fiumara d'Arte e Antonio Presti: un grande museo fotografico che aiuti a «scavare nei problemi di Librino, come nella lava dell'Etna»
Reza e Librino, come la lava dell’Etna
«L’avvenire appartiene a quelli che credono nella bellezza dei propri sogni. La somma di questi sogni è ciò che ha fatto progredire l’umanità». Le parole di Reza Deghati, il grande fotografo iraniano del National Geographic fondatore dell’agenzia Webistan e di AINA, si riferiscono a un sogno ben concreto, il progetto “Terzocchio Meridiani di Luce” della Fondazione Fiumara d’Arte di Antonio Presti, che vuol fare di Librino un grande museo a cielo aperto, con la fotografia in primo piano. «Dopo la Porta della Bellezza è il tempo della maturità, dell’utopia che prende corpo» afferma Antonio Presti presentando il progetto al Coro di Notte del Monastero dei Benedettini. Insieme con Reza e Presti anche il professor Francesco Ruggeri, docente di Storia e tecnica della fotografia alla Facoltà di Lingue e alla Facoltà di Lettere di Catania, Sebastiano Favitta, presidente della galleria fotografica “Luigi Ghirri” di Caltagirone, e Cristina Bertelli, coordinatrice artistica.
La prima parte del progetto ha un nome evocativo “La mia terra, la mia famiglia”, e dice molto del valore sociale e politico dell’iniziativa, di cui Presti comunica le cifre titaniche «Coinvolgerà 30 mila persone, 100 bambini scelti dalle realtà attive del quartiere dovranno contattare 300 persone ciascuno. Le persone coinvolte verranno fotografate, e le foto andranno a formare una grande mostra in Piazza dell’Elefante. Questo grande archivio fotografico sarà realizzato dai 40 fotografi siciliani scelti in questi mesi». Reza ha giudizi lusinghieri per i fotografi siciliani «Qui c’è una conoscenza dell’immagine molto forte, che non aspetta altro che diventare internazionale».
Buio in sala, e un documentario del National Geographic mostra l’impegno umanitario di Reza: nel 1996 con l’UNICEF avviò “Lost Children Portrait”. Furono realizzate in Ruanda foto di 12000 bambini dispersi, affisse in 5 campi per rifugiati, e grazie a questo 3500 di loro ritrovarono i genitori. Un’esperienza che da lontano ricorda quella che faranno i fotografi a Librino.
Come sottolinea il professore Ruggeri, riprendendo un concetto caro a Reza “Fare guerra alla guerra con le foto“ «La fotografia può cambiare il mondo, perché ha un valore etico oltre che estetico, e questo valore si inserisce nel grande puzzle che è il progetto di Fiumara d’Arte». Puzzle di cui a poco a poco vengono rivelate le restanti tessere «Mi occuperò del museo fotografico» afferma Sebastiano Favitta, che parla della “città Librino” «gli abitanti sono stati considerati solo numeri fino ad oggi».Cristina Bertelli cita in un aneddoto un giovane librinese «Quando la sera torno a casa, vedo la Porta della Bellezza e penso: a Librino non tutti sono cattivi». Del resto, come spiega Presti «Quello che vogliamo fare è restituire consapevolezza sociale. Le foto di Reza verranno proiettate sulle facciate cieche di alcuni palazzi, gigantografie che faranno dire “Io sono bello e me ne vanto” ai passanti che si vedranno ritratti». Il fotoreporter iraniano chiude l’incontro con una esortazione ai catanesi: «Ho osservato la pietra lavica in città: avete trasformato una forza distruttrice in bellezza. Ma i problemi delle periferie non sono molto più duri della lava dell’Etna.»