Dal 2011 in Italia i revisori contabili vengono sorteggiati. La nuova norma, nata per garantire maggiore trasparenza ed evitare che il controllato scelga il controllore, nell'Isola non ha trovato spazio. Nonostante un disegno di legge e l'attività di sensibilizzazione di un commercialista catanese
Revisori contabili, si continua a nominarli Sicilia non ha recepito riforma nazionale
Il revisore contabile ha il compito fondamentale di verificare l’esercizio economico di un Comune. Assume quindi il ruolo di controllore sul bilancio: garantisce l’equilibrio e la correttezza di scelte prese da altri. Così succede nel privato e nel pubblico. La nomina del revisore contabile, negli enti pubblici, fino a pochi anni era elettiva in tutta Italia. Ciò comportava – quasi automaticamente – un meccanismo in cui a nominare il controllore era chi doveva essere controllato.
Una pratica che Calogero Cittadino, commercialista e revisore dei conti, presidente dell’associazione Kataneconomie e referente di Certificazione Etica, non esita a definire «un sistema feudale e di schiavitù». Tuttavia, il legislatore nazionale, già cinque anni fa, ha posto fine alla nomina elettiva dei revisori contabili, decidendo l’introduzione di un nuovo sistema. Il decreto legge 138 del 2011 prevede l’istituzione di un elenco regionale dei revisori dei conti e l’introduzione di una modalità di selezione casuale, organizzata dalla prefettura tra coloro che posseggono i requisiti. Con questa scelta, il parlamento ha ripreso il principio compreso nella Costituzione, secondo cui «i pubblici uffici sono organizzati in modo che siano assicurati il buon andamento e l’imparzialità dell’azione amministrativa».
Nel caso della Sicilia, però, entra in gioco lo statuto speciale che fa sì che il provvedimento legislativo nazionale non sia valido nelle cinque regioni autonome. A meno che, si intende, che non sia il legislatore regionale ad accogliere la nuova norma. E così, i fatti dicono che il sorteggio del revisore si è fermato a Reggio Calabria. A differenza di quanto accaduto in Sardegna, dove la Regione ha introdotto la nuova pratica nel proprio ordinamento. «È frutto del continuo tentativo di negare la trasparenza» commenta Cittadino, che per il terzo anno consecutivo ha inviato una nota indirizzata al presidente della regione Rosario Crocetta, al presidente dell’Assemblea regionale Giovanni Ardizzone e a tutti i gruppi parlamentari, in cui chiede l’approvazione di una legge che ratifichi la scelta. Ostinato, cerca di mantenere alta l’attenzione sul tema. «Sono numerosi i comuni che hanno già dichiarato il dissesto finanziario, eppure non esiste un revisore che abbia espresso parere negativo sui conti» prosegue il commercialista.
All’Ars, comunque, una proposta è già arrivata. La portavoce etnea del Movimento 5 stelle Gianina Ciancio, due anni fa, ha presentato un disegno di legge che «mira a garantire maggiore trasparenza negli atti». Da allora, però, nulla è stato fatto e il testo è rimasto bloccato a Sala d’Ercole. Da parte sua, Cittadino non si è fermato e di recente ha lanciato una petizione, attraverso la nota piattaforma on-line change.org.