Restauro della Cattedrale da due milioni di euro Ance: «Ma è stato dato con un ribasso del 40%»

Il ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli ieri ha presentato in pompa magna l’appalto per il restauro della Cattedrale di Palermo. Con un importo dei lavori da due milioni di euro. Una notizia positiva, almeno a prima vista. Ma a farne le pulci arriva l’Ance di Palermo, l’associazione nazionale che raggruppa i costruttori edili. Che in una nota segnala come Toninelli «ha omesso di dire che è stato aggiudicato con oltre il 40 per cento di ribasso. Non basta che crollino ponti e viadotti: evidentemente la politica ha bisogno che anche un monumento noto in tutto il mondo e che ha resistito quasi mille anni vada incontro a tale rischio, per capire che il fenomeno dei ribassi eccessivi va a scapito della qualità e della sicurezza e, quindi, è causa di crolli, incompiute e decessi nei cantieri».

Secondo l’associazione, inoltre, «da anni paghiamo la scelta del governo Renzi di scrivere il Codice degli appalti piegandosi a quel diktat dell’Europa che favorisce i ribassi eccessivi, nonché di impugnare la norma varata dall’Ars che andava in senso contrario. Nonostante i continui solleciti da parte dell’Ance Sicilia, finora nessuna forza politica ha avuto la capacità non solo di esprimere proposte alternative o di resistere al potere delle lobby che riesce a condizionare le scelte del legislatore, ma persino di dire da che parte sta. Adesso che c’è un emendamento al Collegato alla Finanziaria all’esame dell’Ars, che fornisce l’occasione per affrontare la questione in ottica di trasparenza e di anti-turbativa, dopo uno stringato dibattito di dieci minuti il presidente dell’Ars Gianfranco Miccichè lo ha accantonato». 

Come mai, dunque, tanta resistenza da parte della politica? «Questa non è una norma che modifica il Codice degli appalti – fa notare l’Ance – rientra nelle competenze statutarie della Regione, è sotto soglia comunitaria, agisce in chiave anti- turbativa e trasparenza e tutela le piccole e medie imprese sane. Ma se si avesse il dubbio residuo che la proposta possa essere incostituzionale, bene: la si approvi subito e, qualora anche il governo gialloverde dovesse impugnarla, la Regione sollevi conflitto avanti alla Corte costituzionale. Almeno saranno i giudici della Consulta a dare indicazioni al legislatore su come sanare una volta per tutte questo bubbone che ammorba ogni gara d’appalto e nega ai cittadini il diritto di fruire di infrastrutture e servizi fondamentali, mentre speculatori, lobby e comitati d’affari si arricchiscono».


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