Regione, bilancio a ‘rischio’ sanità

Oggi Sala d’Ercole dovrebbe iniziare l’esame della manovra economica. Per arrivare, in tempi strettissimi – entro la fine di questa settimana – all’approvazione di bilancio e finanziaria. Un passaggio obbligato per governo e Assemblea regionale siciliana che, insieme – al di là dei finti ‘muscoli’ mostrati dalle opposizioni con una montagna di emendamenti rigorosamente inutili – giocano una partita difficilissima.

Quella che l’Aula s accinge a votare è una manovra che non ha recepito alcuna indicazione arrivata dal governo nazionale presieduto da Mario Monti. Il messaggio che arriva in questa prima fase è chiaro: la politica siciliana non intende rinunciare alla propria ‘struttura’ clientelare. Piuttosto che sfoltire il precariato o, peggio, i privilegi che si annidano nelle società collegate alla stessa Regione, governo e Assemblea preferiscono penalizzare ulteriormente le famiglie e, soprattutto, le imprese con una nuova ondata di balzelli. Insomma: siamo in campagna elettorale e le clientele vanno salvaguardate a tutti i costi, anche a costo di aumentare la recessione.

Il punto debole, debolissimo di questa manovra è la sanità. Il nodo sta nell’articolo 3, comma secondo, là dove si spiega che la Regione utilizzerà 343 milioni di euro del Par-Fas (Fondi per le aree sottoutilizzate). Il governo – con l’Assemblea regionale che gli tiene ‘bordone’ – parla di un accordo in via di definizione con il governo nazionale. Roma, insomma, anche se non si capisce quando, dovrebbe erogare questi benedetti 343 milioni di euro a valere sul Fas. In realtà, non c’è alcun accordo tra Roma e Palermo. Semmai c’è un disaccordo pressoché totale.

Tant’è vero – e qui la manovra diventa temeraria – che lo stesso governo (con l’Assemblea regionale che gli tiene ‘bordone’) fa il seguente ragonamento: nel caso in cui i soldi da Roma non dovessero arrivare, utilizzeremo le risorse di ben tre Unità previsionali di base. E’ un discorso che rasenta la follia finanziaria. Esaminiamolo attentamente.

In pratica, la copertura ‘assicurativa’ (chiamiamola così per comodità) a fronte di 343 milioni di euro che lo Stato non ha ancora erogato viene effettuata “a valere” su tre Unità previsionali di base dello stesso bilancio. E’ lo stesso giochetto fatto l’anno scorso ad aprile, quando in mancanza dei soldi (sempre per la sanità) che il governo Berlusconi non aveva ancora erogato alla Sicilia (sempre dal Fas), il governo regionale, presieduto sempre da Raffaele Lombardo, fece il seguente ragionamento: nel caso in cui i soldi non arriveranno c’è la garanzia dele retribuzioni dei dipendenti regionali.

Quest’anno, visto che il gioco è stato ‘sgamato’, la garanzia è data, di fatto, da tutto il bilancio. Ovvero: se i soldi da Roma non dovessero arrivare – questo il regionamento del governo – i soldi li prenderemo da tre importanti Unità previsionali di base, cioè dal bilancio, svuotando altri capitoli. Una follia.

Quello che il governo regionale ha presentato – e che l’Assemblea regionale siciliana si accinge al votare – non è altro che una variante del gioco delle tre carte. Una mossa temeraria che suona anche cone uno ‘schiaffo’ ai vertici della Corte dei Conti, che lo scorso autunno, nel corso di un’audizione tenuta proprio a Palazzo Reale in commissione Bilancio e Finanze, ha ribadito che, proprio sulla sanità, non sarebbero più stati accettati giochi di prestigio contabili sul modello di quelli andati in scena l’anno passato. Ebbene, nonostante il preciso ‘avvertimento’ arrivato dalla Corte dei Conti, il governo Lombardo e l’Assemblea regionale stanno ripercorrendo la stessa strada. Con il rischio non soltanto di un’impugnativa della legge di bilancio da parte del commissario dello Stato, ma anche della mancata ‘parifica’ del bilancio da parte della stessa Corte dei Conti.

A questo punto, una domanda: perché il governo nazionale non ha ancora erogato i 343 milioni di euro del Fas? Il governo Monti, a fronte dell’erogazione di tali fondi, chiede tre cose.

Primo: la riduzione della spesa regionale. Su questo punto il governo nicchia, se è vero che si è limitato solo a bloccare il rinnovo dei contratti. Colpendo, per lo più, il personale degli uffici della Regione con gli stipendi più bassi, e guardandosi bene dal toccare i privilegi della dirigenza e, soprattutto, dei dirigenti generali, che restano ‘bravi’ e superpremiati’, anche se – ad esempio – non sono riusciti a spendere i fondi europei. Su questo prino punto, insomma, Monti e compagni sono più che insoddisfatti.

Secondo punto: il governo nazionale ha chiesto alla Sicilia di procedere ai tagli dei cosiddetti costi della politica. Su questo punto il governo regionale, bontà sua, ha ‘concesso’ qualcosa. Dovrebbe  ridurre qualche indennità. E magari i costi di manutenzione. Ma senza intaccare la sostanze delle grandi clientele. E questo, ovviamente, a Roma non va proprio giù. Tra l’altro, il governo regionale, per esempio verso i Comuni, ha le mani legate. Contrariamente ai proclami da ‘Minculpop’, il governo Lombardo, in materia di gestione idrica e di gestione dei rifiuti, non ha promosso alcuna riforma strutturale. Anzi, ha lasciato in piedi, di fatto, il vecchio sistema elaborato nei primi anni del 2000, limitandosi a sostituire il vecchio personale con proprio personale. Il risultato è che la metà dei Comuni siciliani – appunto perché ‘taglieggiati’ da una folle gestione idrica (da parte dei privati) e da un’altrettanto fole gestione dei rifiuti – è sull’orlo del dissesto finanziario. A questi Comuni non c’è cosa ‘tagliare’, perché in buona parte sono indebitati fino al collo.

Diverso il discorso delle Province. Dove il governo Lombardo si è ‘incartato’ su un’abolizione, a norma dello Statuto, che l’Ars ha già effettuato nel lontano 1986, quando le vecchie amministrazioni provinciali vennero trasformate in ‘Nuove Province regionali’. Trasformazione più di forma che di sostanza. Ma con valenza giuridica. Invece di ‘imbarcarsi’ in una discussione ‘barocca’, il governo regionale avrebbe potuto procedere a una riduzione delle funzioni delle Province: che, invece, non è stata fatta. Cosa che ha fatto indispettire Roma, visto che, alla fine, è rimasto tutto come prima.

Terzo punto richiesto da Roma: contenimento dei costi delle società collegate e del personale più o meno ‘esterno’ alla Regione. Su questo punto si è consumato lo scontro più duro. Sulle società collegate alla Regione il governo regionale tergiversa da due anni. Invece di ridurre il numero dei circa 10 mila dipendenti – in parte con trattamenti economici privilegiati – il governo Lombardo ne ha ‘intruppato’ altri 2 mila, anche se in maggior parte con contratti atipici. Roma avrebbe voluto lo sfoltimento di questo esercito. Lombardo e l’assessore all’Economia, Gaetano Armao, hanno risposto con le solite chiacchiere (aiutati da quasi tutta la politica siciliana, di maggioranza e di opposizione). Cosa, questa, che ha ulteriormente indisposto Roma.

Altro argomento di scontro è il personale precario, che rientra in questo terzo punto. Il governo nazionale ha chiesto lo sfoltimento. Il governo regionale ha risposto picche. Da qui lo scontro.

Questo, grosso modo, lo scenario generale. Con il governo – e con l’Assemblea regionale – che, come cercheremo di spiegare in un altro articolo che pubblicheremo nel corso della giornata di oggi, vanno incontro a una probabile impugnativa.

Per far quadrare i conti, visto che il governo non ne ha voluto sapere di effettuare i tagli, sono previste nuove tasse. E nuove entrate,in parte vere (forse) e, in parte, fittizie (come la solita valorizzazione del patrimonio immobiliare della Regione e bla bla bla).

Dovrebbe essere abolita l’Aran (Agenzia per la contrattazione dei dipendenti della Regione) per fare un piacere alla ‘fedele’ Cisl. Viene prevista la liquidazione di alcuni enti strumentali della Regione, con l’immancabile nomina di commissari che tanto piacciono al governo Lombardo. Dovrebbero essere soppressi i consorzi di ripopolamento ittico (che, in realtà, non hanno mai funzionato). Viene eliminata la figura del Garante dei detenuti (risparmio di 100 mila euro all’anno). Vengono accorpati i consorzi di bonifica che, negli ultimi trent’anni, non hanno bonificato un tubo, ma che hanno ‘pilotato’ assunzioni (infatti il personale verrà mantenuto). Quindi l’aumento generalizzato del costo delle concessioni e dei canoni di locazione. Si pagherà per visitare i Parchi e le Riserve naturali della Sicilia.

Si profila una ‘bella’ manovra sugli Istituti autonomi case popolari (Iacp). Ufficialmente, per fare ‘cassa’. Considerati i personaggi – presenti anche nella giunta regionale – che di certo saranno coinvolti nell’operazione, c’è da aspettarsi di tutto…

 

 

 

 


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