Rancori, una donna e la pretesa del padrino su una bottega Così si è arrivati alla faida tra Cappello e Cursoti a Librino

Un minii-market da accaparrarsi, qualche parola di troppo e una donna che forse era stata infastidita. È questa la cornice in cui sarebbe maturato lo scontro a fuoco tra i clan Cappello e Cursoti milanesi l’8 agosto 2020. Un faccia a faccia chiarificatore trasformatosi in un agguato terminato in un bagno di sangue con sei feriti e due morti: Luciano D’Alessandro ed Enzo Scalia. Dietro la sparatoria ad assumere un ruolo assolutamente centrale è l’imprenditore Gaetano Nobile. Personaggio chiacchierato, amante di moto e auto di lusso, e storicamente attivo nel settore dei bar. Dalla sua anche il fatto di essere nipote di due personaggi di spicco del clan Cappello: Sebastiano Nuccio e Aurelio Balbo. Per Nobile con l’operazione Centauri si sono aperte le porte del carcere. Secondo i carabinieri, con l’indagine in mano all’aggiunto Ignazio Fonzo e al sostituto Alessandro Sorrentino, Nobile sarebbe tra gli «organizzatori» del gruppo di fuoco del clan Capello che, tra viale Grimaldi e via del Maggiolino, si scontrò con gli affiliati dei Cursoti.

Gli inquirenti erano arrivati a Nobile già all’indomani dei fatti e l’imprenditore aveva accettato di raccontare la sua versionecome già svelato da MeridioNews nei mesi scorsi, facendo scattare cinque fermi. Adesso dagli atti dell’indagine emergono ulteriori particolari di una storia che in 24 ore racchiude ronde, due pestaggi e una spedizione punitiva. Un contributo fondamentale per mettere insieme i pezzi è quello che ha fornito il cognato di Nobile, Salvatore Chisari. L’uomo, presente la sera del duplice omicidio, ha scelto di collaborare con la giustizia. «Il 7 agosto 2020 (giorno precedente alla sparatoria, ndr) venni avvertito da mia sorella che mio cognato era stato picchiato a colpi di casco da più persone – spiega in un verbale dell’ordinanza firmata dalla giudice Marina Rizza – Lui mi disse che a guidare il gruppo era Carmelo Di Stefano e Roberto Campisi». Il pestaggio si consuma in via Armando Diaz, davanti a una bottega appartenente a Nobile, distante circa 200 metri dal bar Diaz, sempre di proprietà dell’imprenditore. 

A stretto giro si susseguono una serie di incontri. La sera stessa del pestaggio Nobile, Chisari e altre persone cenano insieme ad Acicastello, mentre l’indomani mattina Stefano Aurichella, zio dell’imprenditore, si reca a San Giorgio per un incontro chiarificatore che si rivela un buco nell’acqua. La svolta arriva però con l’entrata in scena di Salvuccio Lombardo junior, figlio del capomafia del clan Cappello Salvatore Lombardo ‘u ciuraru. «Abbiamo parlato con lui di quello che è successo – continua Chisari – e ci ha detto cha la notte precedente (7 agosto, nd.) si era acchiappato con dei ragazzi tra cui il figlio di Roberto Campisi, cioè uno di quelli che aveva partecipato all’aggressione a Nobile». I Cappello decidono così di radunarsi in un gruppo unico per spostarsi a Librino in una zona controllata dai Cursoti milanesi. L’agguato si consuma al viale Grimaldi. 

Ma cosa c’è dietro il pestaggio di Nobile? A quanto pare il boss dei Cursoti Carmelo Di Stefano avrebbe avanzato delle pretese nei confronti del mini-market davanti al quale è avvenuta l’aggressione all’imprenditore. «Ha detto di chiedermi se avessi intenzione di vendere – si legge in un verbale di Nobile – Ma io dissi che non avevo intenzione. Nel fare questo ero consapevole che avrei potuto avere problemi in quanto Di Stefano non era soggetto da potere accettare queste risposte». C’è però un ulteriore antefatto in una storia che sembra la sceneggiatura di una serie di mafia. Il 6 agosto, due giorni prima della sparatoria, Nobile incontra una ragazza in un locale notturno ad Acicastello. I due si erano già incrociati nei pressi dell’aeroporto e vicino al bar Diaz ma a quanto pare l’uomo aveva rimandato alla mittente le presunte avance. «Le ho raccontato che quella mattina il figlio di Di Stefano era passato a forte velocità davanti il bar». La donna, che lavorava in un negozio gestito proprio dallo spericolato guidatore, a quanto pare non si sarebbe tenuta per sé l’aneddoto rivelandolo a Di Stefano. «Venne a cercami in palestra per chiedermi come mi ero permesso di criticare il suo comportamento – continua Nobile a verbale – ma io non gli ho mai detto che se voleva parlare con me “doveva mettersi le pistole addosso”». Di fatto circa un’ora dopo il padre di Di Stefano si presenta in via Armando Diaz e picchia Nobile. 

Messi in archivio commenti, pestaggi e la partecipazione a una spedizione finita nel sangue, Nobile ha messo in vendita, come svelato da MeridioNews, il mini market. Una decisione a quanto pare improvvisa arrivata a pochi giorni dalla stampa di alcuni volantini promozionali. Intanto nei mesi scorsi, accanto al bar, è nata la pizzeria Diaz, anche se dalla visura camerale Nobile non risulta esserne il formale proprietario. Al posto del minimarket c’è invece la BN Car, specializzata nella vendita e noleggio di auto e moto. 


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