La regione Sicilia taglia quasi la metà de fondi alle amministrazioni comunali, che per questo non pagano i lavoratori da tre mesi. Di fronte al silenzio del governo regionale, dipendenti, sindaci e sindacati manifestano con assemblee e occupazioni. E non intendono fermarsi. «Faremo lo sciopero della fame», annuncia un dipendente di Scicli. «Non so se lavorerò per le consultazioni», gli fa eco un collega comisano. Facendo tremare l'intera impalcatura elettorale regionale
Ragusa, dipendenti comunali senza stipendi Minacciano di far saltare le elezioni regionali
Da tre mesi i dipendenti comunali del ragusano non percepiscono lo stipendio per effetto dei tagli agli enti locali stabiliti dal governo Monti. Per questa ragione, nelle ultime settimane, si sono moltiplicate le iniziative di protesta in tutta la provincia. All’inizio di ottobre circa venti lavoratori del Comune di Scicli sono saliti sul tetto del municipio per gridare la loro esasperazione. Qualche settimana dopo, insieme ai colleghi modicani, hanno consegnato le schede elettorali nelle mani dei sindaci minacciando di rinunciare al diritto di voto. I dipendenti degli altri comuni iblei non sono rimasti a guardare e hanno organizzato occupazioni e assemblee sindacali. Adesso, a pochi giorni dalle elezioni regionali siciliane, la preoccupazione più urgente dei primi cittadini è che questi lavoratori decidano di rinunciare alle proprie mansioni elettorali straordinarie facendo così saltare le consultazioni in tutta l’isola.
«La situazione è critica, il mancato pagamento degli stipendi è un fatto molto grave
ma è solo la punta dell’iceberg», spiega Aldo Mattisi, segretario generale della
F.P. Cgil di Ragusa. «I sindacati sono stati i primi a sollevare la questione, i sindaci
inizialmente non erano a conoscenza dei tagli – aggiunge – Ora è evidente che i Comuni sono senza soldi e non potranno pagare dipendenti, fornitori e ditte private che senza
liquidità rischiano il collasso. Non siamo di fronte a un problema che riguarda solo i
dipendenti comunali, in crisi è l’intero stato sociale». La gravità della situazione e la totale indifferenza del governo regionale e della politica in generale, hanno spinto sindacati, primi cittadini e lavoratori fino a Palermo. Il 24 ottobre scorso, una delegazione formata dai sindaci di Scicli, Modica, Ispica, Comiso e Pozzallo insieme ai segretari di Cgil, Cisl e Uil e a un centinaio di dipendenti comunali, hanno occupato per ventiquattro ore un’aula dell’assessorato alle Autonomie locali. Dopo l’occupazione, terminata nel pomeriggio, i dipendenti hanno organizzato consigli comunali aperti in tutte le amministrazioni della provincia.
«Non abbiamo interlocuzione con il governo regionale», dichiara il sindaco di Scicli Franco Susino. Difficile in questo momento pre-elettorale trovare referenti certi. «E’ chiaro il gioco al rimpiattino tra l’assessorato regionale al Bilancio e quello agli Enti Locali – continua Susino – Molti Comuni siciliani stanno dichiarando il dissesto, la Regione ha decurtato del 48 per cento i trasferimenti alle amministrazioni. È in gioco la stessa sopravvivenza delle realtà municipali». E non sono solo i Comuni iblei a rischiare, presto situazioni analoghe potrebbero manifestarsi nel resto dell’isola. «Sappiamo di difficoltà simili alle nostre in alcuni centri del Messinese e anche a Monreale», rivela Mattisi. «La situazione è insostenibile. Per fare un esempio, il Comune di Modica ha bisogno di circa un milione e 200mila euro al mese per pagare gli stipendi e ne riceverà solo 500mila».
I lavoratori sono provati dal perdurare di questa situazione. Molte amministrazioni non riescono a pagare i dipendenti da agosto e all’orizzonte non si vedono soluzioni risolutive. «La gente è stanca, mancano i soldi per pagare i mutui e le bollette – confida Ignazio Fiorilla, dipendente comunale di Scicli – Pretendiamo che ci diano quanto ci spetta. Abbiamo occupato l’aula consiliare in accordo con il sindaco e concorderemo altre forme di protesta con i sindacati. Presto inizieremo lo sciopero della fame».
Gli stessi problemi economici, accompagnati da un senso di esasperazione, sono vissuti da tutti i dipendenti delle amministrazioni ragusane. «La situazione è drammatica, non ricevo lo stipendio da due mesi, sono al limite. Ho un mutuo da pagare, la rata mensile è di 700 euro», fa i conti al telefono il signor Carmelo Alecci, dipendente comunale di Comiso. «A questo aggiunga che pago 300 euro ad una finanziaria grazie alla quale ho comprato l’auto. Sono un pendolare, faccio 90 km al giorno, la macchina mi serve. Come tutti pago il carburante, le bollette e le spese per mangiare. Ho una famiglia e, per sopravvivere e onorare le spese, ho dovuto fare un prestito, come molti sono in mano alle banche». Alecci è uno dei dipendenti chiamato a svolgere servizio straordinario per le elezioni. «Non lo so se lavorerò, mi farò spiegare dai sindacati a cosa vado incontro se mi rifiuto. Non voglio rischiare il licenziamento o problemi con la legge. Di certo, dopo i mancati stipendi, non voglio perdere il lavoro».
La possibilità che le elezioni non si svolgano in modo ordinato preoccupa i sindaci.
I primi cittadini, infatti, hanno manifestato questo timore al prefetto di Ragusa Giovanna Cagliostro, a cui, tre giorni fa, hanno consegnato le fasce tricolori in segno di protesta. «Noi, come sindacato, abbiamo detto no a forme di lotta che possano mettere a rischio le consultazioni elettorali – ci tiene a precisare Mattisi – Crediamo che il diritto di voto debba essere garantito a tutti i cittadini e quindi ci auguriamo che ciò avvenga». Ma la minaccia è concreta. I dipendenti comunali, infatti, si occupano di diverse fasi delle consultazioni elettorali: dalle liste ai certificati, dalla preparazione dei seggi alla trasmissione degli atti dello scrutinio. Se decidessero di incrociare le braccia, secondo la legge, rischierebbero di passare guai seri: si andrebbe dall’interruzione di un pubblico servizio a un attentato alla libertà di voto, ma, al contempo, il loro gesto bloccherebbe il voto in tutta l’isola. «Allo stato attuale tutto è possibile – ammette il sindacalista – ci sono dipendenti che vivono un profondo malessere e anche stati di depressione. Se si dovessero presentare dei problemi di questo tipo spetta al prefetto intervenire nei modi previsti dalla legge».
[Foto di angelicchiatrullall]