Radiodervish: cantando la libertà

La festa del Partito democratico che si è svolta per ben undici giorni (dal 7 al 17 ottobre) a Catania si è conclusa con il concerto di due gruppi che si ispirano alla propria cultura e la trasformano in musica. Ad aprire la serata è stato il gruppo catanese La Kunturia. Musicisti ispirati dalla propria terra, cantano la disperazione e l’amore verso due terre difficili per diversi motivi: Sicilia e Palestina connesse, per una sera, dal senso profondo e comune della ricerca della libertà.

A salire per primi sul palco è il gruppo La Kunturia. La band nasce nel 2001 alle pendici dell’Etna. Aprono la loro esibizione con il brano “Il ballo del patrono”. Un ritmo allegro che in realtà descrive il giorno di festa del patrono con il sindaco che “ride, ringrazia i presenti, il prete che gli garantisce i votanti”, le donne che sorridono in maniera suadente e il patrono che dondola mentre viene portato in processione e che è stanco di questo mondo che a sua volta dondola. Tra i vari brani suonati dal gruppo di Bronte spicca “’Sta terra”, una dichiarazione d’amore ferito alla Sicilia e alle sue innumerevoli contraddizioni. “Comu si fa a irisinni ri ccà! Suli, terra, ciauru ri limuni e zagara. Comu si fa a irisinni ri ccà! Terra ri pueti, sunaturi e tra la là! Comu si fa a ristari ccà,… ‘nfamità. Comu si fa a ristari ccà,… senza libertà!

Nati nel 1997 a Bari, i Radiodervish hanno collezionato innumerevoli riconoscimenti grazie alla loro bravura e ai testi profondi delle loro canzoni. Gruppo principale alla serata conclusiva della festa del PD, il duo pugliese ha incantato con le sue melodie arabe con l’accompagnamento del musicista Alessandro Pipino. Quello presentato a Catania è stato un melting pot di suoni e lingue (italiano, francese, spagnolo, inglese ed arabo). Nabil Salameh e Michele Lobaccaro raccontano storie del Mediterraneo, intrecciando conoscenze letterarie che spaziano da Antonio Gramsci (Rosa di Turi) a Torquato Tasso (Tancredi e Clorinda).

Le lingue che si mescolano tra loro lasciano lo spazio ad una musicalità poetica nonostante i testi incisivi come nel caso del brano “Radio Dervish”, nel quale si parla di una terra (quella israelo-palestinese) martoriata dalla guerra e nella quale i soldati dell’Onu vengono definiti “falsi eroi d’Omero”. “Ainaki” è dedicata a Gerusalemme, la città che tocca il cielo, con la speranza che un giorno il Potere possa finalmente liberare i palestinesi prigionieri di una guerra ipocrita, come afferma il cantante Nabil Salameh.

“Les Lions” è dedicata invece al continente africano, pieno di storia e cultura, che è sfruttato per interessi politici ed economici. I leoni rappresentano tutti coloro che hanno osato spiccare il volo ed andarsene da quella terra, rifacendosi ai leoni dorati sognati dal pescatore di Ernest Hemingway de “Il vecchio e il mare”. Da Hemingway a Torquato Tasso e alla sua “Gerusalemme liberata” con la canzone “Tancredi e Clorinda”, nella quale viene rivisitato l’amore tragico dei due personaggi ed anziché far prevalere una cultura sull’altra (Tancredi colpirà a morte un cavaliere arabo durante un combattimento, ignorando che si tratti della donna da lui amata, Clorinda, che si convertirà al cristianesimo prima di morire), il testo mette in risalto l’amore che lega i due e sarà proprio quest’ultimo a prevalere sulle diversità dei loro mondi. Due culture che si scontrano perché imprigionate dall’intolleranza verso il prossimo.

Il concerto dei Radiodervish ha raccontato un mondo che nonostante sia invaso dalla violenza e dalla prepotenza dei potenti continua incessantemente a sognare la pace e la libertà. E, come cantano nella canzone “Centro del Mundo”, “Before I die, quiero salir de esta vida to be inside, mi casa es called now el Centro del Mundo. Es mi destino to fly”.


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