A gennaio 2017 l'omicidio del tunisino Yakoub Hadri fa superare le ultime remore dell'organizzazione criminale che a Palermo e provincia ha mutilato centinaia di disperati. Instancabili e perennemente attivi, erano capaci di reclutare nuove vittime anche in ospedale
Quegli spaccaossa in trasferta per aggirare i controlli «Faceva i sinistri a Carini, a Termini, dove gli capitava»
«Io non facevo le rotture, io avevo paura». Ci sono volte in cui una fobia si supera solo con un trauma. È il caso di Francesco Mocciaro, pregiudicato palermitano. Fino a gennaio 2017 avrebbe fatto parte della banda degli spaccaossa – l’organizzazione criminale che mutilava centinaia disperati della città in cambio di premi assicurativi (mai elargiti) – ma non si sporca le mani. È un reclutatore, insomma, che abborda le persone per consegnarle poi ad aguzzini più feroci di lui. Poi però, appunto, il trauma.
Ovvero la morte del tunisino Yakoub Hadri: il solito incidente stradale inscenato ma il primo campanello d’allarme per la squadra mobile di Palermo, che a distanza di due anni conta almeno 76 episodi di fratture accertate nei minimi particolari. «La prima rottura che io ho fatto, mi sono preso coraggio, è stato il 20 aprile – racconta agli inquirenti lo stesso Mocciaro – che c’ho fatto omero, radio e ulna a una signora di Termini Imerese». Come a dire: la prima frattura non si scorda mai.
Una delle novità degli spaccaossa, infatti, è che dopo l’operazione Tantalo (che già ad agosto 2018 aveva portato all’arresto di 12 persone) le organizzazioni criminali, invece di smettere i propri traffici, cominciano a puntare sempre di più sulle trasferte. E sui disperati dell’intera provincia. Come nel caso di Costantino, disoccupato termitano, che sarebbe stato convinto a partecipare alla solita truffa. L’uomo prende il treno, va a Bagheria e da lì condotto in una casa di campagna. Beve «parecchia birra» per sopportare meglio il dolore, «ma l’ho sentito lo stesso, il dolore». Subito dopo, i componenti della banda lo caricano su un’auto e lo portano a Palermo, nei pressi di via Michelangelo, dove lo distendono a terra, vicino a un’altra macchina con alla guida un uomo «che non avevo mai visto prima di allora». La trafila è sempre quella: si inscena un incidente stradale e si avvia la pratica assicurativa per chiedere il relativo risarcimento. Di Costantino, poi, la banda degli spaccaossa continua a prendersi cura anche a distanza.
Dopo un ricovero all’ospedale Villa Sofia, il disoccupato viene ricondotto a Termini. Lì viene a trovarlo un certo Franco, che gli consegna il numero di telefono di un avvocato che dovrebbe seguire la sua pratica assicurativa. Ma ciò però non avviene. E non è l’unico raggiro avvenuto nel Palermitano. Quando un anno dopo Francesco Mocciaro confessa ai pm le modalità d’azione della banda, punta il dito su Emanuele Schillaci che, a suo dire, «faceva i sinistri a Carini, anche a Termini Imerese, faceva i sinistri dove gli capita». Instancabili, gli spaccaossa, e perenemmente attivi. Come quando, ad esempio, Mario Modica va all’ospedale di Termini Imerese, presso il reparto di ortopedia, per accertarsi delle condizioni di una donna che si era sottoposta alla truffa. E lì, racconta la stessa, «ha avvicinato una ragazza che avevo conosciuto perché era la nipote di un uomo che si trovava nella mia stanza e che la stessa stava assistendo». La sventurata rispose, per dirla alla Manzoni. Diventando l’ennesima vittima degli spaccaossa palermitani.