Quando l’analfabetismo digitale blocca anche l’occupazione «Formazione e tecnologie semplici contro Medioevo online»

L’innovazione digitale influenza tutti i settori economici della società. Non tutte le
persone, però, sono abituate a usare i diversi
device in commercio a causa anche di una scarsa
conoscenza delle tecnologie informatiche. «Eppure, come sancito dallo stesso
Pnrr (il piano nazionale di ripresa e resilienza, ndr), l’alfabetizzazione digitale e l’utilizzo di tecnologie digitali sono strumenti indispensabili per la trasformazione economica e sociale del nostro Paese», spiega Flavio Fazio fondatore e ceo di Flazio, una piattaforma no code che consente di realizzare e gestire in autonomia i siti web in modo semplice e autonomo, anche senza avere competenze informatiche. Del resto, l’azienda – nata nel 2011 all’ombra dell’Etna – ha sempre avuto proprio questo obiettivo: rendere più democratiche le competenze tecniche che permettono alle aziende di stare su internet.

Quella che ha visto la luce come una delle prime start-up siciliane è una piattaforma con
tutti gli strumenti necessari per gli utenti – anche quelli non proprio nativi informatici – che hanno l’esigenza o vogliono affacciarsi al mondo del web oppure che intendono approcciarsi alla vendita online. «Anche perché – sottolinea Flazio – non si può parlare di economia e sviluppo senza parlare di digitalizzazione». Eppure, in questo senso, sono ancora molti i passi da fare. «La strada è lunga e in salita, come emerge anche dall’edizione 2021 del Desi (il report annuale sullo
stato di
salute digitale dei Paesi europei, ndr) che è stata pubblicato qualche giorno fa: l’Italia – spiega il Ceo di Flazio – è finalmente riuscita a superare lo stallo e a scalare la classifica per quanto riguarda l’integrazione da parte delle imprese di tecnologie digitali, ma le prestazioni restano molto deboli in altre aree». 

Il nostro Paese si colloca infatti al 25esimo posto per capitale umano: solo il 42 per cento delle persone
possiede
competenze digitali di base (contro la media Ue del 56 per cento) e solo il 22 per cento dispone di competenze digitali superiori a quelle di base (31 per cento in Europa). «E soltanto l’1,3 per cento dei laureati italiani ha scelto discipline nell’ambito delle tecnologie per l’informazione e la comunicazione. Insomma – commenta Fazio – ci troviamo di fronte a un enorme problema di analfabetismo digitale
 con forti ripercussioni sia sulla crescita economica del Paese che sul piano culturale. Basti pensare – sottolinea – a quanto questo contribuisca al fenomeno delle fake news. Il rischio – avverte – è quello di piombare in un una sorta di Medioevo digitale con ripercussioni inesorabili sul gap tecnologico con il resto degli Stati
all’avanguardia». 

Per provare a invertire la rotta, un ruolo fondamentale lo giocano
le scuole che dovrebbero avere cura anche dell’educazione digitale dei ragazzi. «Ma è fondamentale incentivare l’utilizzo di tecnologie che siano alla portata di tutti, in modo da facilitare e semplificare il processo di alfabetizzazione digitale», afferma il fondatore di Flazio.com, la prima soluzione italiana no code per la
realizzazione di siti web e siti e-commerce che permette a chiunque,
anche a chi non ha nessuna conoscenza di programmazione, di gestire la propria presenza online. «Uno dei nostri obiettivi – ci tiene a precisare il ceo di Flazio – è trasformare i cittadini in quelli che Gartner (la società per azioni multinazionale che si occupa di consulenza strategica, ricerca e analisi nel campo della tecnologia dell’informazione, ndr) ha definito come citizen developer», ovvero utenti finali in grado di sviluppare applicazioni utilizzando ambienti di sviluppo pur operando al di fuori di essi. L’obiettivo di Flazio è mettere tutti nelle condizioni di creare prodotti digitali, dai siti web ai siti e-commerce, dalle piattaforme a interi applicativi software. «Perché questo – conclude Flazio – si traduce in un impulso positivo nei confronti di nuove iniziative imprenditoriali nel settore digitale, riduce la
disoccupazione giovanile
e il rischio di fallimento di nuovi progetti imprenditoriali».


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