Fiore all'occhiello del museo internazionale delle marionette Antonio Pasqualino, si tratta ben più di un evento, ma di un'idea partita in contemporanea con la fondazione del museo stesso per «far rivivere la tradizione anche nella contemporaneità»
Pupi, il festival di Morgana spegne 44 candeline Tante novità per «un’attività storica e centrale»
Il Festival di Morgana, fiore all’occhiello del museo internazionale delle marionette Antonio Pasqualino, giunge alla quarantaquattresima edizione, prevista dall’8 al 17 novembre 2019 presso i locali del museo stesso, il teatro Garibaldi, l’oratorio di San Lorenzo, la chiesa dei Crociferi ed il teatro Carlo magno. Un modo per «lavorare per e con il quartiere, creando un itinerario con intervalli studiati tra uno spettacolo e l’altro per permettere agli spettatori di spostarsi tra le location previste» per usare le parole di Rosario Perricone, direttore del museo e presidente dell’associazione per le tradizioni popolari fondata proprio da Antonio Pasqualino.
«Il festival è una attività storica e centrale – continua – nella logica delle politiche culturali del museo, che nasce non come luogo per la semplice custodia, restauro ed esposizione delle opere, ma come luogo in cui far vivere gli oggetti, perché una istituzione museale non deve rinchiudere e conservare la cultura, bensì produrla e diffonderla. Il festival infatti non è un evento organizzato semplicemente dal museo, ma nasce contestualmente all’istituzione con il nome di Rassegna dell’opera dei pupi espandendosi poi verso tradizioni popolari non solo siciliane, «muovendosi lungo la direttrice della comparazione antropologica – spiega ancora Perricone – verso pratiche simili diffuse nel resto del mondo, perché il pupo siciliano è un unicum regionale facente parte del più ampio mondo del teatro di figura, un’arte diffusa a livello globale».
In pratica «lo spirito del festival e del museo è quello di far vivere la tradizione anche nella contemporaneità, evolvendosi e modificandosi nel tempo, tenendo via e diffondendo l’idea che la tradizione popolare non sia semplice folklore e che sopravvivere deve essere praticata e valorizzata mostrando come si evolva seguendo i mutamenti della società» E uno dei luoghi del festival sarà il teatro nel quale opera la compagnia di Enzo Mancuso, una delle dieci diffuse sul territorio regionale. «Grazie al lavoro del Museo Pasqualino, oggi l’opera dei Pupi dei pupi viene riconosciuta come patrimonio dell’Unesco e va preservata in tutte le sue varianti, come ad esempio la tradizione catanese dei fratelli Napoli, la cui rappresentazione apre maggiormente strutturata, in senso teatrale, anche grazie alla figura del “parlatore”, un narratore esterno alla scena», dice il direttore del museo facendo presente come i materiali della compagnia dei Napoli, una variante dei classici pupi altra quasi un metro e venti, vengano attualmente custoditi proprio presso il Pasqualino per mancanza di strutture adeguate nel circondario Etneo.
Tornando al Festival, tra le rappresentazioni in cartellone vi sono interessati lavori su tematiche forti e attuali, quali la condizione della donna con La semplicità ingannata di Marta Cuscunà o la favola musicale sulle mafie Osso, Mastrosso e Carcagnosso di Antonia Sorce e Paride Benassai con le illustrazioni di Enzo Patti e i cori di Trieste Jazz. Poi ancora, in collaborazione con l’università di Montpellier, assisteremo ad uno spettacolo sul tema dell’alzheimer, una riflessione sulla scomparsa della memoria assolutamente pertinente con l’idea di recupero della tradizione portata avanti dal Museo. Infine da segnalare Edizioni museo Pasqualino, saggi di antropologia e semiotica Un libro antropologico per bambini sul mondo di maghi e magia, edito tra i saggi di antropologia e semiotica edito dalla casa editrice del Pasqualino, si rivolge ai più piccoli così come l’apposita rassegna dedicata ai ragazzi, «perché in Italia ancora oggi, quando si parla di burattini, si pensa a spettacoli per bambini e questo festival serve proprio a dimostrare il contrario: il teatro di figura si rivolge anche e soprattutto agli adulti» tiene a precisare Rosario Perricone.
«Ogni anno – conclude il direttore – cerchiamo di portare avanti il festival anche senza i contributi specifici di regione o comune, cerchiamo di prendere il necessario dai fondi destinati alla gestione quotidiana del museo perché siamo convinti questo evento sia parte dell’attività museale, di uno spazio che vuole essere un hub culturale, un luogo dove si produce la contemporaneità e non dove si conserva passivamente la cultura».