È duro il ritratto che la giudice per le indagini preliminari fa dell'ex presidente della società pubblica. Ad accusarlo, tra gli altri, è un imprenditore - anche lui indagato - che fino a poco tempo prima aveva preso parte al presunto meccanismo di aggiudicazione dei lavori e conseguenti regalie. Tra cui 1500 euro di abiti firmati
Pubbliservizi, nelle carte il sistema tra appalti e bonifici «Messina utilizzava la sua carica in modo spregiudicato»
«Un uomo dedito all’agire antigiuridico che strumentalizzava la sua carica in modo spregiudicato». Poche parole, ma sufficienti, almeno per la giudice per le indagini preliminari Francesca Cercone, per tracciare l’identikit di Adolfo Messina. L’ex presidente di Pubbliservizi, camaleonte della politica e appassionato di giornalismo, finito ieri in carcere nell’ambito dell’inchiesta Cerchio magico della guardia di finanza. Nelle carte dell’indagine viene messo nero su bianco il presunto sistema corruttivo che uno dei fedelissimi del presidente Rosario Crocetta avrebbe architettato attraverso la società partecipata della città metropolitana di Catania. Una gestione iniziata a giugno 2015 e finita con le dimissioni del 7 dicembre 2016. In mezzo pure due presunte intimidazioni con pallottole, teste di animali mozzate, messaggi e conseguenti lacrime: una storia sulla cui veridicità la procura nutre forti dubbi. Un nuovo corso, quello di Messina a Pubbliservizi, che però sarebbe avvenuto, stando alle accuse, soltanto a parole. Messina, che è accusato di essere uno dei capi promotori dell’associazione a delinquere finalizzata alla corruzione, avrebbe rivoltato come un calzino la partecipata dell’ex Provincia etnea. Fornendo un nuovo elenco di ditte fornitrici e modificando l’organigramma societario tra demansionamenti, promozioni e nomine di fedelissimi.
«Lui e Trombetta? Erano la stessa cosa». A giocare un ruolo determinante in questa storia sarebbe stato proprio Alfio Trombetta. I magistrati lo definiscono il «perno» dell’ex presidente, che per lui aveva ideato una consulenza a titolo gratuito per il comparto impianti elettrici della società pubblica. Una sorta di uomo ombra tuttofare che, secondo le accuse, si sarebbe occupato di interfacciarsi con gli imprenditori coinvolti nell’inchiesta. Nel mirino dei militari delle fiamme gialle sono finite tre società che tra il 2015 e il 2016 avrebbero ricevuto decine di affidamenti diretti da parte di Pubbliservizi. Appalti che sarebbero stati cuciti su misura, spesso sotto la soglia dei 40mila euro oltre i quali non è possibile dare commissioni senza sondare altre aziende. Tra di loro c’è anche chi, come Alfio Giuffrida della Ma.Gi srl, si è pentito decidendo, pochi giorni dopo le dimissioni di Messina, di andare a parlare con gli inquirenti. «Sono entrato tra i fornitori dopo avere parlato con lui – racconta in un verbale – e a fine dicembre 2015 ho ottenuto il primo incarico da 39mila e 900 euro». Dopo due anni, secondo le stime dei finanzieri, Giuffrida raccoglie commesse per oltre 400mila euro.
In cambio però, secondo la ricostruzione investigativa, Messina e Trombetta avrebbero preteso una serie di costose regalie, tra rolex, pranzi, abiti firmati e una macchina Bmw X3. «Ha voluto che lo accompagnassi da Miceli a Zafferana – racconta Giuffrida riferendosi all’ex presidente – dove ha preso 1500 euro di abiti senza pagare». C’è poi la festa per il 60esimo compleanno di Messina, che viene organizzata in una sfarzosa villa messa a disposizione dall’imprenditore: «Mi sono fatto carico delle spese dei camerieri, arredo, cibo e vino per almeno cinquemila euro». Tra i versamenti dell’imprenditore per il party esclusivo sarebbero finiti pure diecimila euro per coprire l’acquisto di un Rolex da 23mila euro. Al resto della cifra avrebbero contribuito anche i dipendenti di Pubbliservizi con una somma di poche centinaia di euro. «Mi è stato chiesto da Trombetta – spiega – per avere i pagamenti dei lavori effettuati». Qualcosa su una possibile indagine però sarebbe stata fiutata e il prezioso orologio diventa oggetto di discussione. Un dialogo viene intercettato e a parlare sono Trombetta e l’altro indagato Raffaello Pedi, responsabile edilizia della partecipata: «Secondo me Adolfo non se ne dovrebbe prendere orologio … e si fa dare i soldi», dice il primo. E sul timore dei magistrati nessun dubbio: «Lui è il capofila … noi siamo tutti e quattro nel mirino».
Nelle maglie dell’inchiesta sono finite pure le società Light and Power e Renergy, riconducibili agli indagati Santo Nicotra e Rosario Reitano. Quest’ultima ha avuto come rappresentante legale, fino al gennaio 2015, proprio Trombetta e tra il 2015 e il 2016 ha accumulato bonifici da Pubbliservizi per quasi mezzo milione di euro. I soldi però non sarebbero rimasti a lungo nel conto dell’azienda e i finanzieri hanno monitorato spostamenti di denaro in favore di Trombetta e della moglie. I coniugi a loro volta, con cadenza mensile, effettuavano bonifici sul conto di Adolfo Messina. Importi massimi di tremila euro che, sommati, sono arrivati alla cifra di 23mila e 400 euro. Le giustificazioni? «Riassetto imprenditorialità» e un curioso «Regolarizzazione».