Pubbliservizi, il cerchio magico di Adolfo Messina Dal Rolex da 23mila euro alla festa di compleanno

Il 7 ottobre 2016 alla festa di compleanno di Adolfo Messina uno dei regali previsti sarebbe stato un Rolex da 23mila euro. Dodicimila dei quali sarebbero stati elargiti dall’imprenditore di Trecastagni Alfio Giuffrida. È questo uno dei presunti legami ritenuti alla base dell’associazione a delinquere di cui l’ex presidente della società partecipata Pubbliservizi sarebbe stato il vertice. Arrestato questa mattina nell’ambito dell’inchiesta Cerchio magico della procura di Catania, Messina è finito in carcere assieme ad Alfio Massimo Trombetta (classe 1965), consulente a titolo gratuito della Pubbliservizi e altro presunto promotore dell’organizzazione criminale. Ai domiciliari sono finiti invece l’imprenditore edile Giuffrida (classe 1958, amministratore di fatto della società Ma.Gi. srl), Raffaello Giovanni Pedi (classe 1974, responsabile della manutenzione edilizia per la Pubbliservizi), Rosario Simone Reitano (classe 1981) e Santo Nicotra (classe 1973), amministratori della ditte di impianti elettrici Renergy e di ingrosso di materiale elettrico Light and power, entrambe con sede a San Giovanni La Punta.

Nei confronti di un settimo indagato, poi, non è stata emessa nessuna ordinanza di custodia cautelare in virtù di quella che il procuratore capo Carmelo Zuccaro chiama «una fattiva e preziosa collaborazione con gli uffici giudiziari». Si tratta di Salvatore Branchina (classe 1959), direttore tecnico della Pubbliservizi e responsabile di diverse gare d’appalto. Secondo la magistratura, al centro del sistema di corruzione ci sarebbero stati proprio i lavori che la società in house della Città metropolitana di Catania avrebbe affidato direttamente ad alcune aziende compiacenti. Manutenzione di edifici scolastici e di strade che sarebbero stati aggiudicati in violazione della normativa a proposito degli appalti. Procedure che sarebbero state falsate tramite due metodi principali: affidamenti diretti per cifre al di sotto dei 40mila euro (limite sopra il quale vanno effettuate gare d’appalto a evidenza pubblica) che sarebbero stati successivamente gonfiati con varianti in corso d’opera; e «procedure negoziate pilotate», per cui veniva contattata solo la società che avrebbe dovuto vincere. O, altrimenti, società che operavano in ambiti diversi da quelli oggetto dei lavori da eseguire.

L’indagine «in presa diretta» è stata realizzata tra settembre e dicembre 2016. E parte da un fascicolo presentato in procura direttamente da Adolfo Messina. Era stato lui a denunciare un presunto sistema di distrazione di fondi dalla Pubbliservizi: segnalazione che ha spinto gli inquirenti a tentare di fare luce sulle attività dell’azienda di piazzale Rocco Chinnici (ex piazzale Asia). Tra una verifica e l’altra, però, da una parte sarebbe emersa «l’inconsistenza dell’esposto di Messina – spiega il procuratore Fabio Regolo -, mentre hanno cominciato a presentarsi dipendenti e lavoratori di Pubbliservizi che, invece, volevano raccontare quello che avevano visto, per capire se poteva essere utile alle indagini». Così è stato. Accertamenti bancari, perquisizioni, analisi dei documenti e intercettazioni avrebbero fatto emergere «un collaudato sistema corruttivo» i cui benefici si sarebbero concretizzati nei conti correnti di Messina e del suo collaboratore Trombetta, o di loro stretti familiari. «Versamenti ingiustificati» per oltre 200mila euro.

Ma non solo. Una Bmw X3 che sarebbe stata regalata da Giuffrida a Trombetta, pranzi e cene, vestiti firmati, il famoso Rolex di buon compleanno e quella festa per i 60 anni di Adolfo Messina fatta a Trecastagni, a casa di Alfio Giuffrida, che a molti ha fatto storcere il naso. Anche ai dipendenti che «all’acquisto dell’orologio di lusso avevano contribuito con una colletta», spiega il maggiore della guardia di finanza Luigi D’Abrosca, che ha seguito l’inchiesta coordinato dal colonnello Francesco Ruis. A fronte dei regali, gli imprenditori si sarebbero garantiti affidamenti di lavori per oltre 800mila euro. Oltre al puntuale pagamento delle fatture da parte della società a partecipazione pubblica, nonostante le lunghe liste d’attesa a cui tutte le altre aziende fornitrici di servizi erano costrette a sottostare. «C’erano imprenditori che andavano in quelle stanze a mendicare quanto gli spettava, a piangere per pagamenti mai ricevuti per lavori fatti anni prima – racconta il magistrato Regolo – Persone che hanno rischiato il fallimento. Mentre gli imprenditori compiacenti venivano pagati addirittura un giorno dopo la fine della fornitura».

Il cerchio magico di Pubbliservizi si sarebbe sostanziato anche grazie allo «spoil system»: in tempi di spostamenti e demansionamenti ritenuti ingiustificati da sindacati e, adesso, magistrati, sarebbe rimasto al suo posto solo chi avrebbe scelto di non vedere. Così ad esempio Raffaello Giovanni Pedi avrebbe mantenuto il proprio inquadramento contrattuale. «Si facevano dei veri e propri colloqui in cui non si vagliavano le effettive capacità, bensì la disponibilità ad accettare il sistema o a farne parte», continuano gli inquirenti. 


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