La destinazione d'uso del locale sequestrato al boss Gianni Nicchi è per magazzino e non per esercizio commerciale. Si dovrebbe quindi regolarizzare la documentazione, cosa che spetta ai proprietari dell'immobile, finora poco propensi a sborsare i trentamila euro necessari. Todaro: «All'inizio della prossima settimana potrebbe arrivare una risposta definitiva»
Pub Ballarò chiuso da due mesi senza agibilità «Non ci siamo arresi, speriamo di continuare»
Non è detta l’ultima parola, la speranza che il Pub Ballarò riapra i battenti c’è ancora. «Purtroppo manca l’agibilità – spiega Giuseppe Todaro, titolare dell’impresa capofila della cordata di imprenditori aderenti a Confindustria che rilevò il pub – ma è un documento che dovrebbero fornirci i proprietari delle mura. Noi abbiamo messo a norma il pub dal punto di vista della destinazione d’uso: sono in regola l’impianto elettrico, la cucina, gli arredi, i bagni. Ma per questo documento occorrono circa trentamila euro che spettano ai proprietari, noi non ce la facciamo a prenderci carico anche di questa spesa». È scoraggiato Todaro, anche se lui stesso si definisce un entusiasta di natura. «Le proprietarie sono due sorelle molto anziane – continua Todaro – e non è facile l’interlocuzione, ma all’inizio della prossima settimana dovremmo sapere dal loro avvocato se hanno intenzione di pagare per ottenere questo documento oppure no. Praticamente i locali dovrebbero cambiare destinazione d’uso, da magazzino a pub, circostanza che pensavamo ci fosse già quando lo abbiamo rilevato. Scoprire come stanno realmente le cose è stata una doccia fredda per tutti noi».
Il pub fu confiscato al boss mafioso Gianni Nicchi. A settembre 2015 è stato incendiato dopo esser stato affidato ad una cooperativa di imprenditori antiracket, denominata Insieme di può. Nonostante tutto, nel gennaio del 2016 il pub apre con una grande festa di inaugurazione alla quale partecipano anche le autorità: c’erano la prefetta De Miro, l’assessora Marano, il questore Longo e i rappresentanti delle forze dell’ordine. Riusciresti ad immaginare Palermo senza Ballarò? noi no, questo lo slogan scelto per la campagna pubblicitaria. I cartelli si potevano vedere in tante vie della città. Insomma, il processo per la ripresa delle attività sembrava ben avviato: «C’eravamo dati come tempo fino ad ottobre per tirare le fila e capire che tipo di giro d’affari potevamo avere», aggiunge Todaro. «Invece, a due mesi dall’apertura abbiamo scoperto che mancava questo documento. Adesso siamo chiusi e in difficoltà. Non sono le intimidazioni che ci fanno paura. Quelle erano messe in conto, ci sono state e le abbiamo sempre denunciate, ma la parte buona del quartiere ci ha sempre supportato e noi avremmo continuato a lavorare. E continueremo se avremo risposte positive da parte dei proprietari delle mura».
«Ci ho investito tempo, soldi e fatica», conclude scoraggiato Todaro. «Speravo di riavviarlo, ma così sembra la storia infinita». All’indomani dell’incendio al pub in piazza Ballarò è nato un comitato spontaneo costituito da cittadini, commercianti e associazioni che in quel quartiere ci lavorano e ci vivono ogni giorno: Sos Ballarò. Da allora si riuniscono ogni settimana per programmare diverse azioni allo scopo di ridare vita al quartiere. «Todaro avrebbe dovuto provare a dialogare di più con le altre realtà del quartiere», dice Don Enzo di Santa Chiara, uno dei fondatori di Sos Ballarò. «Le intenzioni erano buone e poteva essere un elemento alternativo, se chiudono sarà una perdita, mi dispiacerebbe. Era un posto partito con un’idea di legalità alla base. Sarebbe una perdita per il territorio, che, oltre al pub in questione, ha un forte bisogno di spazi di aggregazione positiva dove si riprenda con coraggio e con forza la promozione della legalità»