Province: riforma autonomista o mera soppressione per fare ‘cassa’?

Tutto ci saremmo aspettati, ieri, dall’abbraccio ‘autonomista’ tra Governo regionale, prima commissione legislativa dell’Ars e ufficio del’ commissario dello Stato. Tutto tranne un particolare di non poco conto: e cioè che tra questi tre soggetti il più autonomista, alla fine, è risultato il commissario dello Stato!

Nei paradossi della politica siciliana succede anche questo: succede che, nel redigere un secondo testo di disegno di legge di riforma delle Province (n. 278, in sostituzione del primo, il n. 241), il Governo ha dimenticato il richiamo all’articolo 15 dello Statuto. Insomma, il Governo – e di fatto anche la prima commissione legislativa dell’Ars (Affari istituzionali) – avrebbero voluto riformare le Province senza passare dall’articolo 15 dello Statuto!

Sarebbe stato, a quanto pare, il commissario dello Stato, che alla fine è un Prefetto della Repubblica, a fare notare l’assenza di un riferimento non esattamente secondario: “Ragazzi, anzi onorevoli, dovete inserire il riferimento all’articolo 15 dello Statuto, anzi del Vostro Statuto, anzi del nostro Statuto” (va ricordato, infatti, che il commissario dello Stato, Prefetto Carmelo Aronica, è siciliano pure lui: e meno male: almeno un autonomista c’è.).

Ovviamente, il problema di questo disegno di legge non sta solo in questa bizzarra ‘dimenticanza’. Un’altra storia ancora tutta da definire – legata sempre alla dimenticanza, cioè all’articolo 15 dello Statuto che Governo e Ars avevano fatto sparire dal disegno di legge nel nome dell’Autonomia – riguarda i Consorzi di Comuni che dovrebbero prendere il posto delle Province.

L’articolo 15 dello Statuto, che in queste settimane abbiamo citato spesso, è chiarissimo. Eppure a qualcuno sembra ancora poco comprensibile. Rileggiamolo assieme ancora una volta:

“1. Le circoscrizioni provinciali e gli organi ed enti pubblici che ne derivano sono

soppressi nell’ambito della Regione siciliana.

2. L’ordinamento degli enti locali si basa nella Regione stessa sui Comuni e sui liberi Consorzi comunali, dotati della più ampia autonomia amministrativa e finanziaria.

3. Nel quadro di tali principi generali spetta alla Regione la legislazione esclusiva e l’esecuzione diretta in materia di circoscrizione, ordinamento e controllo degli enti locali”.

Nello Statuto, come si può notare, c’è scritto “liberi Consorzi comunali”. Ebbene, all’Ars ci sono deputati convinti che i Consorzi di Comuni debbano essere istituiti da Sala d’Ercole!

Il segretario regionale del Pd, Giuseppe Lupo, ragazzo simpatico e preparato, che è anche parlamentare regionale, ha già messo le mani avanti: di Consorzi di Comuni ne vuole nove: lo stesso numero delle vecchie Province. Qualche altro ne vuole undici: alle vecchie Province si dovrebbero aggiungere Gela e Marsala.

Di fatto, alla faccia dell’articolo 15 dello Statuto, dove – lo ribadiamo ancora una volta – si legge la formula “liberi Consorzi comunali”, alcuni deputati dell’Ars vorrebbero predeterminare il numero dei Consorzi di Comuni, tradendo lo spirito dello stesso Statuto.

Con molta probabilità, l’Ars si limiterà – non può che fare così – a dettare alcuni requisiti che dovranno essere seguiti dai Comuni. Ferma restando che l’ultima parola sui “liberi Consorzi comunali” non spetterà all’Ars, ma ai Comuni, che dovranno, su tale materia, autodeterminarsi.

L’Ars potrà dettare alcuni requisiti di ragionevolezza: per esempio, la continuità territoriale dei Comuni che daranno vita ai Consorzi (non dovrebbe essere immaginabile un Consorzio comunale tra Mazara del Vallo e Ragusa!). Ma – e questo è un nostro modesto parere – non potrà imporre, come sta cercando di fare, limiti al numero degli abitanti. Scrivere nella legge, ad esempio, che i futuri Consorzi di Comuni dovranno avere non meno di 150 abitanti è una forzatura.

I Comuni di un’area montuosa della nostra Isola potrebbero decidere liberamente di dare vita a un Consorzio; gli abitanti coinvolti potrebbero essere meno di 150 mila. Che senso avrebbe impedirlo?

Su questo punto si capirà se la riforma che l’Ars si accinge a discutere e ad approvare è una mera soppressione delle Province per fare ‘cassa’ o se si vorrà applicare l’articolo 15 dello Statuto.

Un altro problema è costituito dall’allineamento della riforma siciliana con quella nazionale. Anche se a Roma, in effetti, l’abolizione delle Province si è trasformata – o almeno così sembra – in un accorpamento delle stesse Province.

In Sicilia la data entro la quale dovrebbero nascere i Consorzi di Comuni dovrebbe essere il 31 dicembre di quest’anno. Dunque, niente elezioni provinciali e va libera ai commissariamenti. Che dovrebbero terminare il 31 dicembre con il via ai già citati liberi Consorzi comunali.

Non mancano altre questioni. Per esempio: chi gestirà la fase commissariale? Il Governo della Regione? In questo caso – stando alle opposizioni di centrodestra – tutto questo ambaradan potrebbe configurarsi come un mezzo che consentirebbe al Governo di centrosinistra di mettere le mani su nove Province. Meglio, lascerebbero intendere gli esponenti di centrodestra, commissari prefettizi.

Ancora: che fare se il 31 dicembre i Consorzi di Comuni non saranno operativi? Prorogare i commissari o tornare alle vecchie Province?

La domanda non è oziosa. Ricordiamo che i Consorzi di Comuni, almeno sulla carta, sono già stati istituiti con la legge regionale n.9 del 1986. Poi si sa com’è finita: i Comuni, in buona parte, non hanno mai utilizzato tale opportunità; e quando ci hanno provato, lo hanno fatto non per costituire liberi Consorzi di Comuni, ma nuove Province. E sono stati fermati dalla politica.

Insomma, i temi sono tanti. Il dibattito è aperto.

 


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